TASSAZIONE E CULTURALITA’

In Italia, è notorio, vi sono molteplici sito d’interesse storico e artistico, che non hanno eguali nemmeno nelle altre nazioni d’Europa e nel mondo, ragion per cui è indubbiamente dalla valorizzazione di tale patrimonio che si deve iniziare per progettare un rilancio dell’economia che si dimostri sostenibile anche sul piano umano e ambientale.

Da qui l’urgenza di riconsiderare il ruolo che i beni culturali esercitano nell’aspetto economico della vita civile del Paese, abbinando agli odierni programmi di tutela, appropriati progetti di valorizzazione, da interpretare non solo come garanzia di fruizione dell’opera d’arte da parte del pubblico, ma proprio come creazione di valore, ed in definitiva, di ricchezza, per conseguenza del suo sfruttamento.

Il Testo Unico n. 917 del 22/12/1986, all’Art. 15 regolamentava le detrazioni IRPEF pari al 19% per le erogazioni liberali e donazioni di opere d’arte a favore dello Stato, delle Regioni, degli Enti Locali Territoriali. Questo incentivo ha permesso alle Regioni meno ricche di istituire propri musei. In Calabria, ad esempio, non era presente un museo di arte contemporanea con propria collezione permanente e l’unico è stato realizzato con donazioni private di artisti.

IL regime fiscale riguardante gli immobili di interesse storico – artistico: L. 20 giugno 1909, n.364; L. 1 giugno 1939, n.1089, il D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490; è stato quasi sempre calcolato in relazione alla compensazione degli onerosi obblighi di conservazione e manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento in onere dei proprietari di detta tipologia di beni, ed in riconoscimento del ruolo sociale dei detentori confermati dalla Corte Costituzionale e Cassazione a Sezioni Unite.

Corte Cass., SS. UU., sentenza 9 marzo 2011, n. 5518: “tener conto del fatto che i proprietari degli immobili appartenenti alla tipologia considerata debbono affrontare, nell’interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali, costi di manutenzione così rilevanti da rendere non sicuramente determinabile il reddito effettivo”.

La Corte Costituzionale, sentenza 28 novembre 2003, n. 346, aveva asserito che: “beneficio fiscale relativo agli immobili di interesse storico o artistico, in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione”.

Il Governo Monti (D. L. 2 marzo , n. 16), benchè siano rimasti invariati gli obblighi conservativi e di manutenzione, i relativi oneri, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento, ha introdotto la tassazione per gli immobili soggetti a vincolo, IMU e IRPEF, compromettendone le condizioni di restauro e buona conservazione, e specialmente, inserendole indiscriminatamente anche alle città più indietro, non contemplando le criticità, ha in realtà condannato alla rovina numerosi palazzi del sud Italia.

Palermo, ad esempio, è una delle rare città europee con edifici monumentali vincolati ancora bombardati sui pricipali assi viari: Palazzo Papè di Valdina e Ventimiglia di Geraci su Corso Vittorio, Beninati Ventimiglia in via del Bosco, Bonagia in via Alloro, e altri centinaia in abbandono compresi tutti quelli dei Quattro Canti cuore ed emblema della città storica.

Le norme introdotte che permangono non hanno valutato l’enorme disuguaglianza fra l’economia di Milano o l’appetibilità dei palazzi di Roma, ricercati da ambasciate, rappresentanze ecc., con realtà in cui il loro mercato è irrilevante, la destinazione limitata, i costi di recupero al valore finale, ed i finanziamenti pubblici a loro sostegno più teorici che effettivi, con il risultato devastante di produrre il loro totale deterioramento.

La Finanziaria ha infatti immesso il limite delle detrazioni fiscali entro il limite di euro 120.000 di reddito annuo. Da 120.000 a 240.000 la percentuale diminuisce sino ad azzerarsi.

Partendo dal presupposto che l’arte contemporanea di qualità ha quotazioni rilevanti, gli artisti riconosciuti non riacquisterebbero neanche i costi di produzione, né i musei del sud sono di tale prestigio da permettere tale strategia. In questo modo, compirebbero soltanto la missione sociale di portare l’arte contemporanea dove non c’è, mentre il Governo non riconoscendo neppure questo ruolo, mina la realizzazione o il completamento di musei, incrementando la disparità culturale tra le realtà territoriali.

