Sabbia e garofani

Sabbia e garofani

Io racconto sei mesi di vita di un uomo politico importante fino alla sua morte, ma non è un arco narrativo che somigli a una biografia, tutto il contrario. Racconto gli spasmi di un’agonia(1).

Queste le parole di Gianni Amelio, regista di Hammamet, da metà gennaio ormai indiscusso outsider nelle sale cinematografiche.

E’ conscio Pierfrancesco Favino – l’attore protagonista che impersona Bettino Craxi in modo impeccabile, credibile al punto da modularne financo il respiro – di non allinearsi ad una narrazione data per scontata, ma di condurre ,piuttosto, un monologo ,forse sotterraneo, quasi un controcanto , con accenti in qualche punto intimisti , ma molto toccanti.

Altrettanto accorto è stato il regista a non indulgere nella discettazione di atti giudiziari, offrendo un racconto nel quale l’uomo, denudato di qualsivoglia potere anche politico, condensa un tormento più potente del silenzio durato lungo i venti anni che hanno preceduto il film stesso.

Racconta un uomo, gravemente ammalato, solitario ed aspro, che vitupera le condanne inflittegli, mostrando lo stigma di una sconfitta.

Absit iniuria verbis.

Ti dico onestamente che la fatica più grande (…) è stata proprio misurarmi con la dimensione dell’uomo, del leader politico, con il suo mondo interiore. Certo è che, a un certo punto, nel percorso di trucco che durava in media cinque ore al giorno ed era fatto dell’applicazione di undici accessori prostetici, era come se iniziasse un rituale di trasformazione(2).

E’ questo un film sotto il segno della libertà dell’artista, che può decidere di attingere dalla storia per poi creare attraverso la drammaturgia (3).

Ma se già Terenzio affermava Homo sum, humani nihil a me alienum puto(4), in Hammamet vale soprattutto un richiamo profondo alla vita, segnata dal tormento della sconfitta e da una morte troppo vicina.

Se noi non sapessimo chi è veramente quest’uomo, vedremmo solo un uomo molto potente che non ha più alcun potere e che non solo sconta questa perdita di potere pubblico ma anche la perdita del potere del corpo, la perdita della forza e l’abbandono della lotta contro la morte(5).

Riferimenti bibliografici

1 www.comingsoon.it/film/hammamet/55765/scheda letto il 23.01.2020 2-5 www.bestmovie/it/news/hammamet/intervista-senza-maschera-a-Pierfrancesco-Favino letto il 23.01.2020

3 Di Martedì,Intervista a Pierfrancesco Favino, 14 gennaio 2020.

4 La frase è di Publio Terenzio Afro che la usò nella sua commedia Heautontimorùmenos (Il punitore di sé stesso, v. 77) del 165 a.C.(da Wikipedia)

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