Il complesso caso dell’Ucraina

ucrainaIn Ucraina ormai è braccio di ferro tra Mosca, che ha assunto il controllo della Crimea e minaccia di estenderlo ad altre regioni dell’Ucraina, e l’Occidente che, dal canto suo, minaccia nuove sanzioni verso la Russia, interessata, quest’ultima, al Paese limitrofo, tanto per motivi strategici, quanto economici. C’è poi il legame culturale, che però sembrerebbe decisamente passato in secondo piano. L’Ucraina era la terza per dimensioni fra le Repubbliche ex-sovietiche e Kiev, la sua Capitale, la terza città dell’Unione. E’ indipendente da Mosca dal 1991. Diceva Lenin che l’URSS priva dell’Ucraina era un “corpo senza testa”. Per Solgenitsin, lo scontro in Ucraina, sarebbe stato inevitabile: “Un giorno la parte russa se ne dovrà andare e unirsi con la Bielorussia, con un pezzo di Kazakhstan”. Mikhail Gorbaciov raccomandava di togliergli tutto ma non l’Ucraina. Quest’ultima dava un quarto dei cereali, della frutta e del latte, un terzo del ferro, del carbone e del manganese, oltre che il 60% del bitume e dell’antracite all’impero. L’Ucraina ospitava centrali e testate nucleari. Senza contare la russificazione di porti, miniere, agricoltura e acciaierie. L’ombra russa è ovunque. Vittorio Strada, critico, saggista e professore italiano, grande conoscitore della realtà sovietica, ha scritto: “Rispetto ai Russi, plasmati da principi collettivistici, gli ucraini rivendicano lo spirito libertario fondato sulla tradizione cosacca, il loro senso di proprietà e d’iniziativa individuale che li renderebbe più europei”. L’inquietudine degli ucraini è passata nel tempo spesso da Piazza Maidan (traduzione: piazza aperta). Questo non è stato sempre il suo nome: Piazza dei Soviet, Kalinin, Rivoluzione d’ottobre, Indipendenza. In essa, o meglio su di essa, si sono susseguite varie rivolte. Nel 1989, quella del granito; nel 91’ quella per la fine dell’Urss; nel 2001, quella contro il Presidente Kuchma e nel 2004 per la Rivoluzione Arancione. Sarebbe tuttavia sbagliato considerare le manifestazioni che negli ultimi mesi l’hanno vista protagonista contro il potere governativo filo russo, rappresentative di tutta la popolazione. Sebbene quasi l’80% della popolazione si dichiari ucraino, esiste una restante parte che non la pensa allo stesso modo. Contro questi ultimi si scagliano quanti vedono nell’invadenza della Russia lo spauracchio del “passato rubato”, che ostacola la fame d’identità di chi vuole raggiungere la derussificazione. Ci sono poi i problemi economici, come la svalutazione della moneta e il fardello del debito estero con Mosca (“prima di parlare l’Ucraina deve pagare alla Russia bollette arretrate di gas”, dice Putin). Ridurre tuttavia la situazione ucraina ad un conflitto polarizzato tra russofoni e ucrainofoni è una visione semplificata della situazione, anche perché riguarda una questione d’etnia e non di cittadinanza. In pratica, in Ucraina vivono pochi cittadini russi, ma tante persone di etnia russa. Si può essere legati alla cultura e alla lingua russa, ma non concordi con dipendenza politica da Mosca. Eughen Kotlyar e Vladislav Zubenko, due giovani kharkovesi, ovvero provenienti da Kharkiv, nel plurinominato est filo-russo, sono stati uccisi a Kiev. Questo significa che non è possibile ridurre sempre una rivolta ai minimi termini. Tale azione giova solo a favore di chi vuole polarizzare una situazione assai più complessa al fine di “intervenire” dall’esterno. Che ne è per esempio della minoranza turcofona e musulmana della Crimea, che si sente minacciata da un’eventuale unione con la Russia? Mentre arrivano i convogli carichi di soldati russi in movimento verso Simferopoli, capitale della Repubblica autonoma di Crimea, ci chiediamo quale sia il destino di tutti coloro che non vogliono prendere parte alla rivolta di piazza Maidan, né tantomeno essere parte della vicina Russia. Il problema sembra però non esser preso in considerazione. Il 16 marzo si svolgerà il referendum sulla secessione della Crimea dall’Ucraina, per confluire nella Federazione russa. Non è difficile ipotizzare un risultato che sia favorevole a tale volontà. Meno scontata la possibile reazione degli Usa e dell’UE. Tra una settimana sarà però la storia a rispondere concretamente.

 

Silvia Di Pasquale

 

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