Il Trittico Stefaneschi: un capolavoro di Giotto nella Pinacoteca Vaticana

Dopo aver superato i controlli ed essere giunti di fronte al primo dei tanti bivi che il visitatore dei Musei Vaticani dovrà affrontare, molti seguono pieni di entusiasmo le indicazioni dei cartelli che li invitano a girare a sinistra, irresistibilmente attratti dalle mete che quei cartelli promettono – “Cappella Sistina”, “Stanze di Raffaello” – e comprensibilmente si lanciano verso le scale desiderosi di cominciare il percorso.

Ma alla destra del visitatore si trova un edificio, la Pinacoteca Vaticana, il cui allestimento è stato pensato come una linea del tempo nella quale è possibile passeggiare, un manuale di storia dell’arte – nello specifico della pittura sacra dal XIII al XIX secolo – del quale sfogliare le pagine sala dopo sala.

Nella seconda di queste sale è conservato il Trittico Stefaneschi, la cui precedente collocazione era particolarmente prestigiosa: si trovava sull’altare maggiore della vecchia S. Pietro, la basilica voluta da Costantino, sorta tra il 319 e il 322 d.C. e rimasta in piedi fino al pontificato di Giulio II Della Rovere, il papa che decise di demolirla per far posto a quella che poi sarebbe diventata la S. Pietro odierna.

Commissionato a Giotto e alla sua bottega dal cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi e realizzato tra il 1315 e il 1320, il Trittico è dipinto su entrambi i lati per via della sua originaria funzione, quella di separare il clero dai fedeli durante i riti: mentre gli officianti avevano di fronte Cristo in trono tra angeli e beati (e il committente, in ginocchio) e, nei pannelli laterali, i martirii di S. Pietro e S. Paolo, i fedeli pregavano invece di fronte a S. Pietro, tipicamente raffigurato con le chiavi in mano, al quale il cardinal Stefaneschi in ginocchio sta offrendo il modellino del Trittico – minuziosamente descritto, del quale è riprodotta anche la perduta cornice originaria, dorata e riccamente decorata da pinnacoli e gattoni – e, nelle tavole laterali, i santi Giacomo e Paolo a sinistra e S. Andrea e S. Giovanni Evangelista a destra.

Le predelle – i pannelli figurati che stanno alla base del polittico – dalla parte dei sacerdoti sono tutte conservate e raffigurano la Vergine in trono con il Bambino, due angeli e gli apostoli, mentre di quelle dal lato dei fedeli è sopravvissuta solo quella centrale, nella quale trovano posto tre santi.

La qualità pittorica, la calda luce dell’oro, la rappresentazione tipicamente giottesca di uno spazio credibile ed abitabile e l’ordinata composizione delle molte figure, che conferiscono all’opera il suo valore, trovano la loro esaltazione nel percorso ideale nel quale il Trittico è inserito: proseguendo nelle sale infatti si ripercorre l’evoluzione di quell’arte nuova che nella lezione di Giotto ha trovato una delle sorgenti della sua rivoluzione.

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