Amatriciana, lusso della tradizione italiana

Quanta bontà in questo piatto, quanto lusso per il palato. È uno dei capisaldi della cucina italiana, uno dei primi piatti più famosi in tutto il mondo, ma anche uno di quelli più storpiati, sia nel nome che nella ricetta: eppure, l’”amatriciana” ha un’origine semplice che si lega a doppia mandata con la città di Amatrice, dove è nata questa speciale combinazione di pasta, pomodori, guanciale di maiale e grattugiata di pecorino. Contrariamente a ciò che siamo portati a pensare oggi, l’amatriciana non è un piatto della tradizione romana, o almeno non lo era originariamente: questo sugo nasce infatti nella zona di Amatrice, il borgo in provincia di Rieti pesantemente colpito dal terremoto del 2016, che oggi appartiene politicamente al Lazio ma che fino al 1927 ricadeva nel territorio abruzzese. Volendo essere precisi, quindi, il sugo all’amatriciana, in grado di accompagnare vari tipi di pasta creando primi piatti come spaghetti all’amatriciana, bucatini all’amatriciana, rigatoni all’amatriciana, o anche penne all’amatriciana e fettuccine all’amatriciana ,è una ricetta della tradizione del Centro Italia, e in particolare del basso Abruzzo e del Lazio, anche se poi effettivamente è a Roma che ha trovato la fama e la massima espressione. Al di là della questione geografica, comunque, l’amatriciana è un condimento per la pasta che alla base prevede l’utilizzo di appena tre ingredienti, ovvero guanciale, pomodoro e formaggio pecorino, anche se poi le varianti sono numerose. Stando alle ricostruzioni degli storici dell’alimentazione, la ricetta originaria nasce di sicuro dopo la scoperta dell’America e dopo la diffusione della coltivazione del pomodoro, e sarebbe una rielaborazione in “rosso” di un’altra preparazione storica della tradizione laziale e abruzzese di stampo pastorale, ovvero la gricia. E’ nell’Ottocento, comunque, che la pasta all’amatriciana inizia ad ottenere grande popolarità a Roma anche grazie ai sempre più frequenti contatti tra la città e i cittadini di Amatrice: a seguito della crisi della pastorizia, molti amatriciani emigrarono nella grande città (e futura capitale del Regno d’Italia), trovando spesso occupazione nel campo della ristorazione e facendo conoscere e apprezzare questo piatto della loro tradizione locale. In particolare, si racconta che il primo storico ristorante amatriciano sia stato aperto da Luigi Sagnotti, chiamato Il Passetto perché attraverso il locale si poteva passare dal Vicolo del Passetto, appunto, a piazza Navona. Nel Novecento iniziano invece a vedersi altri importanti segni della ricetta amatriciana anche a livello nazionale, come le citazioni su riviste e giornali o nel manuale di cucina “Il talismano della felicità” di Ada Boni (1927), dove in particolare si fa riferimento agli Spaghetti all’amatriciana come piatto molto apprezzato nelle trattorie romane. A contribuire poi alla completa fama del piatto sono stati anche dei personaggi simbolo della romanità, da Aldo Fabrizi (che dedicò all’amatriciana una poesia-ricetta che nominava spesso durante i suoi interventi in tv o alla radio) a sua sorella Sora Lella, che riteneva i bucatini all’amatriciana il suo piatto preferito e li preparava solitamente alla sua trattoria sull’Isola Tiberina, fino ad arrivare ad Alberto Sordi, che la cita anche in una scena del film “Un Tassinaro a New York”. Oggi il sugo all’amatriciana è compreso nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali laziali e dal 2020 la ricetta del sugo all’amatriciana tradizionale ha ottenuto il riconoscimento di Specialità Tradizionale Garantita (Stg) da parte della Commissione europea, che assicura che la versione originale sia difesa e garantita contro imitazioni e falsi. C’è anche da dire che molti piatti della tradizione vengono considerati immutabili nel tempo, ideati in un lontano passato e rimasti identici fino a oggi, testimoni del gusto dei nostri antenati. Ricette come quella dell’amatriciana, per esempio, possiedono un’aura eterna e sfidano il susseguirsi delle generazioni come veri e propri monumenti della gastronomia. Fin da piccoli ci siamo abituati al loro sapore e alla ricetta di famiglia, tramandata di generazione in generazione, secondo una precisa formula tradizionale sospesa nel tempo. In realtà non è così. Tutte le ricette, anche quelle più tradizionali, si evolvono spesso nel tempo e, a volte, ci si accorge delle variazioni solo a distanza di anni: relativamente alla ricetta dell’amatriciana, ad esempio, uno dei tasselli fondamentali di queste evoluzioni è legata alla graduale scomparsa della pancetta a partire dai primi anni ‘60 lasciando spazio al guanciale e, nello stesso periodo, il pecorino diventa protagonista, senza più varianti o tagli con il più popolare parmigiano. Rivoluzioni, modifiche e variazioni, spesso portano al perfezionamento di un piatto che nel tempo può essere rivisitato ma che rimane, come nel caso dell’amatriciana, sempre fortemente ancorato alla tradizione e che a sua volta, diventa per noi che ne godiamo ai nostri giorni, un lusso tutto italiano in grado di valorizzare il nostro palato e la nostra cucina unica al mondo.

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