GLI INDICI E GLI STRUMENTI NELLA CRISI DI IMPRESA

La crisi di impresa è una situazione fisiologica che necessita di essere monitorata, gestita e prevenuta attraverso concreti strumenti e indici.

Il Diritto della Crisi di impresa con le modifiche all’art. 3 del CCII in vigore dal 15 luglio 2022 declina nel dettaglio e in maniera concreta le finalità delle misure e degli assetti organizzativi cui ogni attività imprenditoriale deve dotarsi, spingendosi sino a definire i flussi informativi, gli indici e le modalità di pianificazione che le imprese dovranno implementare. L’individuazione, da parte delle nuove norme, delle modalità attraverso cui valutare l’equilibrio economico-finanziario e patrimoniale, consente di superare gli indici di crisi cui le previgenti disposizioni avevano demandato la definizione al CNDCEC.

Le modifiche al Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII), a seguito del recepimento della Direttiva Insolvency avvenuto con il D.Lgs. 83/2022, realizzano una vera e propria rivoluzione nella gestione delle imprese, grazie all’introduzione di specifiche disposizioni che completano il quadro attribuendo un contenuto sostanziale, pratico e operativo alla definizione di adeguati assetti organizzativi.

Le norme in tema di adeguati assetti organizzativi, entrate in vigore dal 16 marzo 2019 con le modiche all’art. 2086 cod. civ., sembravano indicare dei buoni propositi per la corretta gestione dell’impresa cui in via interpretativa sarebbe stato necessario colmare la mancanza di dettagli da parte delle disposizioni. Le modifiche all’art. 3 del CCII, apportate dal D.Lgs. 83/2020, declinano nel dettaglio e in maniera concreta le finalità delle misure e degli assetti organizzativi, spingendosi sino a definire i flussi informativi, gli indici e le modalità di pianificazione che le imprese dovranno implementare.

Le nuove disposizioni uniscono, ancor più di quanto già non fosse con l’introduzione del testo originario del CCII, la materia del diritto commerciale e quella del diritto della crisi. La nuova formulazione dell’art. 3 del CCII è segno evidente dell’assenza di confini tra le due materie, recando come rubrica: “Adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi”. Trattasi di disposizioni, evidentemente, rivolte a tutte le imprese, indipendentemente dallo stato di crisi, pur essendo inserite nel CCII.

L’idea che il diritto dell’impresa in bonis e quello delle imprese in crisi appartengano a sistemi separati è, quindi, superata. Le regole del diritto commerciale e quelle del diritto della crisi si intersecano e completano le une con le altre; ciò in virtù di due fondamentali principi che si ricavano dalla Direttiva Insolvency per cui la crisi rappresenta una situazione fisiologica nella vita dell’impresa; può essere risolta meglio ed efficacemente tanto prima si interviene (early warning).

Le nuove regole impongono un approccio forward looking. La crisi deve essere prevista, anticipata, monitorata, in quanto l’intervento ai primi segnali consente di gestire le difficoltà per recuperare l’equilibrio e la continuità prospettica. La stessa definizione di crisi, di cui all’art. 2, c. 1 lett. a) CCII, impone di avere contezza dei flussi di cassa prospettici per far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi, quindi, di avere strumenti di pianificazione forward looking.

La funzione imprenditoriale dovrà tenere conto, pertanto, della necessità di gestire l’impresa programmando le coperture finanziarie in modo da intercettare la crisi ai primi segnali, nonché conoscere i principali strumenti per recuperare l’equilibrio finanziario, monitorare l’andamento attraverso appositi strumenti di programmazione come espressamente previsto dal nuovo diritto della crisi. Emblematico è il coordinato disposto dell’art. 2 c. 1 lett. a), sulla definizione di crisi, e l’art. 3 del CCII che declina, come si dirà nel dettaglio in seguito, gli obiettivi delle misure e degli assetti organizzativi che tutte le imprese dovranno attivare.

Trattasi di un cambio di paradigma per l’imprenditore, l’organo amministrativo e quello di controllo, tenuti a garantire adeguati strumenti di monitoraggio che consentano la valutazione continuativa dell’equilibrio economico finanziario e patrimoniale nonché la sostenibilità del debito in maniera prospettica; ciò indipendentemente dallo stato di salute dell’impresa.

