CODICE DELLA CRISI: LA COMPOSIZIONE NEGOZIATA

Quali sono i limiti e le opportunità della composizione negoziata che al momento non seduce imprenditori e consulenti?

Il Codice della crisi, conformemente ai principi comunitari, segue una strategia legislativa che mira a favorire il ricorso a strumenti in grado di correggere la situazione di difficoltà imprenditoriale sul nascere, in quanto ciò aumenta sia le probabilità di successo nel salvataggio delle imprese, sia il recupero delle utilità economiche. In tale contesto la composizione negoziata della crisi rappresenta il primo baluardo, introdotto dalla riforma del diritto della crisi, cui gli imprenditori possono ricorrere per intercettare e superare la crisi o la pre-crisi. Tuttavia lo strumento presenta, accanto alle opportunità, limiti che non consentono la sperata diffusione anche a seguito delle recenti modifiche apportate dal DL 24 febbraio 2023 n. 13.

Il 15 luglio 2022, dopo più di due anni di rinvii, è entrato in vigore il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (CCII). Il Codice, nella versione entrata in vigore, contiene novità epocali per il nostro ordinamento, attuando i principi contenuti: nella Direttiva Insolvency (Dir. 1023/2019); nella Raccomandazione della Commissione Europea 12 marzo 2014 n. 135; nel regolamento (UE) 2015/848; del model law, elaborato dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL) in tema di insolvenza, cui hanno aderito molti Paesi anche in ambito extraeuropeo, tra cui gli Stati Uniti d’America.

I richiamati principi poggiano su una strategia legislativa che mira a favorire il ricorso a strumenti in grado di correggere la situazione di difficoltà imprenditoriale sul nascere, in quanto ciò aumenta sia le probabilità di successo nel salvataggio delle imprese, sia il recupero delle utilità economiche, riducendo gli impatti negativi per i soggetti che hanno rapporti con l’impresa in crisi tra cui fornitori, clienti, lavoratori, finanziatori.

La strategia legislativa, quindi, muove da una concezione medievale in cui l’impresa in difficoltà e in particolare il fallito andavano puniti e umiliati pubblicamente, verso l’esigenza di tutelare il credito e il suo possibile recupero ma che, al tempo stesso, contemperi la necessità di salvaguardare l’impresa in difficoltà, in quanto ciò consente di limitare gli effetti negativi legati alla morte civile dell’impresa quali la perdita di avviamento, posti di lavoro, capacità imprenditoriali, know how.

In tale contesto si inserisce il nuovo strumento per la soluzione della crisi di impresa ovverosia la composizione negoziata (CNC), introdotta durante la pandemia dalla normativa emergenziale contenuta nel DL 118/2021 e trasposta, con limitate modifiche, nel Codice della crisi divenendo così una possibile soluzione a regime per gli imprenditori in difficoltà.

La composizione negoziata, tuttavia, non sembra avere avuto finora il successo atteso, il numero di istanze presentate è veramente esiguo. I dati di Unioncamere del 10 febbraio 2023 mostrano che, dal 15 novembre 2021, sono state presentate 595 istanze di composizione negoziata di cui solo 11 con esiti favorevoli.

Pertanto, sono sorte molte discussioni e tavoli di confronto per comprendere i motivi per cui uno strumento, alla base della strategia legislativa sulla crisi di impresa, abbia avuto una così scarsa diffusione. Tra i motivi ha un ruolo di primo piano la limitata utilità della CNC per le imprese con elevati debiti nei confronti del fisco e degli enti previdenziale, apparentemente un numero molto impostante.

Una prima risposta sembrava arrivare dal DL 24 febbraio 2023 n. 13 che modifica alcune disposizioni sulla CNC per consentire una sua maggiore diffusione, ma il testo definitivo del richiamato decreto non contiene la transazione fiscale.

