Roma, 26 aprile 2025 – Mentre il mondo si riuniva in Piazza San Pietro per l’ultimo saluto a Papa Francesco, il “Papa della pace” che fino all’ultimo ha invocato concordia e dialogo, Roma si è trasformata nel cuore pulsante della diplomazia globale. E al centro di questa straordinaria giornata, la Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, ha tessuto con sapienza e discrezione una tela diplomatica che potrebbe segnare una svolta nelle questioni più spinose delle relazioni internazionali, a partire dal conflitto tra Russia e Ucraina. Senza cercare riflettori, con uno stile sobrio ma determinato, Meloni ha confermato il ruolo dell’Italia come ponte tra le potenze globali, rendendo Roma non solo la capitale della cristianità, ma anche un faro di dialogo e mediazione.
La giornata dei funerali di Papa Francesco è stata molto più di un momento di commiato. Piazza San Pietro, gremita di fedeli, Capi di Stato, e rappresentanti di ogni angolo del pianeta, è diventata il palcoscenico di un evento diplomatico senza precedenti. Tra i presenti, figure di spicco come il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj, il presidente francese Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. Ma a catalizzare gli incontri e a favorire il dialogo è stata proprio Giorgia Meloni, che, con il suo approccio pragmatico e discreto, ha lavorato dietro le quinte per avvicinare posizioni apparentemente inconciliabili.
L’immagine simbolo della giornata è quella che ritrae Donald Trump e Volodymyr Zelens’kyj, seduti all’interno della Basilica di San Pietro, intenti a discutere in un colloquio durato circa quindici minuti. Un incontro definito dallo stesso Zelens’kyj come “potenzialmente storico” e dalla Casa Bianca come “molto produttivo”. Questo faccia a faccia, il primo dopo il teso confronto dello Studio Ovale del 28 febbraio, rappresenta un passo significativo verso il riavvicinamento tra i due leader, divisi da visioni opposte sulla gestione del conflitto ucraino. E dietro questo momento cruciale c’è la mano di Meloni, che ha saputo creare le condizioni per un dialogo che molti ritenevano impossibile.
Giorgia Meloni ha scelto di operare lontano dai riflettori, lasciando che il peso delle sue azioni parlasse per lei. Mentre i leader mondiali si riunivano nella Basilica, la premier italiana si trovava sul sagrato di San Pietro, accogliendo delegazioni e stringendo mani, da quella del principe William a quelle dei rappresentanti africani legati al Piano Mattei. La sua assenza dalla foto che ha immortalato Trump, Zelens’kyj, Macron e Starmer non è stata casuale: “Non era un vertice”, hanno sottolineato fonti di Palazzo Chigi, smorzando l’enfasi su quell’immagine. Meloni ha preferito evitare protagonismi, concentrandosi sul lavoro concreto di mediazione.
Il suo approccio, definito da molti come “diplomazia sartoriale”, si è manifestato in una serie di incontri bilaterali strategici. Dopo la cerimonia funebre, Meloni ha ospitato a Palazzo Chigi il presidente Zelens’kyj per un colloquio durato circa un’ora. Durante l’incontro, i due hanno ribadito il sostegno agli sforzi di Trump per una pace giusta e duratura in Ucraina, sottolineando l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato. Palazzo Chigi, in una nota ufficiale, ha espresso condanna per i recenti attacchi russi e ha sollecitato Mosca a dimostrare concretamente la propria volontà di pace. Meloni ha anche salutato con favore la disponibilità ucraina a un cessate il fuoco, rafforzando il ruolo dell’Italia come garante di un processo negoziale.
Non meno significativo è stato il breve ma cordiale scambio con Trump sotto il colonnato di San Pietro. I due leader, che si erano incontrati appena una settimana prima alla Casa
Bianca, hanno condiviso un momento di intesa, suggellato da un gesto affettuoso del presidente americano, che ha posato una mano sul braccio della premier, ricevendo in risposta un sorriso complice. Questo rapporto di fiducia, costruito attraverso una serie di incontri – da Mar-a-Lago a Washington – ha permesso a Meloni di posizionarsi come interlocutrice privilegiata di Trump, una figura capace di mediare tra gli Stati Uniti e l’Europa in un momento di tensioni transatlantiche.
La giornata del 26 aprile ha consacrato Roma come il centro nevralgico della diplomazia mondiale. La presenza di leader come Trump, Zelens’kyj, Macron, Starmer, von der Leyen e il presidente argentino Javier Milei ha trasformato la città in un laboratorio di dialogo. Gli incontri a margine dei funerali di Papa Francesco hanno spaziato dalla questione ucraina ai dazi commerciali, dal Medio Oriente alla sicurezza globale. E in ogni discussione, l’Italia di Meloni ha giocato un ruolo di facilitatrice.