Le norme a seguito delle modifiche in vigore dal 15 luglio 2022 forniscono dettagli e indicazioni pratiche su come implementare le misure e gli assetti organizzativi, nonché sui flussi di informazioni che l’organizzazione deve essere in grado di ottenere e valutare.

Le disposizioni sulle misure e assetti organizzativi, di cui al nuovo testo dell’art. 3 del CCII arricchito con i commi 3 e 4, declinano a livello operativo gli obblighi comportamentali per la tempestiva rilevazione della crisi.

In particolare, il comma 3 dell’art. 3 CCII stabilisce che le misure idonee (per l’imprenditore individuale) e l’adeguato assetto (non solo) organizzativo, (ma anche) amministrativo e contabile (per le società) devono consentire di rilevare tempestivamente lo stato di crisi intercettando gli squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta; valutare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale per almeno 12 mesi successivi nonché i segnali di crisi di cui all’art. 3 c. 4 CCII; ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata (check list) e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento individuati dal Decreto Min. Giustizia 28 settembre 2021.

La diversa impostazione negli articoli che definiscono la crisi e gli assetti organizzativi richiede all’imprenditore di pianificare. La check-list altro non è che uno strumento che fornisce istruzioni per la consapevole pianificazione e per la verifica della sua coerenza, come espressamente indica il richiamato Decreto 28 settembre 2021.

La check-list fa riferimento alla redazione dei piani di risanamento ma, essendo richiesto il recupero delle informazioni necessarie per la check-list anche per le imprese sane, tutti gli imprenditori saranno tenuti a dotarsi di un piano, quale requisito minimo perché l’assetto organizzativo consenta di valutare le prospettive di continuità e di sostenibilità dell’indebitamento. La necessità di avere adeguati assetti, documentandone l’utilizzo (attraverso budget e valutazioni degli scostamenti), ha rilevanti risvolti in tema di responsabilità degli amministratori che, in caso l’impresa si rilevi insolvente, possono essere tenuti a rifondare dei danni legati all’insolvenza i soggetti interessati, creditori in primis.

Il cambio di paradigma, previsto dalle nuove norme in commento, consente di uscire da un sistema in cui gli imprenditori erano obbligati ad avviare la composizione assistita, in presenza di determinate condizioni oggettive misurabili con indici e indicatori, per accedere a un diverso approccio dove gli imprenditori hanno una maggiore autonomia, in cui già nella fase in bonis possono decidere liberamente come istituire gli adeguati sistemi di controllo per intercettare i segnali di crisi e reagire con risposte efficaci. Ciò ovviamente incide sul livello di responsabilità perché a maggiore libertà corrisponde un maggior grado di responsabilità.

La necessità di monitorare il prevedibile andamento dell’attività imprenditoriale non è un concetto nuovo per la materia aziendalista e per il diritto commerciale. Le norme che disciplinano la relazione sulla gestione, di cui all’art. 2428 cod. civ., prevedono espressamente di riportare nella relazione l’evoluzione prevedibile della gestione (art. 2428 c. 3, n. 6 cod. civ.). La previsione degli andamenti futuri rappresenta un passaggio fondamentale per la determinazione del valore delle attività (impairment test), come previsto sia dai principi contabili nazionali (OIC 9) sia dai principi contabili internazionali (IAS 36). La pianificazione, dunque, rappresenta un presupposto per la corretta applicazione dei principi contabili e, di conseguenza, per la corretta valorizzazione delle poste attive.

Tuttavia, nella pratica sono poche le realtà aziendali medio piccole dotate di strumenti di pianificazione accurati che consentono un’efficiente applicazione del principio contabile OIC 9, ma il ricorso ad approcci semplificati finisce per fondare le valutazioni non su vere e proprie pianificazioni prospettiche.

Il giudizio sull’andamento prospettico dell’azienda, oltre a permettere una corretta contabilizzazione delle poste attive, consente di valutare la sostenibilità del debito. La capacità dell’impresa di ripagare il debito si realizza quando i flussi di cassa liberi in un determinato periodo consentono di (servire) pagare il debito e gli interessi relativi al medesimo periodo di tempo. L’individuazione dei due elementi oggetto di valutazione e monitoraggio, quali il debito da servire e i flussi di cassa liberi, non è immediata, ma richiede un’apposita valutazione. Il debito da servire, per esempio, non riguarda le linee di credito che ci si aspetta siano rinnovate, le quali rilevano solo per la componente interessi passivi, ma riguarda soltanto la parte dei debiti finanziari, nonché gli interessi, che in una logica di funzionamento devono essere rimborsati.