L’utilizzo della composizione negoziata della crisi sembra non aver centrato le aspettative. Unioncamere nel comunicato stampa del 12 novembre 2021 indicava che a regime si attendevano 10.000 domande. Il presidente di Unioncamere prima del lancio della composizione negoziata sottolineava, nel richiamato comunicato stampa, che: “[…] già nel giro di un anno e mezzo, si conta di potere contribuire a ridurre del 10% le oltre 48mila procedure concorsuali presentate tra il 2019 e il 2020. E a regime stimiamo che la nostra piattaforma posa essere utilizzata da 10mila imprenditori che chiederanno la collaborazione di un esperto per ristrutturare l’azienda, redigere un piano di risanamento per evitare, così, di ricorrere alle tradizionali strade giudiziali, spesso anticamera del procedimento di liquidazione giudiziale”.

I dati pubblicati da Unioncamere sull’utilizzo della Composizione negoziata per il periodo tra il 15 novembre 2021 e il 10 febbraio 2023 tracciano tutt’altro scenario.

Sono soltanto 595 in totale le istanze di composizione negoziata di cui la maggior parte archiviate prima di giungere a un’ipotesi di accordo; solo 11 giunte a termine con esito favorevole e accordo; 191 tentate ma concluse senza raggiungere accordi di risanamento.

La storia per ora è andata da tutt’altra parte, rispetto alla previsioni, e le seguenti note sono utili per capire quale strategia gli imprenditori e i consulenti stanno seguendo, quali opportunità e limiti sono alla base della decisioni di intraprendere o meno l’iter di CNC, in quanto i circa 10mila imprenditori con evidenti situazioni di squilibrio da risolvere, individuati da Unioncamere, purtroppo non sono scomparsi.

Il motivo della carente diffusione potrebbe trovare una prima risposta su aspetti culturali: l’imprenditore non accetta lo stato di difficoltà, cerca di riemergere per altre vie, preferisce nascondere la situazione, non ha piena consapevolezza sulle evoluzioni future (approccio forward looking assente).

In tale contesto sarà necessario un periodo che consenta agli imprenditori e ai loro consulenti di familiarizzare con il nuovo assetto di regole sulla crisi, improntato a favorire l’emersione tempestiva dello squilibrio patrimoniale o economico finanziario dalle imprese, essendo ormai un dato acquisito che l’immediato intervento rende più semplice il ripristino della continuità aziendale, mentre la mancanza di azioni volte a ripristinare l’equilibrio è fonte di responsabilità per l’imprenditore (organo amministrativo) e per l’organo di controllo.

La Composizione negoziata si colloca tra gli strumenti contenuti nel CCII che favoriscono il tempestivo recupero dell’equilibrio, in quanto offre all’imprenditore di accedere a un percorso di risanamento del tutto volontario già alle prime avvisaglie di difficoltà. In particolare, l’imprenditore commerciale e agricolo può accedere alla CNC con la richiesta di nomina di un esperto indipendente, attraverso apposita piattaforma telematica gestita dalla camere di commercio, quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa. La nomina dell’esperto dovrebbe facilitare, all’interno del percorso di composizione negoziata, le trattative tra imprenditore, creditori ed eventuali soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione concordata per il superamento dello squilibrio.

Lo squilibrio cui fa riferimento la norma è di tipo patrimoniale o economico-finanziario e deve rendere probabile la crisi o l’insolvenza. Il concetto di crisi aziendale, ai sensi dell’art. 2 lett. a) del CCII, è definito come “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.

L’introduzione del concetto di crisi, il cui verificarsi consente all’imprenditore di poter attivare gli strumenti per la ristrutturazione aziendale previsti dal CCII, vuole spingere l’imprenditore a guardare in maniera prospettica, ai risultati attesi della gestione, al fine di intervenire prontamente per disinnescare ogni probabilità di futura insolvenza (forward looking). L’acceso alla CNC inoltre è possibile anche in caso ci si trovi davanti a una probabilità di crisi, ovvero in una fase precedente a quella che consentirebbe l’accesso

alle procedure concorsuali da ciò si ricava lo spiccato favore da parte del legislatore per la CNC che rappresenta il primo baluardo, rispetto alle procedure concorsuali, per risolvere la situazione di difficoltà.

