Giorni di sangue

israelepalestinaIl numero dei morti del conflitto tra Israele e Palestina è salito a oltre 500, la maggior parte palestinesi. I bambini sono le prime vittime di questa guerra; si trovano costretti a crescere tra l’odio e la paura. “Altro che conflitto in Medio Oriente, questa ormai è una guerra contro i bambini”, si legge su Avaaz.org. L’esercito israeliano ha raso al suolo anche il Centro per l’infanzia “La terra dei bambini” di Umm Nasser a Gaza, finanziato dalla Cooperazione italiana e gestito dalla ong Vento di terra. Ospitava un asilo con 130bambini, una mensa e un ambulatorio pediatrico. La struttura “non è mai stata utilizzata per fini militari e lo staff non ha avuto contatti con le milizie islamiste”, ha spiegato l’ong, che ha chiesto al ministro degli esteri Federica Mogherini, alla conferenza episcopale e all’Ue, finanziatori del centro, di operarsi perché Israele renda conto di questa azione. Scrive lo scrittore e regista israeliano Etgar Keret: «Dodici anni, quattro operazioni a Gaza e siamo rimasti con lo stesso slogan distorto (Let the Idf win, ovvero lasciate vincere l’esercito israeliano). I bambini che andavano in prima elementare durante l’operazione Scudo Difensivo sono ora soldati che entrano a Gaza e in ognuna di queste operazioni c’è sempre qualche politico di destra o qualche analista militare che spiega che “questa volta dovremo andare fino in fondo”. E quando li guardi sullo schermo non puoi a meno di chiederti a quale fondo si riferiscano. Perché anche se tutti i combattenti di Hamas verranno annientati qualcuno crede davvero che, assieme a loro, sarà annientata anche l’aspirazione del popolo palestinese all’indipendenza nazionale?». Prima di Hamas Israele ha combattuto contro l’Olp. Probabilmente, secondo Keret, solo un compromesso politico potrà garantire pace e sicurezza ai cittadini del suo Paese. Secondo quelli che invece credono solo nella soluzione militare, discorsi di questo tipo possono solo rallentare e ostacolare la vittoria dell’esercito. “Quattro operazioni, un numero enorme di morti e torniamo sempre allo stesso punto”, spiega il regista. Anche una sua collega compatriota, Naomi Levari, implora i governanti israeliani di porre fino a questo dolore. In un video condiviso su Youtube la donna “chiede scusa al popolo palestinese”. Le sue parole sono anche riportate da Vanity Fair Italia: “Cara gente di Gaza, qualsiasi cosa stia per dire sembrerà priva di senso di fronte a ciò che state attraversando. Però al momento è l’unico strumento che ho: le mie parole. Mi chiamo Naomi Levari e vivo in Israele. Mi vergogno e vi chiedo perdono. Mi preoccupo per voi, piango per voi e soffro per le vostre perdite”. Levari spera che tutto cambi presto. Si appella ai governanti di Israele “perché si comportino come persone responsabili”, e che interrompano immediatamente questo spargimento di sangue. “Ricordo al popolo di Israele che questo non è un videogame, che non ci sono vincitori e vinti, punteggi e classifiche: ci sono solo sconfitti”, ricorda la regista. Difficile spiegare tutto questo ai bambini di entrambe le parti, le vere vittime innocenti di questo conflitto. Difficile trovare una spiegazione al fatto che l’uscire in strada a giocare come qualsiasi altro coetaneo nel resto del mondo, potrebbe risultare loro fatale.

Silvia Di Pasquale

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