Sulla relazione educativa

Qualche anno fa rimasi particolarmente colpito da questa immagine e, una volta salvata, vi tornai a riflettere diverse volte. L’elemento simbolico più significativo è rappresentato dalla fessura che divide l’insegnante, rappresentata con espressione autoritaria, dallo studente, che mostra invece sbigottimento e confusione. Cos’è che manca, mi sono chiesto, in questa rappresentazione dell’ora di lezione?

Ritengo che sia evidente l’assenza proprio di ciò che invece dovrebbe immediatamente saltare agli occhi, vale a dire la relazione educativa tra docente e discente, e sono la fessura centrale, la dispersione delle nozioni elargite e le espressioni dei rispettivi protagonisti a confermarlo. In effetti è proprio questo ciò che accade – fortunatamente non in tutti i casi – durante le sessioni di lezione frontale. La fessura che separa l’insegnante dal discente non è altro che quel divario esistenziale che allontana sempre più il nozionismo verso cui, nella quasi maggioranza dei casi, scadono le lezioni frontali e il mondo-della-vita di ogni singolo studente che da quelle nozioni, spesso così asetticamente confezionate e distribuite, sembra esserne infitamente distante. Coerentemente a quanto illustri pensatori del nostro tempo vanno sostenendo (ne ricordo due, sebbene non siano gli unici: Umberto Galimberti e Massimo Recalcati) per poter colmare quella fessura che separa l’insegnante dai suoi discenti è necessario un ponte relazionale – di natura erotica direbbero i due pensatori sopracitati – in grado di unire innanzitutto le anime dei protagonisti dell’azione educativa.

Senza questo genere di relazione umana, ancor prima che accademica, la lezione rischia di scadere in una prestazione offerta ad un gruppo di persone che a fatica riescono ad intravedere il senso di ciò che via via viene loro proposto. Anche quando quelle nozioni riescono ad essere introiettate ed elaborate non si cancella il rischio di una costruzione del sapere sganciata da ogni orizzonte di senso che trascenda le ristrette dinamiche della prestazione finalizzata al superamento delle prove di verifica e al conseguimento del titolo scolastico o accademico. Pertanto si prospettano per il prossimo futuro alcune necessità: innanzitutto la trasformazione della lezione frontale, che è una modalità di elargizione della conoscenza di tipo trasmissivo, in una lezione di tipo interattivo, durante la quale gli studenti – tutti gli studenti, oguno secondo le proprie possibilità – assumano fin dall’inizio un ruolo attivo nella costruzione del sapere.

Risulta quindi necessario per ogni insegnante elaborare una metodologia d’insegnamento in grado di giungere con forza all’intero gruppo classe, considerato nella sua poliedrica varietà interna, senza negare agli studenti la possibilità di autopercepirsi come parte attività del processo educativo. Si potrebbe dire che la lezione, per essere realmente efficace, dovrebbe avvicinarsi di più al modello del dialogo socratico e non ad una sterile comunicazione documentaristica. Gli effetti positivi di una simile metodologia si coglierebbero immediatamente anche sotto il profilo comportamentale. In effetti, molti comportamenti-problema e molte distrazioni si verificano durante quelle interminabili lezioni frontali che, fondate sull’imperativo dell’ascolto passivo, divaricano sempre più quel divario ben espresso simbolicamente nell’immagine riportata più sopra. Gli studenti, in questi casi, diventano irraggiungibili e perciò maleducati, disinteressati, oppositivi e annoiati. Bisogna quindi che gli insegnanti comprendano che è la relazione che veicola l’informazione e non il contrario. Quando questa verità antropologica sarà finalmente interiorizzata sono certo che i registri scolastici vedranno un calo drastico delle note disciplinari e molta più serenità si diffonderà tra i genitori nelle ore successive agli incontri scuola-famiglia.

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