Come ti cambia il mercato

Ci sono ancora vaghe reminiscenze di un tempo lontano in cui, fra gli uomini di buona volontà, la necessità operava in via diretta sulla disponibilità dell’offerta nel mercato. C’era bisogno di macchine agricole che non si impantanassero nel fango più ostico e dai rivenditori non era possibile trovarne? La comunicazione della necessità generava la produzione del bene e il vuooto nell’offerta veniva colmato dagli ultimi ritrovati della moderna tecnica nel campo dei cingoli. Un tempo, dunque, la Società era impostata come padrona nel perverso gioco del mercato; ad un bisogno corrispondeva la produzione e quindi l’offerta.
Qualcosa però, negli ultimi tempi è andato distorcendo questo semplice assioma (mi serve – lolo compro), qualcosa è andato storto mentre eravamo distratti a gioire di questa organicità funzionante e perfetta così umana e così divina nella creazione di ciò che prima mancava.
E’ accaduto che l’avanzata senza fine della tecnologia e la quinarizzazione dell’essere umano hanno trasformato il panorama merceologico ed il gioco perfetto di domanda ed offerta. Oggi, infatti, si assiste all’inversione totale del processo. Oggi viviamo in un mondo dominato tirannicamente dall’offerta. L’offerta influenza la domanda, ai giorni nostri. E’ finito il tempo in cui le necessità umane venivano soddisfatte ed è iniziato lo sfrenato dominio del denaro, il quale, per il suo proprio godimento, decide cosa serva agli uomini per vivere in modo decente. E così ci siamo trovati circondati da beni nati dalle migliori intenzioni trasformati in strumenti ad obsolescenza programmata annuale, di cui il nostro nuovo dio ci impone l’utilizzo – meglio – il possesso. Ed ecco che la vita quotidiana si trasforma in una corsa senza fine verso l’acquisto dell’ultimo modello, non importa di cosa, purché sia l’ultimo. L’ultimo modello guida i desideri. Facendo biecamente leva sugli istinti più individualisti degli esseri umani, sulla tribalità, sulla appartenenza al gruppo ritenuto, non senza presunzione, superiore (Android, Apple, Blackberry), mentre il mercato –servo del dio denaro – ci inganna in una spirale di aggiornamento continuo e noi finiamo col credere di avere bisogno di Instagram per fare una foto ad un pasto di cui nessuno vuol sapere nulla ma noi siamo così presi da noi stessi da non acorgercene nemmeno. Così avvoltigliati sull’ultimo modello e su quanto ci renda speciali che non ci accorgiamo di essere speciali in serie, secondo le regole del marketing. Puoi essere qualunque persona tu volgia scegliere dal catalogo che ti viene fornito, ovviamente continuerai ad essere speciale, ma solo finché terrai losguardo basso sui tuoi piedi, anzi, bravo così; fotografali con quel filtro anni ’60 e metti su face book la foto. Che tutti i tuoi contatti sappiano che sei al mare coi soldi di papà ed i piedi a mollo sulla battigia. Un aggiornamento continuo che confina con il processo di Identificazione. Un’identità delineata solamente dal possesso, non già dall’essere, roba vecchia che richiede tempo e fatica nella costruzione di se e nel consolidare ed alimentare i rapporti con gli altri. Avere è più facile, avere è più veloce. Non occorre impegnarsi per avere, basta mettere mano al portafogli e se non hai abbastanza, chiedi, prega nei templi del dio denaro e ti verrà erogata la grazia: il finanziamento. Offri la tua vita per mostrare di esser euna persona che possiede, alle oritiche tutto il resto. Non importa la durabilità delle cose se la merce ha la scadenza per via di una predeterminata obsolescenza programmata che serve a tenere vivo il desiderio di avere, il possesso e quindi l’identità.
Finalmente.

 

Giampaolo Giudice1

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