LA CONTINUITÀ AZIENDALE NEL DIRITTO DELLA CRISI DI IMPRESA

La continuità aziendale diviene aspetto centrale nel diritto della crisi e il suo monitoraggio potrebbe rendere l’assetto organizzativo adeguato.

Il Diritto della Crisi di impresa innova in maniera determinante le regole sulla gestione dell’impresa. Si passa da una dimensione statica in cui il diritto della crisi trovava applicazione soltanto in situazioni patologiche, con la finalità di tutelare i creditori nel rispetto della par condicio creditorum ad una dimensione dinamica in cui lo stesso diritto della crisi tutela, insieme ai creditori, la continuità aziendale, in quanto per tale via si salvaguardano i lavoratori, i fornitori, e il sistema nel suo complesso. Le regole sulla crisi, quindi, divengono applicabili anche in situazioni fisiologiche, in scenari di crisi o semplice precrisi, realizzando così una sovrapposizione con le disposizioni civilistiche ove centrale è la continuità aziendale che, per tale ragione, dovrà essere attentamente monitorata al fine di operare con un assetto adeguato.

Il 15 luglio 2022, dopo più di due anni di rinvii, è entrato in vigore il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII). Trattasi di una novità epocale nel nostro ordinamento che recepisce i principi comunitari contenuti nella Direttiva Insolvency.

Le nuove regole sulla crisi di impresa passano da una concezione statica, in cui l’obiettivo era la tutela dei creditori e della loro miglior soddisfazione nel rispetto della par condicio creditorum, ad una concezione dinamica, nella quale la conservazione della continuità aziendale costituisce un valore tutelato, che deve coordinarsi con i diritti dei creditori, fino a comportare una ragionevole compressione delle spettanze creditorie, purché la ristrutturazione non risulti sfavorevole ai creditori rispetto all’alternativa liquidatoria.

La continuità aziendale, quindi, da sempre riferimento per la redazione del bilancio e per la verifica della sostenibilità prospettica dell’attività imprenditoriale, diviene oggi aspetto cardine anche per le regole sulla crisi di impresa, realizzando la sovrapposizione tra norme civilistiche, obblighi gestionali e diritto della crisi.

Il diritto della crisi, con l’entrata in vigore del CCII, richiede specifici obblighi agli imprenditori per salvaguardare la continuità aziendale, disponendo di agire preventivamente per evitare sia la crisi sia l’insolvenza. Ciò rende le norme sulla crisi disposizioni da seguire da tutti gli imprenditori, indipendentemente dalla situazione di salute aziendale, elevando il diritto della crisi a regole generali per la corretta gestione imprenditoriale e, quindi, non più un compendio di disposizioni applicabili esclusivamente in situazione patologica come l’insolvenza.

La complementarietà e per certi versi sovrapposizione delle regole sulla crisi di impresa con le norme civilistiche si ricava in diversi articoli e, in particolare, nel nuovo testo dell’art. 2086 del cod. civ. che, dopo le modifiche apportate dal CCII, impone all’imprenditore che opera in forma societaria di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

La richiamata norma di diritto civile, modificata dall’art. 375 del CCII, trova nelle nuove regole sulla crisi ulteriori specificazioni. L’art. 3 c. 3 del CCII prevede che gli assetti devono consentire, tra l’altro, di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi.

La verifica della continuità aziendale, per certi versi, viene a sovrapporsi con la sostenibilità finanziaria, nel senso che la mancanza di continuità aziendale spesso è associata a un’altrettanta assenza di sostenibilità finanziaria dell’attività di impresa. Vista la centralità nel diritto della crisi della tutela della continuità aziendale, la lettura sistematica delle disposizioni illustrate nelle seguenti note, conduce chi scrive a ritenere il monitoraggio della continuità, anche attraverso sistemi di pianificazione semplificati, un buon compromesso per dotare le imprese di adeguati assetti organizzativi ai fini della prevenzione dello stato di

crisi, specie nell’ipotesi di imprese di dimensioni piccole e medie, secondo quanto argomentato nelle seguenti note.

La valutazione della continuità aziendale in contesti congiunturali come quello che stiamo vivendo presenta un elevato grado di complessità. Le imprese che stavano uscendo dalla pandemia con enormi difficoltà, specie in determinati settori, oggi affrontano l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia legati al conflitto bellico in Ucraina, parzialmente attenuato da alcuni interventi di sostegno statale.

La normativa emergenziale di cui all’art. 38-quater del DL 34/2020, applicabile per la redazione dei bilanci 2019 e 2020, con cui si è consentito di derogare alle disposizioni sulle prospettive di continuità non è stata confermata e prorogata per la redazione dei bilanci 2021 e successivi, nonostante lo scenario non sia migliorato e, per certi versi, anche peggiorato.

In tale contesto gli imprenditori sono chiamati a valutare le prospettive future anche alla luce degli interventi normativi sul diritto della crisi che elevano la continuità aziendale a valore da tutelare, richiedendo una particolare attenzione da parte dell’organo amministrativo e di quello di controllo al monitoraggio del going concern.