La CNC non è uno strumento obbligatorio per l’imprenditore, che può volontariamente decidere se e quando ricorrervi e non rappresenta una procedura concorsuale, principalmente per il mancato concorso dei creditori e per l’assenza di spossessamento dell’imprenditore. Tuttavia, l’inerzia dell’imprenditore rispetto alla situazione di crisi potrebbe generare responsabilità, specie in caso di segnalazioni da parte dell’organo di controllo (art. 25-octies CCII) o dei creditori pubblici qualificati (art. 25-novies CCII) circa l’opportunità per l’impresa di accedere alla composizione negoziata.

La composizione negoziata sostituisce la procedura di allerta (nel titolo II parte I del CCII) con cui il legislatore aveva individuato un procedimento maggiormente strutturato con il coinvolgimento di organi esteri e del tribunale con il fine di segnalare all’impresa la situazione situazioni di crisi o insolvenza già conclamate. La CNC invece intende fornire al debitore uno strumento volontario per evitare la crisi, attivabile anche in caso di precrisi diversamente dagli altri strumenti.

La CNC presenta diverse semplificazioni e limita l’intervento giudiziale ai casi in cui l’imprenditore richieda una misura protettive e cautelari; l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili; l’autorizzazione al trasferimento dell’azienda o di suoi rami in esenzione della solidarietà prevista dall’art. 2560 c. 2 cod. civ., fatti salvi i diritti dei lavoratori come previsto dall’art. 2112 cod. civ.

La modalità di accesso alla composizione negoziata della crisi avviene attraverso una piattaforma telematica (https://composizionenegoziata.camcom.it) che contiene le informazioni necessarie e la modulistica per avviare la procedura, nonché consente ai vari soggetti coinvolti di interfacciarsi inserendo e scaricando documenti in un processo ben definito e guidato, con la finalità di favorire la conclusione di un accordo sostenibile con i creditori e le altre parti interessate.

La piattaforma, oltre a una serie di informazioni sulla composizione negoziata, contiene diversi strumenti innovativi, quali la check list particolareggiata sulla base delle specifiche esigenze imprenditoriali, da utilizzare come best practice per la redazione del piano di risanamento; il protocollo di conduzione dell’intera procedura di CNC che scandisce i modi e i tempi in cui si articola l’iter di composizione; il test pratico per la valutazione della concreta fattibilità del piano di risanamento.

La check list si presenta come una roadmap da seguire per redigere il piano di risanamento e consentire, al tempo stesso, di valutare la complessità del risanamento, coinvolgendo in alcuni passaggi anche l’esperto mediatore permettendogli di analizzare e valutare la coerenza del piano.

Il protocollo per la conduzione della composizione negoziata fornisce una guida, soprattutto all’esperto, per facilitare le trattative tra l’imprenditore, i creditori e tutti gli altri soggetti interessati, al fine di giungere ad un accordo di ristrutturazione del debito e ripristino dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa.

Il test pratico può essere utilizzato in via preventiva rispetto al deposito dell’istanza al fine di diagnosticare la situazione in cui si trova l’impresa e l’effettiva perseguibilità del risanamento.

Nella composizione negoziata l’intervento del tribunale resta limitato a specifiche ipotesi in cui l’imprenditore richieda autorizzazioni e protezioni che contrattualmente non sono possibili.

In particolare, l’intervento giudiziale è necessario qualora l’imprenditore richieda le misure protettive e cautelari (artt. 18-19 CCII); l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili (art. 22 CCII); l’autorizzazione al trasferimento di aziende o rami d’azienda senza gli effetti dell’art. 2560 c.c. (art. 22 CCII).

In tema di rinegoziazione dei contratti divenuti eccessivamente onerosi, nel CCII non è previsto l’intervento del tribunale che invece, ai sensi dell’art. 10 c. 2 del DL 118/2021, poteva “rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare

la continuità aziendale”. Il Tribunale, in principio non necessario per lo svolgimento della CNC, assume un ruolo significativo perché si inserisce negli aspetti determinati del percorso di risanamento in cui alcuni interessi dei creditori vengono contemperati rispetto all’esigenza di risanare l’impresa.

