Scuola e Mondialità

Il processo di globalizzazione e la tendenza del mondo attuale a una sua sempre più possibile cosmopolitizzazione e unificazione dovrebbero indurre almeno a una minima ma seria riconsiderazione di molte delle strategie educative occidentali . Il confronto e l’impatto con l’Africa e soprattutto con l’Oriente asiatico non consentono più all’Occidente non solo nel campo educativo di poter monopolizzare approcci e visioni del mondo unilaterali .

Al momento è significativo che su questi temi e su queste problematiche all’interno della cittadella euro-americana non sembra che vi sia traccia di consapevolezza . Per supponenza o per la fatica conoscitiva e informativa , cioè per ignoranza del mondo “altro” ?

Il fatto è che se volessimo giudicare dagli esiti attuali della competizione globale , come è d’abitudine tra i visi pallidi , dovremmo constatare che i vincitori di tale gara sembrano essere gli asiatici anche con le loro strategie educative .

A rischio di semplificare , è bene chiarire che , al di là di vincitori e vinti e di categorie politiche definite , sostenute e diffuse dall’Occidente , se per davvero il mondo e l’umanità vogliono imboccare una via alternativa e inclusiva , non ci si può permette più il lusso di confronti o peggio ancora di scontri di civiltà . Forse una svolta ecologica ci aiuterebbe a superare un mondo ancora concepito e praticato in termini di paratie stagne e di blocchi contrapposti . Per svolta ecologica si intende un rivoluzionamento materiale e culturale delle società in cui viviamo ed operiamo .

In questa prospettiva e in questa dinamica qualcosa si comincia a muovere all’interno del discorso storico e didattico-storico . All’interno di questo nuovo approccio storiografico uomini , società, civiltà e manufatti non sono più ipostatizzazioni ideologiche al servizio di questo o di quello , ma determinazioni concrete e operative nell’ambito delle permanenti e ricorrenti relazioni tra esseri umani e natura in una dimensione di uguale dignità .

Certo tale prospettiva e metodologia storica e didattica trova più ostacoli in Occidente , dove la tradizione e l’ideologia dominante riservano un posto di favore all’uomo a discapito della natura . Nella prospettiva occidentale l’”approccio naturalistico” per lo più prevalente e dominante nell’Oriente asiatico viene visto , considerato ed etichettato come metafisico e fideistico , dimenticando che tale preteso naturalismo idealistico è molto più concreto e radicato nella realtà dell’umanesimo eurocentrico , autoreferenziale e autoriflessivo . La naturalizzazione ricercata e praticata ad Oriente è il tentativo di un ritorno simbiotico e dinamico e di una riatttualizzazione delle fonti e delle radici terrestri da cui è cominciata l’avventura odisseica dell’uomo . Non ci sono al mondo esseri umani più “marxisti” , cioè concreti , degli asiatici .

La loro natura è radicale e radicata in una realtà concreta in perenne e convulsa trasformazione nei confronti della quale l’essere umano continua a tessere e a costruire ricorrenti e ricorsive relazioni simbiotiche .

I rapporti dell’uomo occidentale con la natura , se e quando ancora esistono , sono pervasi dall’ideologia del “macchinismo” . Se la natura non è ancora completamente una macchina , essa è comunque a disposizione dell’uomo , è il serbatoio illimitato che contiene tutto il carburante necessario all’alimentazione del motore umano .

E allora ecco che sullo scenario della storia occidentale pretesa universale e valida per tutti da Occidente ad Oriente si profila e si staglia , giganteggiando e monopolizzando la piazza , un uomo che , credutosi onnipotente , si rivela poi del tutto impotente a capire e a fronteggiare le repentine e impreviste catastrofi , rivelandosi più fragile e spaurito di un topolino .

Allora la Storia dell’occidentale si accorge che qualcosa nel suo schema non funziona , che qualcosa nella sua macchina si è inceppato , che la storia non è un “semplice prodotto” dell’uomo , che l’uomo deve fare i conti con un oste imprevedibile , la Natura , che non si piega facilmente alle richieste “disumane” dell’essere umano , anzi reagisce , rimescola le carte sul tavolo della storia e rilancia all’infinito i dadi della sorte .

Non so se questa è la lezione del terzo Millennio che la storia e la scuola degli occidentali deve far propria . Ma se non si prende atto che ad Oriente sta nascendo qualcosa di nuovo che ci costringe a

rivedere tutta la nostra visione del mondo , rischiamo un giorno non tanto lontano di risvegliarci in un mondo estraneo senza nemmeno la possibilità di comprenderlo .

Allo stato presente delle cose , in nazioni ( o Continenti?) come la Cina , l’India e l’Indonesia approcci armonici all’essere umano e alla natura , malgrado contrarie previsioni occidentali e contraddizioni interne alle medesime società , sembrano riuscire a convivere con un rampante turbocapitalismo . Tanto che, finalmente , qualche storico in Occidente si è chiesto se non sia il caso di riscrivere la storia del mondo alla luce di quello che sembra profilarsi imminente come un epocale sorpasso non solo industriale e capitalistico del Dragone cinese e dell’Elefante indiano sul pigro e indolente Occidente euroamericano . Così qualche storico del decadente Occidente ha riscoperto la vivacità e la modernità dell’Oriente asiatico prima dell’affermazione traumatica del colonialismo : Cina e India non più apatici e dormienti pachidermi , ma civiltà dinamiche ed evolute . Una Rivoluzione storica e storiografica senza precedenti . Sembra proprio il caso di confermare e avvalorare l’antica tesi che la storia è scritta dai vincitori e i vinti ne sono le vittime . Oggi che il Dragone Cinese e l’Elefante Indiano sembrano impadronirsi del mondo con le loro merci e prossimamente con i loro modelli culturali ed educativi nonché ideologici ( per non parlare della moda e della cucina) , da parte di qualche rara mente illuminata occidentale si incomincia a immaginare e paventare una prossima e inevitabile egemonia orientale sul globo . E si cominciano ad innalzare inutili ed artificiali barriere ideologiche e protezionistiche . Ma questa reazione occidentale non è altro che la tipica manifestazione di una civiltà e di un mondo che , giunti al Capolinea ,apparentemente inconsapevoli della loro terribile crisi non solo d’identità , non riescono a rispondere all’incalzare degli eventi e alle sfide degli aggressivi soggetti storici e politici d’Oriente protagonisti del nuovo che avanza , rinchiudendosi nell’esaltazione quasi idolatrica ed isterica delle proprie ancestrali e “incontaminate” radici storiche ed identitarie . Nulla di nuovo sotto il sole . Parecchi secoli fa la stessa patologia politica ha condotto alla morte , per ipertrofia e claustrofilia , l’Impero romano d’Oriente .

I Costruttori dell’erigenda Unione Europea di certo non lo confesseranno mai se pure tutti ne siano consapevoli , ma l’architettura e la struttura dell’Unione sembrano profilarsi e modellarsi in funzione di una risposta alla sfida non solo economica del Dragone Cinese e dell’Elefante Indiano , mentre il fondamentalismo islamico , invece di presentarsi come un’occasione storica e politica senza precedenti per l’Europa , per la sua Scuola e per la sua Università , per rielaborare , consolidare e diffondere il progetto europeo di uno Stato cosmopolita e laico , viene percepito e recepito come mezzo per il consolidamento di antiche fobie identitarie e di ataviche e incontenibili pulsioni egemoniche volte innanzitutto a riattualizzare mai sopite intolleranze e latenti e inconfessabili rigurgiti neoimperialistici .

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