Suicide Squad – Missione suicida: la vendetta della DC

Dite la verità, e non abbiate paura di ammetterlo a voi stessi: alzate la mano se avete pensato o state pensando di dare una chance al nuovo Suicide Squad per via della storia del regista James Gunn.

A causa di alcuni tweet a tema Olocausto, Aids, pedofilia, stupro e attentati, risalenti alla prima decade degli anni 2000 -prontamente cancellati ma miracolosamente riapparsi anni dopo- James Gunn, regista dei primi 2 film dei Guardiani della Galassia, è stato licenziato in tronco dalla Disney nel 2018. Con lui, l’amico e collega Dave Bautista, compagno di nuove avventure presso lidi cinematografici diversi.

I destini di entrambi si rincrociano poco tempo dopo negli uffici della Warner Bros, in casa DC, collaborando nel film Suicide Squad: Missione suicida, che potete trovare ancora nelle sale italiane. La Disney non sembra aver preso bene la notizia, forse mossa da rimpianto per aver agito con troppa fretta, o rimorso per aver regalato una perla alla rivale, ha deciso di riassumere Gunn almeno per il terzo capitolo della saga dei Guardiani della Galassia l’anno successivo.

Irriverente, splatter, violento, brutale, scurrile e a tratti nonsense: sembra come se James Gunn abbia voluto sfogare in questo film ogni lato del suo estro creativo, soprattutto quelli meno convenzionali o soffocati sotto strati di buon senso, usando toni perfettamente in linea con le tinte della Suicide Squad. È stato così capace a riuscire nel suo intento da aver persino eliminato la tremenda sensazione dell’arto fantasma causata dall’assenza di Jocker, uno dei principali protagonisti del film precedente, dando una nuova anima alla squadra e nuovi obiettivi ad Harley Queen.

Entrate in sala senza pretese e godetevi la visione: non ne rimarrete delusi.

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