In merito alle misure protettive e cautelari nel CCII non trova applicazione il tradizionale automatismo, previsto nella legge fallimentare, in caso di apertura delle procedure. Le misure protettive e cautelari devono essere espressamente richieste dal debitore e sono soggette alla conferma del Tribunale.

Nella CNC l’istanza viene pubblicata nel registro delle imprese che, da un lato, garantisce effetti protettivi provvisori, dall’altro, fa venir meno il carattere di riservatezza della composizione negoziata. Cade quindi un rilevante vantaggio in termini di visibilità esterna della situazione di crisi di impresa, pertanto, l’imprenditore dovrà comparare i vantaggi per la ripresa della continuità aziendale legati all’interruzione delle azioni esecutive individuali già in corso o minacciate alla luce delle loro possibili conseguenze; con gli svantaggi in termini di perdita di riservatezza della composizione negoziata con conseguente pregiudizio sulla affidabilità dell’impresa per i fornitori, clienti, finanziatori, lavoratori e così via.

Le misure protettive nel CCII, rispetto al c.d. automatic stay del concordato preventivo disciplinato nella legge fallimentare (art. 168 l.f.), sono più ampie in quanto oltre al divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari e acquisire diritti di prelazione sui beni del debitore, sono aggiunte le seguenti protezioni ovvero l’estensione del divieto di azioni esecutive e cautelari anche ai beni e diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa, non parte del patrimonio del debitore (si pensi alla restituzione di beni strumentali o macchinari, sfratti dei locali di proprietà di terzi, restituzione di rami aziendali condotti in affitto dal debitore); il divieto per i creditori di rifiutare l’adempimento dei contratti o di risolverli o modificarli in danno dell’imprenditore, per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto (art. 18, c. 1 CCII); l’impedimento, fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza, della pronuncia di apertura della liquidazione giudiziale (art. 18, c. 4 CCII).

Le misure protettive, tuttavia, non trovano applicazione in relazione ai diritti di credito dei lavoratori. Inoltre l’imprenditore resta libero di pagare alcuni fornitori, per esempio quelli strategici per la continuità aziendale, diversamente da quanto previsto nel concordato, mentre potrà liberamente sospendere i pagamenti agli altri fornitori, tenuto conto che questi ultimi non potranno promuovere o proseguire azioni individuali.

L’istanza per la richiesta di misure protettive e cautelari può essere presentata contestualmente alla richiesta di nomina dell’esperto, da cui prende avvio la composizione negoziata, oppure successivamente lasciando all’imprenditore la libertà di scegliere il momento in cui fare ricorso alle misure protettive, anche in relazione alla durata massima prevista e a sopraggiunte azioni o minacce di azioni esecutive.

Le misure protettive possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti, determinati creditori o categorie di creditori. Tale disposizione nel DL 118/2021 era inserita nell’art. 7 (corrispondente all’art. 19 del CCII), relativo al procedimento per ottenere conferma delle misure dal tribunale, mentre nel CCII trova spazio nell’art. 18, corrispondente all’art. 6 del DL 118/2021, ossia nelle regole di diritto sostanziale che disciplinano le misure protettive. La richiamata diversa collocazione della disposizione che consente all’imprenditore di modulare la protezione solo ad alcuni crediti, a parere di chi scrive conformemente ad autorevole dottrina, ha impatti interpretativi rilevanti.

La giurisprudenza di merito, in applicazione della disposizione che consente all’imprenditore di decidere a quali creditori applicare le misure protettive, si era divisa tra l’orientamento per cui le misure protettive hanno efficacia erga omnes e l’orientamento per cui, invece, le misure hanno sempre una portata limitata alle sole iniziative già in atto o minacciate da parte di determinati creditori, che quindi l’imprenditore deve indicare nella stessa istanza di applicazione delle misure.

