Pochi giorni fa abbiamo celebrato la Giornata Internazionale della Donna. Durante la cerimonia ufficiale svoltasi al Quirinale l’8 marzo scorso, il Presidente della Repubblica ha ricordato l’importanza del ruolo delle donne nel nostro Paese. “Donna è crescita e civiltà”, queste le parole pronunciate da Napolitano, che non è riuscito a fare a meno di commuoversi. «Troppo spesso si sente dire che il tema delle pari opportunità è superato perché viviamo già in una condizione di uguaglianza giuridica e materiale tra i sessi. Ovviamente non è vero. In particolare non lo è in Italia», ha continuato Napolitano al Quirinale. Quest’ultimo ha consegnato l’onorificenza dell’ordine al merito della Repubblica italiana a sette donne, tra le quali Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato, “per il coraggio, la determinazione, la dignità con cui ha reagito alle gravi conseguenze fisiche dell’ignobile aggressione subita”. A fronte di tale situazione viene da chiedersi: perché non abbiamo più un Ministero per le Pari Opportunità e dobbiamo accontentarci di un dipartimento? Stando alle parole dei renziani, l’Italia non ha più bisogno di tale dicastero, poiché il neo Presidente del Consiglio avrebbe già compiuto, nei fatti, la parità di genere all’interno del suo esecutivo (8 maschi + 8 donne). Peccato che a queste ultime siano stati affidati tre ministeri senza portafoglio, che il premier è sempre un uomo e lo stesso discorso vale per il sottosegretario. Nel nostro paese l’emancipazione femminile è tutt’altro che conquistata. Secondo l’ISTAT, ai redditi annuali, la vita di un uomo vale 453 mila euro, quella di una donna 231 mila. Soltanto il 50% delle donne italiane lavora e quando ha un’occupazione, il suo stipendio è comunque inferiore a quello di un uomo. Nessun riconoscimento per il lavoro invisibile delle donne (famiglia, figli, casa). Se invece questo venisse calcolato, si dovrebbero aggiungere a quei 231 mila euro altri 431 mila di attività domestiche. Oggi quando clicchiamo sul sito del Dipartimento per le Pari Opportunità, figura il nome di Ermenegilda Siniscalchi a capo di esso. Si legge: “Il Capo del Dipartimento (…) cura l’organizzazione e il funzionamento del Dipartimento e risponde della sua attività e dei risultati raggiunti in relazione agli obiettivi fissati dal Ministro; coordina l’attività degli uffici di livello dirigenziale generale, anche attraverso la programmazione ed il relativo controllo di gestione, e assicura il corretto ed efficiente raccordo tra i predetti uffici e quelli di diretta collaborazione del Ministro”. Bene, ma quale Ministro? E’ così difficile persino aggiornare la pagina web a fronte della sparizione non improvvisa, ma graduale, della Ministra/o per le Pari Opportunità? Tale incuranza è imbarazzante, se si considera l’importanza di un’istituzione che dovrebbe condurre anche “attività finalizzate a promuovere l’attuazione del principio di parità di trattamento e pari opportunità nei confronti delle persone disabili, al fine di garantire loro il pieno godimento dei diritti civili, politici, economici e sociali”. Insomma, la questione non riguarda solo le donne, tutt’altro. Non dobbiamo certamente avere il diritto di salire al potere in quanto donne, quasi fosse un pass o un certificato di garanzia, ma perché siamo ovviamente capaci di svolgere un dato mestiere alla pari di un uomo. La parità dovrebbe essere scontata, garantita, tutelata e non continuamente evidenziata a parole. Tutto ciò rischia di diventare mera propaganda politica. Quanto alla presunta “parità” raggiunta e ostentata da Renzi nel suo governo, verrebbe da chiedersi: dove sono, per esempio, i ministri/le ministre omosessuali? La domanda non è assurda. Fortunatamente per lui, ancora in pochi si sono accorti di questa lacuna. Tornando alle donne, l’Italia è un Paese in cui il femminicidio è una realtà di fatto. Siamo sicuri di non aver bisogno di una Ministra/o che prema continuamente sul Governo ricordandogli l’esistenza del problema? E perché no, che magari collabori proprio con il Ministero dell’Istruzione per far in modo che il concetto di pari opportunità sia già promosso nelle scuole fin da piccoli? Non esiste solo l’economia, il debito, la crisi e lo spread, ma anche l’educazione. Senza di quella, non andremo molto lontano. Con le canzoncine fatte cantare agli alunni, ci facciamo ben poco.
Silvia Di Pasquale