Alcuni superstiti della San Pietro costantiniana nella basilica odierna

Camminando nell’immensa costruzione che è oggi San Pietro in Vaticano è difficile immaginare come potesse essere la basilica paleocristiana che l’ha preceduta.

È possibile però, aguzzando la vista, ritrovare alcuni superstiti dell’edificio voluto dall’imperatore Costantino agli inizi del IV secolo per celebrare la memoria del luogo di sepoltura dell’apostolo Pietro, come parte del suo programma di appoggio politico – non dettato, come si tende a credere, dalla fede, ma da oculate considerazioni per la salvaguardia dello stato – alla religione cristiana, sempre più diffusa e utile alla gestione di un impero in crisi.

Fu la San Pietro che videro i secoli fino al XV, quando il pontefice Giulio II Della Rovere decise di sostituire alla vecchia (e non in ottime condizioni) basilica un edificio al passo con le novità dell’arte e dell’architettura e che fosse in grado di promuovere adeguatamente la nuova immagine di potenza terrena, oltre che spirituale, erede dell’impero romano, che la Chiesa aveva assunto ormai da secoli.

Nel 1506 dunque iniziò la demolizione della basilica tardo-antica e contestualmente la costruzione del nuovo edificio, quello che visitiamo oggi, il cui primo architetto fu Donato Bramante.

Facendo scendere lo sguardo dalla Cupola si noterà che i quattro pilastri che la sorreggono sono dotati di balconcini, ognuno ornato, tra le altre cose, da due colonne vitinee – ossia avvolta da tralci di vite – che provengono proprio dall’antica basilica di Costantino.

Un’altra è stata posta al termine del percorso del Museo del Tesoro di Pietro, accessibile dalla navata di sinistra, che conserva, tra le molte bolle papali, codici miniati e arredi sacri di ogni epoca, anche il Sarcofago di Giunio Basso, la Tomba di papa Sisto IV Della Rovere (opera di Antonio del Pollaiolo), il Tabernacolo di Donatello e il modello in creta realizzato da Bernini per uno degli angeli del Ciborio.

E a proposito del Ciborio, il modello per le colonne che lo sorreggono furono per Bernini proprio le colonne vitinee della San Pietro costantiniana, alle quali l’artista ha aggiunto, svolazzanti tra i tralci, delle api; scelta non casuale, poiché le api rimandano chiaramente allo stemma della famiglia del papa committente, Urbano VIII Barberini.

Anche il bronzo dorato del quale è fatto il Ciborio ha origini antiche; stavolta non si tratta della basilica precedente, ma del Pantheon: non disponendo del costosissimo bronzo necessario alla fusione e nemmeno delle finanze per acquistarlo, Urbano VIII ha pensato di risolvere il problema rifornendosi gratuitamente dal soffitto a cassettoni del pronao del Pantheon. “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”.

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