Tempio di Giove Anxur, il santuario sul mare

Arcate mastodontiche ed un enorme terrazzo affacciato sulla scogliera alla sommità del Monte Sant’Angelo: è il tempio di Giove Anxur a Terracina. L’imponenza e l’impatto scenografico di cui gode, sembra raccontare quelle stesse leggende che i cantori con la lira intonavano per le strade della Roma di un tempo. Solitario, Colora il paesaggio della cittadina di atmosfere lontane, di antichi fasti ormai dimenticati.

Fu costruito dai romani come principale luogo di culto lungo la Via Appia che collegava Roma a Capua. Di recente si è iniziato a supporre che il santuario fosse dedicato a Venere e non a Giove come si pensava. Un’iscrizione a Venere è stata infatti trovata nei pressi del tempio anche se secondo alcuni studiosi è possibile che sia stata trasportata solo in un secondo momento dal tempio di Venere del Circeo.
Dal punto di vista architettonico si inserisce nel quadro dei grandi santuari romani di età repubblicana del Lazio, costruiti tra il II e il I secolo a.C. su imponenti costruzioni a terrazze quali ad esempio il santuario di Ercole a Tivoli e il santuario della Fortuna Primigenia a Palestrina. La tecnica edilizia utilizzata, comune a tutti questi gradi santuari, è quella del conglomerato cementizio rivestito da paramenti lapidei o marmorei, che permetteva la costruzione di grandi edifici in tempi brevi ed a costi contenuti.
Il tempio fu distrutto e incendiato dopo l’epoca romana, e durante il medioevo, nella zona del cosiddetto “piccolo tempio” si insediò un monastero benedettino e venne addirittura fortificato durante un’azione militare. Di questo periodo restano alcuni affreschi, i resti di una torre quadrata e di una cinta muraria. L’area venne abbandonata alla fine del XVI secolo, per via dello spopolamento di Terracina a seguito di varie ondate di epidemie. Nel 1894 furono condotti i primi scavi che hanno portato al museo comunale oggi visitabile. Ogni estate, l’ente che lo gestisce organizza delle ricostruzioni dal vivo con proiettori e giochi di luce di come avrebbe dovuto essere in origine tutto il complesso architettonico.

 

Testo e foto di Manuel Grande

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