Si ritiene, quindi, che l’inserimento della disposizione sulla gradazione del livello di protezione nella norma di diritto sostanziale (art. 18 CCII) sia finalizzata a consentire il superamento di una posizione interpretativa eccessivamente garantista nei confronti dei creditori, per cui la protezione riguarda solo le iniziative in essere o minacciate, mentre dovrebbero essere oggetto di ulteriori istanze eventuali azioni successive da parte dei creditori.

La norma, dunque, a maggior ragione dopo l’inserimento nell’art. 18 del CCII della possibilità di limitare le misure protettive ad alcuni creditori, dovrebbe essere interpretata nel senso di consentire una protezione erga omnes, evitando di ricorrere a un numero imprecisato di procedimenti tutte le volte che nuovi creditori avanzino pretese.

Da un punto di vista procedurale, l’imprenditore che intende giovarsi delle misure protettive e cautelari iscrive la richiesta delle misure nel registro delle imprese (art. 18 c. 1 CCII); inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione circa l’esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi per l’apertura della liquidazione giudiziale o per l’accertamento dello stato di insolvenza (art. 18 c. 2 CCII); può chiedere l’applicazione delle misure protettive limitatamente a determinate iniziative intraprese dai creditori o categorie di creditori (art. 18 c. 3 CCII); presentare ricorso al Tribunale competente, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza per le misure e dell’accettazione dell’esperto, per ottenere conferma delle protezioni e, ove necessario, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative; richiede, entro trenta giorni dall’iscrizione dell’istanza per le misure, la pubblicazione nel registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato con ricorso; deposita insieme al ricorsoi bilanci degli ultimi 3 esercizi oppure, quando non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi 3 periodi di imposta; una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso; l’elenco dei creditori, individuando i primi 10 per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella; un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2 CCII, un piano finanziario per i successivi 6 mesi e un prospetto delle iniziative che intende adottare; una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata; l’accettazione dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 13, c. 6, 7 e 8 CCII, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

Il tribunale entro 10 giorni dal deposito del ricorso fissa l’udienza. Il ricorso, unitamente al decreto, è notificato dal ricorrente, anche all’esperto, con le modalità indicate dal tribunale che prescrive, ai sensi dell’articolo 151 del c.p.c., le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento. In tema di notifica alcuni tribunali, muovendo dall’ipotesi che le misure siano limitate ad alcuni creditori, hanno richiesto la notifica solo ai soggetti incisi dalle misure. In altri casi, invece, è stata richiesta la notifica a tutti i creditori, soprattutto dai tribunali che hanno riconosciuto alle misure protettive una efficacia erga omnes.

Il tribunale può decretare l’inefficacia delle misure qualora il ricorso non sia stato depositato entro 1 giorno dalla registrazione della richiesta di misure protettive nel registro delle imprese; nel termine di 10 giorni dal deposito del ricorso da parte dell’imprenditore, il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza. In tali ipotesi la domanda di misure protettive e cautelari può essere riproposta.

Le misure protettive, passando per il vaglio del tribunale in composizione monocratica, possono essere confermate esclusivamente quando il tribunale si convince che esiste una ragionevole probabilità di perseguire il risanamento (fumus boni iuris); reputa che le misure – nel rispetto della gradazione necessaria tra i vari interessi – abbiano una utilità finalistica e funzionale per raggiungere il risultato del risanamento e, pertanto, la loro assenza potrebbe pregiudicare il salvataggio (periculum in mora).

Il giudice è, quindi, chiamato ad operare un bilanciamento tra gli interessi del debitore e le aspettative dei creditori effettuando una valutazione ex ante – non un giudizio ex post come comunemente avviene nei giudicati – sull’utilità del percorso che dovrebbe restituire valore alla collettività e nuove opportunità all’imprenditore, senza pregiudicare ingiustamente i creditori. Il giudice in questa delicata valutazione può fare ricorso ad un ausiliario ai sensi dell’art. 68 del c.p.c. che dovrà fornire supporto nel misurare le potenzialità dell’impresa e al contempo a fare emergere le criticità dell’attività svolta. Il legislatore non ha pensato alla figura del commissario giudiziale in questo caso ma le similitudini tra le due figure ha portato la dottrina a definire l’ausiliario un mini-commissario.

