La COP 22 di Marrakech: pochi passi avanti sul problema del riscaldamento globale

La COP 22 di Marrakech, la ventiduesima Conference of Parties, ha aperto i propri lavori nel 2016 tra le preoccupazioni di quanti avevano visto nell’Accordo di Parigi (stipulato in occasione della COP 21 del 2015) un drammatico fallimento e l’aspettativa di chi vi aveva visto quasi una rivoluzione. Sono centonovantasette gli Stati che in Marocco si sono assunti la responsabilità di concludere entro il 2018, ossia due anni prima che l’accordo entrasse in vigore, la regolamentazione che avrebbe dovuto conferirvi piena operatività e che avrebbe dovuto illustrare una road map. È stato inoltre confermato l’impegno di creare il Green Climate Fund del valore di 100 miliardi di dollari, il fondo istituito durante la COP 16 di Cancún del 2010 avente l’obiettivo di limitare le emissioni nei Paesi in via di sviluppo.

Tra le maggiori criticità dell’Accordo di Parigi emergeva l’assenza di trasparenza circa le modalità di finanziamento ai Paesi più poveri. In occasione della COP 22, gli Stati più industrializzati hanno deciso di indirizzare annualmente (a partire dal 2020) cifre progressivamente più alte allo scopo di assistere questi Paesi nella guerra al riscaldamento globale; è utile ricordare come durante la COP di Copenaghen del 2009 le economie avanzate avevano già assunto l’impegno di destinare cento miliardi di dollari fino al 2020, una somma, tuttavia, definita da molti insufficiente.

A Marrakech dunque l’intento era quello di perseguire gli obiettivi fissati a Parigi, stabilendo il tetto massimo del riscaldamento globale a 2 °C o 1,5 °C. Come affermato da Les championnes du Climat, i soprintendenti dei negoziati, tale obiettivo era verosimile nella misura in cui si assumesse anche l’impegno di limitare la deforestazione: un elemento, questo, che aveva già offuscato l’esito della COP 21. Uno sfruttamento sostenibile delle foreste avrebbe favorito la riduzione del 25-30% delle emissioni di carbonio. Si è posta l’attenzione, poi, sull’importanza dell’oceano come fattore di contenimento del riscaldamento globale, sebbene anche le acque mondiali ormai risultassero compromesse dall’inquinamento. I trasporti, poi, risultavano ancora dipendenti dai combustibili fossili per il 96% e le emissioni erano destinate a raddoppiare entro il 2050. Gli obiettivi di Marrakech, dunque, dovevano essere quelli di stabilire una maggiore sostenibilità in termini di energia, sfruttamento idrico e geologico nonché di “villes résilientes”. Ma quanto di ciò era effettivamente praticabile?

“Focsiv” afferma che la COP 22 sia stata un successo sul piano dei diritti umani, in relazione alla parità di genere e alla cognizione del ruolo significativo svolto dai Paesi in via di sviluppo. Ciononostante, secondo Legambiente, a Marrakech i risultati sono stati piuttosto blandi soprattutto sul piano degli aiuti finanziari erogati dai Paesi economicamente avanzati: malgrado i cento miliardi di dollari promessi, essi non si sarebbero dimostrati capaci di ricercare “l’adattamento delle comunità vulnerabili ai mutamenti climatici in corso”

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