Zelens’kyj, in particolare, ha sfruttato l’occasione per tessere una rete di colloqui con i principali leader europei. Dopo Trump, ha incontrato Macron e von der Leyen, discutendo di pace e del futuro dell’Ucraina nell’Unione Europea. La presidente della Commissione ha ribadito il sostegno di Bruxelles, dichiarando: “L’Europa sarà sempre al fianco dell’Ucraina nella ricerca di una pace giusta e duratura”. Anche questi incontri, però, hanno beneficiato del contesto creato da Meloni, che ha saputo trasformare un momento di lutto in un’opportunità di dialogo.
Un altro segnale del ruolo centrale dell’Italia è stato il pranzo offerto da Meloni al presidente argentino Javier Milei, che l’ha definita “una grande amica”. Questo incontro, pur non direttamente legato alla questione ucraina, ha rafforzato l’immagine di un’Italia capace di dialogare con leader di ogni orientamento politico, dal populismo di Milei al pragmatismo di Trump, fino alla resistenza di Zelens’kyj.
Uno degli elementi più innovativi della strategia di Meloni è il cosiddetto “lodo italiano”, una proposta per estendere le garanzie dell’articolo 5 della NATO a Kiev, offrendo all’Ucraina una cornice di sicurezza senza necessariamente passare per un’adesione formale all’Alleanza Atlantica. Fonti di Palazzo Chigi rivelano che questa idea è al vaglio degli Stati Uniti, con Trump che, pur non esprimendosi direttamente, ha lasciato spazio alla diplomazia per approfondire la questione. Questo approccio riflette la visione di Meloni: una pace che non sia solo un cessate il fuoco, ma un accordo duraturo basato su garanzie concrete per la sovranità ucraina.
La premier ha anche ribadito la condanna dell’aggressione russa, una posizione che la distingue da alcune voci più ambigue nel panorama internazionale. Durante Colloqui precedenti, come quello alla Casa Bianca del 17 aprile, Meloni ha sottolineato che “la Russia è l’invasore”, mantenendo una linea di fermezza senza rinunciare al dialogo con tutte le parti coinvolte. Questa capacità di bilanciare principi e pragmatismo le ha fatto guadagnare il rispetto di leader come Trump, che l’ha definita “una delle vere leader del mondo”, e di Zelens’kyj, che ha lodato la sua “posizione chiara e di principio”.
La giornata dei funerali di Papa Francesco ha messo in luce anche un altro aspetto della leadership di Meloni: la sua capacità di rafforzare l’unità europea in un momento di incertezze. Mentre alcuni leader, come Macron, hanno cercato di intestarsi il ruolo di mediatori, Meloni ha evitato competizioni sterili, concentrandosi sull’obiettivo comune di una pace giusta. La sua proposta di un vertice tra Stati Uniti, Unione Europea e alleati, avanzata dopo lo scontro Trump-Zelens’kyj di febbraio, è stata un segnale della sua volontà di evitare divisioni in seno all’Occidente.
L’ex ministro Marco Minniti, commentando la strategia di Meloni, ha dichiarato: “La diplomazia sta tornando, e l’Italia si posiziona come punto di riferimento per il dialogo internazionale in una fase di grandi tensioni”. La visita di Meloni a Washington, seguita dall’arrivo del vicepresidente americano J.D. Vance a Roma, ha ulteriormente consolidato il ruolo dell’Italia come ponte tra le due sponde dell’Atlantico.
Nel giorno dell’addio a Papa Francesco, Giorgia Meloni ha dimostrato che la diplomazia può essere un’arte discreta ma potente. Senza cercare la ribalta, ha trasformato Roma in un crocevia di speranza, dove leader divisi da interessi e visioni hanno trovato un terreno comune per discutere di pace. L’immagine di Trump e Zelens’kyj che dialogano nella Basilica di San Pietro, sotto lo sguardo attento di Meloni, rimarrà un simbolo di questa giornata storica.
Mentre il mondo guarda al futuro, l’Italia di Meloni si candida a essere non solo la custode della cristianità, ma anche un faro di stabilità in un’epoca di turbolenze. Con la sua “diplomazia del sagrato”, la premier ha scritto una pagina nuova nella storia delle relazioni internazionali, dimostrando che anche nei momenti di lutto è possibile costruire ponti per un domani migliore.