Il Natale napoletano tra tradizione e innovazione

Essere innovativi non sempre vuol dire andare contro la tradizione e nessun popolo più dei napoletani testimonia questa circostanza. Il Natale per la città partenopea è uno spazio temporale che si può situare tra il laico ed il profano, spiritualità e vita quotidiana, preghiera e ironia che convivono armonicamente come solo a Napoli è possibile. Il simbolo di questo spazio è il presepe o presepio o, anche ‘o presebbio. Risalgono a ventiquattro secoli fa le prime statuine di terracotta che si era soliti donare alla dea dell’abbondanza, tutte realizzate nel reticolo dei vicoli napoletani, tutt’intorno alla zona che oggi chiamiamo San Gregorio Armeno. Certo è un azzardo della fantasia considerare tali figurine pagane antenate dei pastori del presepe, tuttavia colpisce il fatto che in quel limitato perimetro urbano sia continuata una specifica tradizione artigianale. Ancora oggi San Gregorio Armeno è il luogo del Natale napoletano. babbo-natale-005Ma cosa vuole davvero rappresentare il presepe? Vuole raccontare quell’attimo che cambiò la storia dell’uomo, ossia la Natività. Il primo riferimento documentato dell’esistenza del presepio a Napoli risale al 1205 e rappresenta proprio la Nascita attraverso la mangiatoia, Giuseppe, Maria il bue e l’asinello. E’ nel Seicento che il presepe napoletano si amplia cominciando ad introdurre scene di vita quotidiana, come venditori di frutta, carne, le popolane, i pastori con le pecore ed altre statuine. Gli artigiani rendono sempre più dettagliate e realistiche le scene, raggiungendo l’apice rappresentativa nel Settecento che fu il secolo d’oro del nostro presepe. La moda del presepe divenne contagiosa non soltanto tra le famiglie nobiliari ma anche nelle fasce più emarginate avendo riflessi inevitabili sulla produzione. Accanto agli artisti che producevano per i signori e per i luoghi della fede, si moltiplicarono semplici artigiani impegnati a rifornire il popolo minuto. Così il presepe divenne il luogo della rappresentazione della vita reale ma anche della sua satira, raccontata con sarcasmo e ironia a volta con sbeffeggiature dei comportamenti dell’aristocrazia.Oggi San Gregorio Armeno è tornato il crocevia della meraviglia natalizia. Anche molti giovani si sono accostati all’antica arte. Le tecniche sono quelle di una volta, ma sono cambiati i sistemi di propaganda. E’ vero, il presepe continua ad essere un giudice infallibile dell’affetto dei napoletani: soltanto chi è molto amato, come Totò, Eduardo, Massimo Troisi, ha diritto di comparire accanto a Razzullo e Sarchiapone, a Benino, ai musicanti. Però c’è anche un ammiccamento a sentimenti diffusi ma lontanissimi dalla tradizione. Negli ultimi anni sono apparse nelle vetrine e sulle bancarelle le figurine di Madre Teresa di Calcutta e di Lady Diana, perfino dello stilista Versace; niente da scandalizzarsi, il presepe tollera tutto.Se si osserva bene il rapporto secolare che intercorre tra i napoletani e questa esplosione della rappresentazione dell’avvento di Cristo, avvertiamo che il presepio non è soltato il luogo del culto religioso ma anche il luogo in cui mettere in scena tutta la teatralità della vita quotidiana. “La visione del mondo” contemporaneo e passato si palesa attraverso il presepio, in esso non c’è solo reverenza e amore religioso, c’è la vita vera come la affronta il napoletano, coi sui personaggi e le sue contraddizioni, con le sue difficoltà e magnificenze. C’è sempre lo “stupore” che colpisce i geni ed i bambini dinanzi al grandioso, e da esso partono le più grandi opere d’arte. Per chi viene a Napoli nel periodo natalizio sarà concesso di respirare il profumo di questo fermento, gli odori dei vicoli, i colori ed i rumori della gente doneranno al visitatore uno stralcio di animo di questa città.

Grazia Manna

 

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