Sono stata molto combattuta se scrivere della violenza che ha devastato, nella notte di Capodanno, la vita di tante libere cittadine. Mi ero imposta di commentare il meno possibile questa notizia che da donna, figlia, sorella e madre, mi colpisce nel profondo. Mi indigna, però, l’ipocrisia che, ancora una volta, caratterizza le discussioni attinenti le donne e le loro libertà. Il focus della discussione si è spostato dalla violenza subita da centinaia di persone, nel silenzio delle istituzioni e nella sottovalutazione delle forze dell’ordine, alla gestione politica dei flussi migratori. Se l’energia impiegata per avversare (giustamente) i timori di una reazione razzista, si utilizzasse a chiarire, senza dubbi ed esitazioni, che i reati commessi su qualsiasi individuo, senza distinzione di sesso, razza, età e religione, vanno puniti senza sconti o giustificazioni, saremmo sicuramente una società migliore. Scoprire poi che anche le terre nordiche devono misurarsi col pregiudizio e con la poca sicurezza, non ci rende più libere. Sciorinare dati sui femminicidi in Europa, non attenua la gravità degli atti avvenuti. Se non si ribadisce, con le parole e con l’applicazione delle norme, che le donne sono effettivamente pari e le si tutelano con fermezza, nulla vale. Basta ipocrisie, più giustizia!
Rispetto alle violenze di Colonia, non bisogna abbassare la voce, non bisogna distogliere gli sguardi, non bisogna allungare gli orli. Ciò che tutte le donne si aspettano è una ferma presa di posizione politica, culturale e comunicativa verso quelle offese. Non abbiamo bisogno di difese strumentali, abbiamo bisogno di veder affermati i nostri diritti e l’esercizio degli stessi. Nessuno sta analizzando i fatti in un’ottica di genere secondo cui le donne non siano prede, né proprietà, ma solo esseri umani nella piena autodeterminazione delle proprie scelte. La violenza sulle donne è pratica ben nota nella società patriarcale, quando alle terre di conquista si assimilava la proprietà delle anime: i soldati si uccidevano, le donne si stupravano. Avviene oggi in Siria, in Nigeria, avveniva ieri in Bosnia e Ruanda, l’altro ieri in Ciociaria…La Storia non cambia, finché non cambiano i riferimenti culturali. Il maschilismo universale, considera la donna sua pertinenza ed usa lo stupro per perpetrare il suo dominio. Ridurre gli atti dei giorni scorsi a questione razziale, occulta la violenza quotidiana consumata tra le nostre pareti. Se davvero vogliamo uscire da questo vortice, dobbiamo impegnare tutte le forze per un radicale mutamento culturale nei nostri archetipi di riferimento, ove tutta l’umanità possa avere medesima dignità e rispetto. Solo così si aprirà la strada del dialogo democratico, libero e paritario.