27 gennaio: Giorno della Memoria 10 febbraio: Giorno del Ricordo

Due date altamente simboliche e indicative di come la natura umana, intenta e protesa a “seguir virtute e canoscenza”, venga spesso ricacciata indietro, nei recessi più profondi dell’anima, e ricondotta all’originaria espressione brutale e selvaggia.

I più recenti atti terroristici sono una prova evidente e agghiacciante di come l’uomo sappia spogliarsi di ogni traccia di umanità, trasformandosi nella belva sanguinaria che lo riporta all’oscurità delle caverne.

Ma non v’è dubbio che il XX secolo, sotto quest’aspetto, ci abbia mostrato il peggio di cui siamo capaci, anche e soprattutto nel cosiddetto mondo progredito.

Nel Giorno della Memoria si vuole, come noto, commemorare le vittime dell’Olocausto, il genocidio nazista che annientò brutalmente milioni di ebrei.

Il Giorno del Ricordo, di più recente istituzione, è invece dedicato alle vittime dei massacri delle Foibe e dell’amaro esodo fiumano, giuliano e dalmata.

Due macchie nere e indelebili che hanno lasciato ferite profonde e non rimarginabili sul tessuto dell’umanità.

Contro il rischio che simili mostruosità abbiano a ripetersi c’è un antidoto: la memoria, unica strada per la conoscenza affinché non si sopiscano le coscienze.

Per questo mi piace sottolineare che il primo atto pubblico del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sia stato quello di far visita alle Fosse Ardeatine, uno dei luoghi simbolo della barbarie nazista.

E mi piace concludere con le parole pronunciate dal suo predecessore Giorgio Napolitano il 10 febbraio 2007 per descrivere i massacri delle foibe: “un moto di odio e di furia sanguinaria e un disegno annessionistico slavo che assunse i sinistri contorni di una pulizia etnica”.

Ecco, la consapevolezza di simili orrori deve indurci, se vogliamo definirci persone civili, a gridare all’unisono e con tutte le nostre forze: “Mai più”!

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