La conferma delle misure protettive avviene con ordinanza del tribunale che stabilisce la durata, non inferiore a 30 e non superiore a 120 giorni, nonché dispone i provvedimenti cautelari (art. 18 c. 4 CCII).

Il giudice, su istanza delle parti e acquisito il parere dell’esperto, può prorogare la durata delle misure disposte per il tempo necessario ad assicurare il buon esito delle trattative per una durata complessiva massima di 240 giorni.

Le misure protettive e cautelari possono essere revocate, in qualsiasi momento, su istanza di uno o più creditori o su segnalazione dell’esperto (art. 19, c. 6 CCII). È prevista anche l’istanza dello stesso debitore, finalizzata evidentemente a non far decorrere il termine complessivo massimo di disponibilità delle misure (240 giorni a fonte di una durata complessiva della composizione che può raggiungere anche 360 giorni) ove le stesse non risultino più strettamente necessarie.

Ulteriori ipotesi che possono comportare la revoca delle misure sono l’archiviazione della CNC a seguito di relazione negativa dell’esperto; la manifestazione di dissenso da parte dell’esperto ad atti di straordinaria amministrazione che siano stati ugualmente compiuti dall’imprenditore (art. 21, c. 5 CCII).

La protezione del patrimonio, prevista dagli artt. 18 e 19 del CCII, consente all’impresa di cristallizzare la situazione patrimoniale al momento in cui le trattative vengono avviate, evitando la corsa alla costituzione di posizioni privilegiate da parte dei creditori, senza impedire l’effettuazione dei pagamenti da parte dell’imprenditore che, nel rispetto del piano di risanamento, evitino pregiudizi per i creditori.

La protezione del patrimonio, fa perdere la riservatezza dell’iter di CNC, ma consente di inibire le azioni esecutive dei creditori; di effettuare i pagamenti da parte dell’imprenditore funzionali al risanamento.

Le misure protettive sono quelle elencate, o tipizzate, nell’art. 18 del CCII, ossia il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore; iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.

Tuttavia, con ricorso giudiziale se ne possano aggiungere altre da sottoporre al giudice chiedendo l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. Trattasi di misure atipiche, ossia non tipizzate dalla normativa.

La mancata tipizzazione delle misure cautelari ha posto dubbi circa la loro portata. In particolare sulla possibilità o meno di disporre in via cautelare atipica degli effetti propri di provvedimenti funzionali a piani di risanamento previsti dalla disciplina del concordato preventivo, quali la sospensione o scioglimento di contratti pendenti o l’inefficacia dell’iscrizione di ipoteche giudiziali nell’imminenza del deposito dell’istanza di nomina dell’esperto (alcune pronunce di merito lo hanno escluso ma resta un aspetto di interesse e fonte di probabili evoluzioni). La dottrina ha individuato come possibili le misure cautelari quali l’interruzione delle segnalazioni nella centrale rischi, oppure l’ordine di rilasciare il DURC.

L’avvio poco fortunato della CNC ha generato l’interesse del legislatore che è intervenuto con alcune disposizioni volte a rilanciare l’innovativo strumento di composizione della crisi di impresa. Le norme che modificano alcune disposizioni sulla composizione negoziata della crisi, introdotte dall’art. 38 del DL 24

febbraio 2023 n. 13, tuttavia non contemplano l’auspicata possibilità di accedere alla transazione fiscale attraverso l’iter di composizione negoziata. Il decreto legge approvato in un primo momento dal Consiglio dei ministri il 16 febbraio 2023, il cui testo era circolato in anteprima, aveva previsto l’accesso alla transazione fiscale anche agli imprenditori che intraprendono il percorso di composizione negoziata, pur in assenza di cram down. La versione definitiva del decreto, invece, contenuta nell’art. 38 del DL 13/2023, non contempla più la possibilità di procedere con la transazione fiscale nell’ambito della composizione negoziata della crisi.

