Visitare i Capitolini: dalla Roma repubblicana al Grand Tour

I Musei Capitolini sono stati i primi musei al mondo ad aprire al pubblico: inaugurati in questa forma pubblica nel 1734 da papa Clemente XII Corsini (sulla base di una collezione di matrice prevalentemente pontificia già esistente, il cui nucleo risaliva alla donazione di Sisto IV della Rovere nel 1471) sono stati progressivamente ampliati tramite l’acquisto di collezioni successive.

Le testimonianze della storia secolare del luogo in cui sorgono i Musei Capitolini sono molteplici e sono inserite nel percorso di visita: è uno di quei luoghi nei quali è possibile vedere con facilità l’affastellarsi dei secoli, delle forme politiche e dei governi, immedesimandosi per qualche momento con visitatori o passanti di diverse epoche, a noi più o meno lontane.

Trasferendoci virtualmente nella Roma repubblicana, dopo aver percorso la Galleria Lapidaria e aver fatto qualche rampa di scale, è possibile godere di una vista sul Foro Romano, immediatamente al di sopra del Tempio di Saturno. Il luogo dal quale ci si sta affacciando per godere di tale panorama, però, è altrettanto vetusto e ricco di storia: si tratta del Tabularium, l’antico archivio della Repubblica romana, custode della sua storia istituzionale e legislativa. Non a caso sulle rovine del Tabularium è stato costruito il Palazzo Senatorio (che oggi conclude con scenografica monumentalità la Piazza) che ha proseguito, sebbene nell’ambito di una Roma medievale, dalla forma politica mutata e dal ruolo internazionale fortemente ridimensionato, la vocazione politica, comunale, di uno degli edifici più importanti della Roma repubblicana.

Il luogo per esso scelto era infatti attiguo sia al Foro, cuore pulsante e motore della pullulante comunità romana, che al centro religioso più identificativo della primissima Roma: il Tempio di Giove Capitolino che, nonostante la scarsa clemenza del tempo, ancora riesce a giganteggiare nelle sue immense rovine, visibili anch’esse nel corso della visita, che riportano ad una religiosità imponente, solida, svettante in un paesaggio naturale fiero come le aspirazioni della sua città.

Il primo secolo che si incontra visitando i Capitolini è, però, il XVI: la Piazza, con la sua straordinaria pavimentazione culminante nella statua equestre di Marco Aurelio (oggi in copia, l’originale si trova, per ragioni conservative, all’interno del Museo), è opera di Michelangelo Buonarroti, così come il Palazzo Nuovo (su modello del Palazzo dei Conservatori realizzato per Niccolò V da Bernardo Rossellino); l’orientamento stesso della piazza – precedentemente aperta verso il Foro e rivolta invece da quel momento verso il Vaticano – risale a questi interventi: il committente, papa Paolo III Farnese, stava dichiarando anche da un (ulteriore) punto di vista urbanistico che la vita politica di Roma non riguardava più l’eredità repubblicana, imperiale o comunale, ma la Chiesa, il cui monarca assoluto era il Pontefice.

Passando al Settecento, epoca del Grand Tour, viaggio d’istruzione intrapreso da tutti i giovani ricchi d’Europa a completamento della loro educazione (fortemente votata all’antico), Roma era meta culminante di questo lungo viaggio, destinazione agognata e celebrata nei molti diari dei viaggiatori – alcuni particolarmente illustri – come miracolo, vision lungamente anticipata soltanto dai loro sogni ad occhi aperti.

Se volessimo sperimentare parte della visita capitolina di questi nobili europei – che soggiornavano in Italia per settimane o mesi, si facevano ritrarre accanto alle loro opere preferite dai ritrattisti più famosi e che, soprattutto, acquistavano pezzi antichi con i quali arricchire, una volta tornati in patria, le collezioni familiari – dovremmo recarci in due sale dei Musei Capitolini: quella dei Filosofi e quella degli Imperatori. Entrambe infatti mantengono la sistemazione museale settecentesca, figlia della febbre collezionistica che attraversa l’Europa moderna, con i busti raffiguranti quegli stessi personaggi che popolavano anche gli scaffali delle librerie di questi amanti dell’antico stipati l’uno accanto all’altro su più mensole, una statua al centro della sala a connotarne il carattere completandone al contempo la scenografia e pareti ricolme di rilievi.

Una sistemazione un po’ affollata, per la nostra sensibilità di visitatori moderni, ma adatta, con la sua antichità teatralizzata, a suscitare quel senso di mancamento – descritto con enfasi da molti di questi ammirati viaggiatori nei loro diari – di fronte alla quantità sterminata e alla rara bellezza dei tesori conservati nella città eterna.

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