Santi, non santi o poco santi?

Girovagando per le stradine storiche della capitale, non è difficile imbattersi in un tipo molto particolare di pavimentazione stradale: il pavé. In effetti, a Roma lo conosciamo con il nome dei tipici blocchetti neri che lastricano le strade del centro, cioè “sanpietrini”. Furono voluti, per restare in tema di santità, dal papa Sisto V (1521 – 1590) che, attingendo alle numerose rocce laviche di cui è composto il terreno romano, riuscì a rendere più agevole il passaggio delle carrozze pavimentandone qualche strada cittadina. Un’importante miniera di questa roccia effusiva, che non va confusa con il basalto, si trovava proprio dove sorge attualmente il parco della Caffarella e dove, 40 milioni di anni prima, si era verificata un’eruzione esplosiva. Fu, poi, nel 1725 che, nell’ambito della Fabbrica di San Pietro, un ente preposto alla conservazione della Basilica di San Pietro a Roma, fu ufficializzato l’uso e il nome del prezioso blocchetto di leucitite. Sempre in tema di santità, la misura fu adottata per preservare l’osso sacro del Papa Clemente XII, già minacciato dal ribaltamento della sua carrozza proprio in piazza San Pietro. Pare che fosse volato, nella circostanza, anche qualche santo…

“Foto di Matteo Cappussi”

In origine il termine “sanpietrino” serviva a identificare il taglio a cubetto della pietra che, a differenza di altri tipi di pavimentazione, non veniva fissata con materiale cementizio al sottostrato stradale ma, bensì, veniva circondata, negli interstizi, da sabbia. Questo permetteva di avere un manto stradale elastico e “respirante”. L’usanza si è perpetuata fino ai nostri giorni, caratterizzando alcune strade e piazze di Roma a esclusiva circolazione pedonale o di particolare rilevanza storica. Ma, ahimé, i sanpietrini sono rimasti anche su alcune arterie importanti, per essere calpestati non più da carrozze e cavalli ma da automobili e bus, nonché da motorini e motociclette… Questa quotidiana circostanza si è rivelata particolarmente nefasta per le terga, e non solo, di tutti i cittadini che sono soliti spostarsi con mezzi a due ruote che, mancando di un terzo appoggio ed essendo anch’essi sottoposti alla legge di gravità, difficilmente riescono a mantenere l’equilibrio sperato davanti a ostacoli come il pavimento stradale sconnesso. E i sanpietrini, a dispetto della santità ostentata, hanno anche una loro diabolica mobilità che li fa a volte sollevare, altre inclinarsi e altre ancora, addirittura, spostarsi dalla collocazione originaria per farsi un giretto nei dintorni. Ecco così che ogni giorno, per le strade di Roma, volano tanti motociclisti e, insieme a loro, volano tanti santi e accidenti indirizzati all’amministrazione comunale e al fato in generale. E siccome i romani sono soliti abbinare la materialità alla spiritualità sin dai tempi degli Antichi, ecco che, qualora se ne presentasse la possibilità, volerebbero anche le “serciate”, cioè i selci, altre pietre usate per lastricare le strade ma di certo non meno dure dei sanpietrini…

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