Il matrimonio tra transazione fiscale e composizione negoziata sembra rimandato oppure fallito, si vedranno in sede di conversione eventuali modifiche o ripensamenti al riguardo. Nel frattempo, il richiamato art. 38 del DL 13/2023 prevede interessanti interventi per dare slancio alla composizione negoziata.

In primo luogo, viene concessa una maggiore dilazione per il pagamento dei debiti tributari che, nel testo disciplinato dall’art. 25-bis del CCII era fissata in un massimo di 72 rate mensili. Il richiamato art. 38 incrementa a 120 il numero di rate mensile per la dilazione dei debiti tributari. In particolare, la nuova disposizione, in caso l’imprenditore raggiunga un accordo ai sensi dell’art. 23 c. 1 lett. a) o lett. c) del CCII, consente all’Agenzia delle entrate di accordare, su richiesta dell’imprenditore, un piano di rateazione fino ad un massimo di 120 rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, IVA, IRAP non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori. In secondo luogo, le nuove disposizioni consentono – in caso di accordi raggiunti ai sensi dell’art. 23 comma. 1 lett. a), lett. c) e comma 2 lett. b) del CCII con riduzione dei crediti – la possibilità di emettere note di variazione in diminuzione dell’IVA, ai sensi dell’art. 26, c. 3-bis, DPR 633/72, come previsto per le procedure concorsuali e per i piani attestati di risanamento. In terzo luogo al fine di accelerare l’accesso alla composizione negoziata, al momento della presentazione dell’istanza di cui all’articolo 17 del CCII, l’imprenditore può depositare, al posto del certificato unico dei debiti tributari, della situazione debitoria complessiva presso l’Agenzia riscossione, del certificato dei debiti contributivi e assicurativi, una dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 46 del DPR 445/2000 con la quale attesta di avere richiesto, almeno 10 giorni prima della presentazione dell’istanza di nomina dell’esperto, le certificazioni medesime. In questo modo molte delle domande, non perfezionate perché i tempi di ottenimento dei richiamati documenti variano da 30 a 45 giorni, potranno prendere un celere avvio.

Gli operatori di settore in vari lavori e tavoli di discussione sulla composizione negoziata hanno messo in luce il fatto che molte imprese presentano una situazione debitoria difficile nei confronti del fisco, degli enti previdenziali. In relazione a tali debiti con creditori pubblici qualificati la composizione negoziata non offre concrete possibilità di soluzione, considerati i limitati benefici previsti nella misure premiali, quindi, la possibilità di poter accedere tramite questo strumento alla transazione fiscale, pur senza cram down, avrebbe potuto dare slancio a uno strumento moderno che dovrebbe rappresentare il paracadute, prima dello schianto, per le imprese in difficoltà.

La composizione negoziata è evidentemente in crisi, avendo una diffusione molto inferiore rispetto alle stime iniziali e rispetto alle esigenze del tessuto imprenditoriale duramente appesantito dalla pandemia prima e dagli effetti del conflitto in Ucraina con l’aumento generalizzato delle materie prime.

La scarsa diffusione della CNC trova giustificazione nella necessità di un cambiamento culturale da parte degli imprenditori, circa la possibilità di intervenire in maniera preventiva sul nascere dei primi segnali di squilibrio patrimoniale o economico finanziario dalle imprese. La mancata possibilità di trattare i debiti fiscali e previdenziali all’interno della CNC rappresenta un ulteriore limite, in quanto le imprese, specie di piccole e medie dimensioni, si trovano con debiti fiscali nonché previdenziali rilevanti e da gestire. La possibilità di inserire un sistema di transazione fiscale nella CNC poteva essere una soluzione che, da un

lato, avrebbe attratto maggiormente gli imprenditori verso questo strumento, dall’altro, avrebbe contribuito al cambio di mentalità.

Gli ulteriori limiti nell’utilizzo della CNC sono legati a una strutturazione delle fonti di finanziamento delle imprese italiane eccessivamente dipendenti dal credito bancario ciò rende la trattativa spesso oltremodo subordinata alle decisioni della banca, togliendo molto spazio alla dialettica tra creditori e imprenditore ipotizzata dal legislatore.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares