S.Maria in Trasevere e dintorni

Da via della Lungara, entriamo nel cuore di Trastevere nel nostro giro virtuale con la professoressa Capasso. Lasciamo a sinistra via S. Dorotea, che prende il nome dalla chiesa, all’interno della quale sono conservate le spoglie della Santa, martire cristiana, protettrice dei fiorai. Si narra infatti che, mentre veniva condotta al martirio, il pagano Teofilo la schernì chiedendo al suo Dio rose e mele; poco prima della decapitazione le si avvicinò un ragazzo con un cesto di rose e mele, che Dorotea pregò di offrire a Teofilo, ottenendo la sua conversione.

Percorriamo via della Scala e attraversiamo piazza di S. Egidio, dove si affaccia il Museo di Roma in Trastevere. La collezione permanente esposta nel museo consiste in una raccolta di dipinti, stampe, disegni e acquerelli, tra cui la famosa serie della Roma sparita di Ettore Roesler Franz (Roma 1845 –1907), un presepe di ambientazione ottocentesca romana, scene che mostrano gli aspetti salienti della vita popolare romana dalla fine del Settecento ai primi del Novecento, mestieri, feste laiche e religiose, costumi.

Il successivo Largo Maria Domenica Fumasoni Biondi (1766 –Marino, 1828) è intitolato ad una scienziata italiana, moglie dell’archeologo Luigi Biondi. Fumasoni ha riscoperto la tecnica di tessitura della fibra di amianto, esaminando alcune sepolture romane di cui si stava occupando il marito.

Arriviamo in piazza S. Maria in Trastevere. Al centro della piazza è la fontana, una vasca ottagonale innalzata su gradini, rifatta dal Bernini su una fontana precedente. Questa è la più antica fontana di Roma ancora funzionante: pare infatti che la prima testimonianza di una fonte in quel luogo risalga all’epoca augustea. Nel 1450 fu edificata una vasca quadrata, posta su gradini, restaurata poi dal Bramante che vi aggiunse degli ornamenti a forma di testa di lupo dalle cui fauci l’acqua cadeva nella vasca di base. Alla fine dello stesso XVI secolo Giovanni Fontana cambiò la forma della vasca da quadrata ad ottagonale. Il cambio di alimentazione della fontana richiese lo spostamento dalla originaria posizione alla nuova sistemazione al centro della piazza. Questa volta l’opera fu affidata al Bernini, che nel 1658 completò la nuova fontana, innalzandola su gradini, apponendo sui lati della vasca ottagonale gli stemmi di papa Alessandro VII, e aggiungendo quattro conchiglie. Un successivo intervento, del 1694, porta la firma di Carlo Fontana, che ampliò la capienza della vasca, realizzandola in travertino, e si concentrò sull’ornamentazione delle quattro grosse conchiglie voltate verso l’interno della vasca da cui far uscire l’acqua.

La Basilica di Santa Maria in Trastevere venne fondata già nel III secolo e fu rinnovata nel XII sec.

La facciata conserva nella parte superiore un mosaico originale del XIII secolo, raffigurante Maria in trono che allatta il Bambino tra due donatori e due Teorie di Sante recanti lampade. Il portico sottostante è opera di Carlo Fontana (1702) che lasciò intatti i mosaici superiori. Anche il campanile romanico restò l’originale del XII sec. L’interno a tre navate ha un bel pavimento cosmatesco completamente ricostruito nel XIX sec. da V. Vespignani, le navate architravate sono divise da colonne di granito provenienti dalle Terme di Caracalla con splendidi capitelli ionici e corinzi contenenti simboli egittizzanti. Il soffitto ligneo è opera del Domenichino (1617), autore anche dell’Assunzione al centro.

Nella conca dell’abside si può ammirare un mosaico raffigurante la Vergine e Cristo assisi sullo stesso trono (XII secolo), ornato, nella parte inferiore, da Storie della Vergine, sempre a mosaico, opera di Pietro Cavallini(1291). A sinistra si apre la cappella Altemps contenente l’icona della Madonna della Clemenza o Madonna Theotòkos, esemplare pregevole da attribuire forse al VI secolo, caratterizzato da una rigida frontalità e da accesa policromia. Letteralmente significa colei che genera Dio e spesso viene reso in italiano con Madre di Dio. Da piazza S. Maria in Trastevere prendiamo via della Lungaretta e incontriamo subito piazza di Sant’Apollonia, che prende il nome da una chiesa omonima non più esistente. La santa egiziana, martirizzata mediante percosse che le fecero cadere i denti e poi bruciata, è venerata come patrona dei dentisti.

Più avanti, sempre su via della Lungaretta, attraversiamo piazza di Santa Rufina, intitolata ad un’altra santa, martirizzata nel 301 con Santa Giusta nei pressi di Siviglia; poi piazza Giuditta Tavani Arquati, intitolata ad una patriota italiana, come la via Colomba Antonietti, che si trova dietro, più vicina al Tevere. Ambedue sono tra le più affascinanti figure del nostro Risorgimento.

Giuditta,(Roma, 1830 –1867) trasteverina doc, si sposò a quattordici anni con Francesco Arquati; i due combatterono per la difesa della Repubblica Romana, che cadde in mani francesi nel 1849. Insieme ad altri fuorusciti si rifugiarono a Venezia. Rientrarono a Roma per organizzare la liberazione. Qui frequentarono la casa e il lanificio di Giulio Ajani, altro patriota, alla Lungaretta. Morì, incinta del quarto figlio, durante la sommossa organizzata il 25 ottobre 1867 contro il governo del papa, insieme al marito e a uno dei tre figli.

Colomba,(Bastia Umbra, 1826 –Roma, 1849)umbra di origine, figlia di un fornaio, si trasferì a Roma dopo avere sposato il conte Luigi Porzi, cadetto delle truppe pontificie. I due si sposarono di notte, senza parenti, che ostacolavano il loro matrimonio, essendo lui nobile e lei borghese. Luigi, promosso intanto tenente, fu arrestato per avere contratto matrimonio senza la necessaria autorizzazione e rinchiuso a Castel Sant’Angelo. Nel 1848-1849 aderì alla Repubblica Romana. Colomba, per combattere al suo fianco, si tagliò i capelli e vestì l’uniforme da bersagliere. S’impegnò nel soccorso dei feriti pur continuando a combattere; nell’assedio di Porta San Pancrazio morì sotto il fuoco dell’artiglieria francese, in difesa della Repubblica Romana. Colpita in pieno da una palla di cannone, spirò pochi istanti dopo tra le braccia del marito; la tradizione vuole che morendo avesse mormorato: “Viva l’Italia”. Della sua tragica fine scrive Giuseppe Garibaldi nelle sue Memorie.

Il suo busto è fra le Statue e monumenti dei patrioti sul Gianicolo.

Roma, la città magica dove ogni pietra ha una Storia, dove ogni nome ha fatto la Storia…

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