Negli USA, le detrazioni delle persone fisiche agli enti pubblici sono del 50% (norme federali e statali), nel UK del 30% (Finance Act 2012, Cultural Gift Scheme), questi riconoscimenti hanno prodotto un sistema virtuoso che ha determinato i musei più importanti al mondo.

In Italia non c’è la propensione a donare agli enti pubblici, e la finanziaria compromette i pochi casi in essere che hanno cercato di portare l’arte dove le amministrazioni pubbliche non sono riuscite a fare. Nasce in questa prospettiva, la necessità di riconsiderare alla fiscalità dei beni culturali, analizzando gli attuali regimi disciplinati in relazione ai beni culturali sia pubblici che privati, non sono risultati coerenti con il bisogno di tutelare la promozione e l’opportuna valorizzazione.

L’odierno momento storico, contraddistinto dalle gravi insicurezze sul futuro provocate dalla diffusione del Covid-19, ci obbliga infatti a riflettere al ruolo della fiscalità nel campo della cultura, che, quando saranno superate le restrizioni causate dall’epidemia, potrà sicuramente impegnarsi ad assumere un ruolo centrale nel rilancio dell’economia nazionale.

Si constata nell’attuale legislazione, per ciò, il limite nella destinazione esclusivamente pubblica delle erogazioni oggetto di agevolazione, essendo stata esclusa dalla partecipazione all’incentivo ogni possibile erogazione a beneficio di beni culturali di proprietà privata.

Anche le misure previste per gli interventi di restauro eseguite dai proprietari sugli immobili vincolati, disciplinati dagli art. 15, lett. G) e 100, lett. D), TUIR, risultano oggi, largamente insufficienti ad assicurare al privato le risorse indispensabili alla realizzazione di interventi, che anche tenendo presente dei vincoli esistenti, si mostrano di grande onerosità. Specialmente la detrazione dell’imposta lorda al 19% sostenuta per le operazioni di restauro degli immobili vincolati risulta totalmente inutile se rapportata agli ultimi provvedimenti avutosi per l’edilizia, riguardanti, il potenziamento dei bonus previsti per gli interventi di efficientamento energetico ed adeguamento antisismico degli edifici, la cui percentuale di detrazione è stata innalzata nella misura del 110%. Infatti le detrazioni, precisamente disciplinate per il restauro dei beni vincolati, non usufruiscono attualmente dell’utilizzo nella formula della cessione concernente il relativo credito d’imposta, per gli altri incentivi all’edilizia (art. 121, d.l. n. 34/2020), che permette di avere subito la liquidità necessaria per lo svolgimento dei lavori. Sarebbe stato, quindi, sicuramente più vantaggioso elevare la percentuale di detrazione anche per le operazioni di restauro per gli edifici vincolati, e soprattutto ampliare anche ad essi l’opportunità di servirsi, in luogo della detrazione, della cessione del credito d’imposta. Ulteriormente, prendendo atto del profondo sistema di monitoraggio che è proprio degli interventi di restauro sulle dimore vincolate, potevano essere approvate le stesse limitazioni oggi previste alla responsabilità degli eventuali cessionari dei crediti maturati dai proprietari.

La disciplina fiscale relativa ai beni culturali privati oscilla fra il riconoscimento di agevolazioni dirette a compensare la minore utilità economica e la diffidenza nei riguardi dei detentori di tali immobili, spesso considerati come una categoria di privilegiati meritevoli di un più gravoso prelievo.

In conclusione, l’inadeguatezza degli odierni strumenti fiscali crea, una riflessione sulla funzione che dovrebbe essere destinata alla fiscalità inerente ai beni culturali, modificando le misure fiscali di oggi, e affiancando alle agevolazioni odiernamente presenti, incentivi diretti a stabilire le condizioni per una tutela e valorizzazione del patrimonio culturale privato anche di tipo economico.

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