L’anno in cui sembrò piovere per sempre

11111111111111Lo passammo come fossimo stati degli sconosciuti; l’anno in cui sembrò piovere per sempre.Lo passammo cercando giornalmente di evitare il contatto,quasi fossimo un pericolo reciproco. E questo ha pure senso nel suo paradossale accadere: tenere a distanza qualcuno (o qualcosa) che potrebbe infilarsi nel cuore senza nessuna fatica – o che magari è già dentro e tu stai disperatamente cercando di strapparlo via da lì per rimarginare.L’anno in cui parve piovere per sempre fu un periodo denso, così come erano dense le nuvole sopra la testa dei passanti; grigio denso di acqua in atto di diventare goccia. Che poi, anche questa storia dell’acqua che crea se stessa sarebbe da scoprirne il miracolo, ma facciamo un’altra volta, un giorno di sole, magari.L’anno in cui sembrò piovere per sempre fu dunque un periodo denso, animato da minuti affilati come rasoi, attraverso cui occorre muoversi con attenzione massima; tanta da lasciare sfiniti la sera come dopo una maratona. Sì, ecco. I giorni affilati dell’anno in cui parve piovere per sempre sembravano srotolarsi lentamente lungo la strada come il percorso di una maratona, una corsa ad ostacoli foderata di pensieri taglienti di cui evitare il filo.L’anno in cui parve piovere per sempre era iniziato con gocce sottili, piccoli aghi d’acqua che si infilavano ovunque col passare dei giorni. Si infilavano in ogni anfratto, riempivano ogni crepa, bagnando tutto ciò con cui entravano in contatto. Come quando si rimane così a lungo sotto la pioggia da non avere più nulla di asciutto, vi è mai capitato? Restare così a lungo sotto l’acqua tanto da avere l’impressione di avere persino i ricordi allagati?Perché questo accadde, l’anno in cui sembrò piovere per sempre, proprio questo.Ed il problema, quando si allagano i ricordi, il problema è che questi cominciano a galleggiare, a mano a mano che il livello si alza. Galleggiano, si rimestano, e si scontrano, e vengono portati in giro dalla corrente ad ogni passo.L’aspetto peggiore dell’avere i ricordi allagati non è l’acqua in se, né il disordine, né l’umidità o gli inevitabili urti fra memorie differenti.L’anno in cui parve piovere per sempre scoprii che l’aspetto peggiore dell’avere i ricordi allagati sta nel fatto che tutta quell’acqua e quello sciabordare porta a galla di tutto: relitti di barche di carta di quando eri bambino, foto stropicciate di vacanze, vecchi filmati dai colori accesi e parole e sospiri che salgono a pelo d’acqua fra bolle e schiuma; e cominciano a girare senza ordine e non puoi schivarli se non con estrema e vana fatica.Questo è forse il pericolo maggiore: l’impossibilità oggettiva di evitare l’urto contro un ricordo sommerso che torna a galla improvvisamente e vaga e si scontra facendo naufragare gli altri pensieri a cui magari ti aggrappi per non restare in balia della corrente.L’anno in cui sembrò piovere per sempre fu anche l’anno dei ricordi galleggianti; iceberg a largo delle coste dei pensieri naufragati.Fu come guardare una spiaggia riconquistata dall’inverno,quando il mare restituisce alla riva quello di cui gli uomini hanno cercato di liberarsi gettandolo sul fondo, convinti di essersene disfatti una volta per tutte. L’anno in cui parve piovere per sempre fu tutto questo. Ma, ovviamente – da fuori – si ricorderà solo che si trattò di un inverno eccezionalmente umido.

 

 

Giampaolo Giudice

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