Le imprese di medio piccole dimensioni, allo stato attuale, non sono ancora strutturate alla gestione finanziaria del business, tanto meno alla pianificazione finanziaria. In tale contesto viene in soccorso il test pratico, disciplinato dal Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021 nell’ambito della composizione negoziata della crisi, oggi trascritta nel CCII.

Le nuove norme richiedono a tutti gli imprenditori di reperire le informazioni per effettuare il test pratico, definito nel richiamato Decreto 28 settembre 2021.

Il test pratico semplifica la precedente impostazione rispetto al sistema degli indicatori di cui all’art. 13, c. 2 del Dlgs. 14/2019 nel testo previgente, secondo cui costituivano indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, ricavabili attraverso appositi indici; al sistema degli indici sviluppati dal CNDCEC nel documento Crisi d’impresa gli indici dell’allerta del 29 ottobre 2019 (in bozza).

Il documento predisposto dal CNDCEC faceva riferimento a una struttura piramidale di parametri (indici di crisi), quali patrimonio netto negativo; DSCR (Debt Service Coverage Ratio) a sei mesi, inferiore all’unità.

Il test pratico individua invece un unico indicatore ossia il rapporto tra debito da servire (da ristrutturare in caso di imprese in crisi) e i flussi da destinare alla sua copertura.

Il calcolo del DSCR richiede la predisposizione di un budget di tesoreria dettagliato cui, invece, il test pratico può prescinde. Si noti che Il calcolo del DSCR può seguire due approcci: il primo più semplice, il secondo con un procedimento più articolato.

In particolare, il primo approccio deriva da un budget di tesoreria, redatto dall’impresa, che rappresenti le entrate e le uscite di disponibilità liquide attese nei successivi sei mesi (oggi la norma richiede un lasso temporale più ampio di 12 mesi). Da tale budget si ricavano il numeratore e il denominatore dell’indice, più precisamente al denominatore si sommano le uscite previste contrattualmente per rimborso di debiti finanziari (verso banche o altri finanziatori). Il rimborso è inteso come pagamento della quota capitale contrattualmente previsto per i successivi sei mesi; al numeratore si sommano tutte le risorse disponibili per il suddetto servizio al debito, dati dal totale delle entrate di liquidità previste nei prossimi sei mesi, incluse le giacenze iniziali di cassa, dal quale sottrarre tutte le uscite di liquidità previste riferite allo stesso periodo, ad eccezione dei rimborsi dei debiti posti al denominatore.

Nel secondo approccio il calcolo è effettuato mediante il rapporto tra i flussi di cassa complessivi liberi al servizio del debito attesi nei sei mesi successivi (oggi 12 mesi) ed i flussi necessari per rimborsare il debito non operativo che scade negli stessi sei mesi (oggi 12 mesi).

Al numeratore, costituito dai flussi al servizio del debito, vanno inseriti i flussi operativi al servizio del debito che corrispondono al free cash flow from operations (FCFO) dei sei mesi successivi (oggi 12 mesi), determinato sulla base dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa applicando il principio OIC 10 (§§ da 26 a 31), deducendo da essi i flussi derivanti dal ciclo degli investimenti (§§ da 32 a 37 dell’OIC 10). A tal fine non concorrono al calcolo dei flussi operativi gli arretrati di cui alle lett. e) e f); le disponibilità liquide iniziali; le linee di credito disponibili che possono essere usate nell’orizzonte temporale di riferimento. Con

riferimento alle linee autoliquidanti esse dovrebbero essere considerate fruibili per la sola parte relativa ai crediti commerciali che, sulla base delle disposizioni convenute, sono “anticipabili”.

Il denominatore corrisponde al debito non operativo che deve essere rimborsato nei sei mesi successivi (oggi 12 mesi), formato da pagamenti previsti, per capitale ed interessi, del debito finanziario; debito fiscale o contributivo, comprensivo di sanzioni ed interessi, non corrente e cioè debito il cui versamento non è stato effettuato alle scadenze di legge (e pertanto è o scaduto ovvero oggetto di rateazioni), il cui pagamento, anche in virtù di rateazioni e dilazioni accordate, scade nei successivi sei mesi; debito nei confronti dei fornitori e degli altri creditori il cui ritardo di pagamento supera i limiti della fisiologia. Nel caso di debito derivante da piani di rientro accordati dai fornitori/creditori, rileva la parte di essi, comprensiva dei relativi interessi, che scade nei sei mesi.