Le nuove regole richiedono all’imprenditore di pianificare. Ciò, nella congiuntura attuale presenta diverse incognite e, probabilmente, pensare a sistemi di pianificazione complessa con procedure adattive rolling che aggiornano i forecast mensilmente, nonché di conseguenza il piano di tesoreria a 12 mesi, potrebbe avere poco senso specie per le piccole e medie imprese come si dirà meglio in seguito.

Il concetto di crisi aziendale, ai sensi dell’art. 2 lett. a) del CCII, è definito come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”. L’introduzione del concetto di crisi, il cui verificarsi consente all’imprenditore di poter attivare gli strumenti per la ristrutturazione aziendale previsti dal CCII, vuole spingere l’imprenditore a guardare in maniera prospettica al fine di intervenire prontamente per disinnescare ogni probabilità di futura insolvenza (forward looking).

La valutazione dei flussi di cassa, richiesta dal coordinato disposto dell’art. 2 e 3 del CCII su cui si tornerà nel prossimo paragrafo, rende necessaria la pianificazione industriale che l’imprenditore deve porre a base della gestione della sua attività economica; la predisposizione di budget; l’ulteriore declinazione, partendo dal piano e passando per il budget, del piano di tesoreria.

Tutto ciò nel rispetto della regola fondamentale di organizzazione che richiede l’istituzione di adeguati assetti, su cui si tornerà nei paragrafi successivi.

Il termine di 12 mesi per la valutazione dei flussi di cassa prospettici, rispetto al minore lasso temporale di 6 mesi previsto dall’originaria stesura del richiamato art. 2 lett. a) del CCII, impone di guardare più a lungo le prospettive di continuità aziendale, strettamente connesse alla capacità di far fronte alle obbligazioni future. Secondo una diversa prospettiva, il più ampio arco temporale di monitoraggio dei flussi di cassa prospettici consente di considerare non rilevanti, per l’emersione della crisi, gli scostamenti finanziari temporanei riassorbiti nell’arco di 12 mesi.

Le prospettive a 12 mesi realizzano, altresì, un allineamento con quanto prevedono i principi contabili contenuti nel documento OIC 11. Il richiamato principio contabile, in tema di prospettive della continuità aziendale (Cfr. § 21 e 22), ricorda che, secondo l’articolo 2423-bis, c. 1, n. 1, del codice civile, la valutazione delle voci di bilancio deve essere fatta nella prospettiva della continuazione dell’attività e quindi tenendo conto del fatto che l’azienda costituisce un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito. Nella fase di preparazione del bilancio, quindi, il richiamato principio contabile afferma che la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a

costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Il focus sulle prospettive di continuità aziendale, sulla pianificazione almeno a 12 mesi, da declinare in termini di budget e piano di tesoreria, porta a un ulteriore profondo cambio di impostazione, ossia il superamento degli indicatori e indici della crisi, oggi abrogati o meglio ridefiniti nell’art. 3 del CCII, facendo cadere la delega al CNDCEC di individuare gli indici di crisi.

In data 20 ottobre 2019 il CNDCEC aveva trasmesso al MISE la bozza contenente gli indici di allerta, selezionando al fine di intercettare precocemente il Patrimonio netto negativo; DSCR (Debt Service Coverage Ratio) a 6 mesi, che, se inferiore a 1, dimostrerebbe l’incapacità prospettica dell’impresa di sostenere i debiti per il periodo semestrale di riferimento; Rapporto oneri finanziari su ricavi, al fine di valutare l’incidenza degli oneri finanziari rispetto ai ricavi di esercizio; Rapporto patrimonio netto/debiti totali, al fine di far emergere l’equilibrio tra i mezzi propri e i capitali di terzi; Rapporto attivo corrente e passivo corrente, o anche indice di liquidità primaria o current ratio, atto a valutare la solvibilità aziendale; Rapporto cash flow e attivo, al fine di censire la capacità dell’impresa di produrre flussi di cassa in rapporto alle attività investite; Rapporto indebitamento previdenziale e tributario rispetto all’attivo.

I richiamati indici sembravano non essere adeguati al fine di consentire un pronto intervento in relazione alla crisi, nonché di verificare prontamente la presenza di continuità aziendale prospettica. Si pensi al patrimonio netto negativo o agli altri indici finanziari presi in considerazione che, invece di allertare su una situazione di crisi o di difficoltà, sembrano essere sintomi della perdita di going concern.

La nuova formulazione normativa, superando la precedente impostazione, pone al centro del sistema di early warning l’obbligo dell’impresa di istituire adeguati assetti, come meglio declinati nel nuovo testo dell’art. 3 del CCII.

La disposizione dell’art. 2086 del cod. civ., a seguito delle modifiche apportate dal CCII, già da tempo entrate in vigore prevede espressamente che: “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché’ di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”. Il richiamato articolo, pur indicando un preciso precetto, mancava di indicazioni operative per individuare i contenuti di un assetto necessari perché possa ritenersi adeguato.

