Tra cittadini, politica e sanità: quanto “reggerà” la Fase 2?

Non sono passati che quattro giorni dall’inizio della Fase 2, e già per molti l’incubo coronavirus sembra un ricordo lontano. Ieri, al calar del sole, i Navigli di Milano si riempivano di giovani non più intenzionati a rinunciare a quell’“ape”, l’agognato e caratteristico aperitivo di meneghina voga. Anche nel resto d’Italia, e in particolare nelle grandi città, si inizia già a vedere chi, in maniera incurante e forse anche con un pizzico di spacconeria, vaga per le strade senza protezioni per sé o gli altri.

Se non fosse che, alla normalità, siamo ben lungi dal tornare. La Fase 2 non è un “liberi tutti”, bensì un momento in cui è stato ritenuto necessario ammortizzare il peso sociale ed economico dell’emergenza pandemica sulla popolazione. Ma il virus è ancora in circolazione, con una media di millequattrocento nuovi contagi rilevati ogni giorno, e agire in maniera irresponsabile non fa che contribuire a diffondere il nemico invisibile anche in quelle aree in cui il pericolo sembra ormai trascurabile.

Se simili comportamenti continueranno, è plausibile che assisteremo – oltre che a un aumento dei casi giornalieri, già forse preventivato – a una serie di nuove chiusure e alla definizione di zone rosse aggiuntive in tutto il Paese. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha già minacciato la chiusura della zona Navigli qualora l’assembramento dovesse proseguire: sarebbe, ovviamente, un’ipotesi dannosa per i commercianti della pittoresca area, costretti a pagare tutti il prezzo di qualche giovane scapestrato. Ma sarebbe difficile pensare di poter fare diversamente.

Un concetto, questo, che si spera possa entrare nella testa dell’opinione pubblica al più presto: a esagerare adesso, ci si rimette tutti. E non solo in termini di contagio, il cui rischio aumenta esponenzialmente anche in questa fase di calo generale: il virus non è meno pericoloso con l’arrivo dell’estate e la sua capacità di contagio rimane invariata.

È plausibile, insomma, che già dalla prossima settimana si possa assistere a una nuova serie di chiusure – a colpi di ordinanze locali o atti governativi – che andranno in tal caso ad accompagnarsi alla già preventivata reazione statale verso i governatori regionali “insubordinati” che già ritengono di poter riaprire tutto subito. Va da sé che una simile prerogativa fuoriesca dal seppur largo quadro della legislazione regionale, e che esiste sempre la possibilità, per lo Stato, di impugnare gli atti controtendenza di regioni quali la Calabria e il Trentino-Alto Adige.

Nel mentre, l’opinione tecnico-scientifica resta cauta: l’Istituto Superiore di Sanità, in conferenza stampa, ha oggi ammesso l’utilità delle mascherine “fatte in casa” – volendoci vedere altro, vale a dire che l’utilizzo delle mascherine in generale non sia un deterrente così efficace nei confronti del virus. Ciò che funziona, sopra ogni altra cosa, è il distanziamento sociale. Il quale, si ricorda, rimane parte fondamentale di questa Fase 2.

 

 

 

 La folla del 7 maggio ai Navigli di Milano. (Corriere.it)

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