Le linee di credito in scadenza nei sei mesi successivi sono collocate al denominatore salvo che se ne ritenga ragionevole il rinnovo o il mantenimento.

Le semplificazioni previste dalle nuove norme sulla crisi di impresa in termini di indici e indicatori, non cancellano la necessità di avere adeguati sistemi di monitoraggio in funzione alle dimensioni e caratteristiche dell’impresa, viene tuttavia data maggiore autonomia nella definizione degli adeguati sistemi di controllo, con requisiti minimi ossia quello di consentire di recuperare le informazioni per il test pratico, nonché per la check list particolareggiata, come definiti dal Decreto.

Le regole individuate dal CNDCEC presentano nel calcolo del DSCR un livello maggiore di complessità rispetto alle semplificazioni cui tende il test pratico. Il test pratico secondo le indicazioni del Decreto del 28 Settembre 2021 (Decreto), ha la finalità di consentire una valutazione preliminare della complessità del risanamento (per le imprese in bonis della sostenibilità del debito) attraverso il rapporto tra l’entità del debito (che deve essere ristrutturato per le imprese in difficoltà); i flussi finanziari liberi che possono essere posti annualmente a servizio del debito (da ristrutturare per le imprese in crisi).

Il test pratico individua, quindi, quale unico indicatore di riferimento per valutare lo stato di difficoltà aziendale e, pertanto, la complessità del risanamento (in caso di crisi), il richiamato rapporto (rapporto tra [a] e [b]). Il test ha la finalità di rendere noto, secondo un indicatore semplice e immediato, il grado di difficoltà aziendale, fornendo indicazioni all’imprenditore in fase di autodiagnosi.

I flussi finanziari – secondo la valutazione dell’imprenditore – possono essere di tipo corrente, ossia generati dalla gestione ordinaria di impresa senza modifiche ai piani esistenti; oppure derivare dall’esito delle iniziative industriali in corso di attuazione o che l’imprenditore intenderà adottare.

Il DM 28 settembre 2021 precisa che il prospetto per la valutazione del debito rappresenta una struttura semplificata di calcolo del Free Cash Flow From Operations a regime; in caso di cooperative i flussi per rimborso del prestito sociale sono determinati secondo una ragionevole stima basata sulle evidenze storiche delle movimentazioni del debito.

Il rapporto totale tra la determinazione dell’entità del debito che deve essere ristrutturato / servito e i flussi annui al servizio del debito fornisce indicazioni sul grado di sostenibilità del debito e quindi sull’equilibrio economico prospettico dell’impresa. Il rapporto fino all’unità indica che in un anno il debito sarà ripagato grazie ai flussi finanziari liberi, rapporti pari a 2, 3 o anche maggiori daranno come indicazione un maggior periodo per la copertura del debito da servire; ciò tuttavia non significa che non si è in equilibrio nel caso il pagamento delle rate di debito (incluse le rate bullet o la maxi rata) siano coperte nel periodo previsto di ammortamento del debito stesso nel rispetto delle scadenze.

Il cambio di impostazione con le nuove norme porta alla riscrittura dell’art. 13 del CCII che disciplinava gli indicatori e indici della crisi, oggi abrogati rectius ridefiniti nell’art. 3, cade inoltre la delega al CNDCEC di individuare gli indici di crisi.

Si precisa che il lavoro del CNDCEC non può essere del tutto dimenticato, avendo il pregio di aver definito con maggior dettaglio gli indici per settore di attività cui le imprese potranno continuare a fare riferimento nella definizione del singolo sistema di programmazione e controllo economico finanziario.

La norma dell’art. 3 c. 3 lett. c) richiede di ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo (check list) e a effettuare il test pratico di cui all’art. 13 c. 2 del CCII. Il richiamato art. 13 c. 2 stabilisce che la check list e il test pratico sono definiti dal decreto dirigenziale del Ministero della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 3 del DL 118/2021. La richiamata disposizione consentirà di poter aggiornare la check-list e il test pratico attualmente disciplinati dal DM 28 settembre 2021.

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