Il CCII con l’art. 3, entrato in vigore nel testo modificato dal D.Lgs. 83/2022, integra il precetto dell’art. 2086 cod. civ., estendendo l’obbligo di gestire l’impresa per rilevare tempestivamente lo stato di crisi anche all’imprenditore individuale.

In particolare, la richiamata disposizione impone all’imprenditore individuale di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte; all’imprenditore collettivo di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’articolo 2086 del cod. civ., ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative.

Il concreto contenuto delle misure e degli assetti organizzativi non presenta però differenze tra l’impresa individuale e quella collettiva, in quanto il c. 3 dell’art. 3 CCII stabilisce che sia le misure sia gli assetti, al fine di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi di impresa, devono consentire di rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; b

verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4 dell’art. 3 CCII; ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui al Decreto dirigenziale 28 settembre 2021.

Le richiamate finalità possono essere raggiunte attraverso un sistema di pianificazione industriale, budget, e pianificazione di tesoreria, soprattutto per poter valutare la sostenibilità dei debiti nonché la continuità aziendale. Le richiamate esigenze di pianificazione e monitoraggio della continuità vanno, tuttavia, ponderate in funzione alle dimensioni dell’impresa, ricavandosi dal testo normativo una regola di proporzionalità.

La necessità generalizzata per tutti gli imprenditori di dotarsi di sistemi di pianificazione, che consentano di verificare la continuità aziendale e la sostenibilità del debito, sembrerebbe trovare conferma nelle norme appena illustrate. La necessità di pianificazione dovrebbe però realizzarsi nel rispetto di criteri di ragionevolezza, proporzionalità in funzione della dimensione del business e del tipo di attività svolto. Sarebbe poco credibile chiedere all’esercente al minuto in forma individuale, ma anche alle piccole società, di fare un piano industriale, il budgeting e il piano finanziario mensile rolling sempre aggiornato in un lasso temporale almeno di 12 mesi.

Il nostro ordinamento consente alle imprese di minori dimensioni una serie di semplificazioni, proprio per consentire di “sopravvivere” agli oneri amministrativi, come per esempio la possibilità di tenere la contabilità semplificata, di redigere il bilancio in forma abbreviata, l’esclusione dagli obblighi di tenuta della contabilità di magazzino. Tali sistemi di rilevazione semplificati non consentono di redigere situazioni contabili infra annuali utili per le verifiche a consuntivo e per la pianificazione rolling, propria invece di realtà più strutturate e di maggiori dimensioni.

Va inoltre osservato che il concetto di continuità aziendale tende a sovrapporti con quello di sostenibilità finanziaria, nel senso che le imprese in cui esistono le prospettive di continuità sono incerte, anche la sostenibilità finanziaria dell’impresa perde sicurezza e vacilla.

In considerazione della stretta connessione tra concetto di continuità aziendale e di sostenibilità finanziaria dell’impresa, pare utile prendere alcuni spunti anche dal principio di revisione ISA 570 sul tema della continuità aziendale. Il richiamato principio di revisione individua circa 20 indicatori finanziari e gestionali per la verifica della continuità, tra cui uno soltanto si riferisce in maniera esplicita ai bilanci prospettici, essendo anche altri gli aspetti che possono far emergere la possibile perdita del going concern. Ciò porta a ritenere che il monitoraggio della continuità aziendale, quindi di riflesso della sostenibilità finanziaria dell’impresa, non si esaurisce esclusivamente nell’utilizzo di sistemi dinamici di pianificazione.

Indicazioni su possibili semplificazioni rispetto alla necessità di dotare tutte le imprese di sistemi complessi di programmazione prospettica rolling che inizi dal piano industriale, passi attraverso il budgeting e arrivi alla declinazione finanziaria aggiornata in maniera corrente, si ricavano anche dal Decreto dirigenziale 28 settembre 2021 (Decreto).

Il Decreto vuole fornire strumenti di facile e immediato utilizzo per la valutazione della sostenibilità del debito, attraverso l’utilizzo del test pratico disponibile sulla piattaforma telematica accessibile online. Vi sono poi indicazioni sulla pianificazione secondo le migliori prassi, utilizzando la lista particolareggiata (check list) cui la stessa normativa sugli adeguati assetti rimanda. Tra l’altro le semplificazioni previste dal richiamato Decreto ammettono, per le imprese sottosoglia, che la pianificazione venga circoscritta a rappresentare le sole grandezze economiche (Cfr. § 15.5).

Le richiamate indicazioni, ricavabili dalla lettura sistematica delle nuove norme, conducono chi scrive a considerare il forward looking un approccio necessario da parte di tutti gli imprenditori, ma la

pianificazione non necessariamente dovrà realizzarsi attraverso complessi e sofisticati sistemi di programmazione, essendo possibile in virtù del criterio di proporzionalità avvalersi di semplificazioni soprattutto per le imprese di piccole e medie dimensioni che siano in grado quanto meno di monitorare la continuità anche attraverso pianificazione solo di tipo economico.

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