“PICASSO LO STRANIERO”, LA RILEVANTE ESPOSIZIONE DEDICATA AL GENIO SPAGNOLO PRESSO PALAZZO CIPOLLA NEL MUSEO DEL CORSO A ROMA.

“Lo straniero impara l’arte di adattarsi in maniera più creativa, anche se più dolorosa, di chi si sente in diritto di appartenenza”. Georg Simmel

Spiega Franco Parasassi, Presidente di Fondazione Roma: “Picasso lo straniero” è la grande mostra temporanea che il Museo del Corso-Polo museale ospita dopo l’inaugurazione avvenuta con l’esposizione del dipinto Chagall la “Crocifissione bianca”. Si tratta di una rassegna di altissimo prestigio, con risonanza internazionale, che rappresenta un segno di grande riconoscimento che il nostro spazio museale si è conquistato in brevissimo tempo”.

Pablo Picasso nasce nel 1881 a Malaga in Spagna, trasferendosi a Parigi in modo definitivo nel 1904. Anche se la Francia lo accoglierà fino alla sua morte ottenendo grande successo, il Maestro non acquisirà mai la cittadinanza francese: l’esposizione segue il percorso estetico e politico dell’artista per descrivere come abbia costituito la propria identità vivendo nella complessa situazione di immigrato.

“Pochi sanno che il pittore non è mai diventato cittadino francese e addirittura nel 1901 venne bollato dalla polizia come “anarchico sotto sorveglianza”. Eppure, nonostante le difficoltà, le umiliazioni, i rifiuti e le varie battute di arresto che Pablo Picasso dovette subire al suo arrivo in una Francia xenofoba e appena uscita dall’Affaire Dreyfus, egli andò avanti, costruendo ostinatamente la sua carriera. Tale è il “paradosso Picasso”, che circonda il nome di questo mitico artista. Per quarantacinque anni ebbe numerosi problemi con le istituzioni francesi. Di fronte a un Paese iper centralizzato, dalle istituzioni talvolta obsolete e logorato dalle proprie stesse tensioni, seppe trovate mirabili strategie di aggiramento dando prova di una intelligenza politica fuori dal comune, inventando soluzioni inedite negli interstizi del sociale per rovesciare a proprio favore le stigmate che gli erano state attribuite: straniero, anarchico, artista d’avanguardia”, dichiara Annie Cohen-Solal curatrice. Autrice anche del libro: “Picasso. Una vita da straniero, testo pluripremiato, tradotto in tutto il mondo e pubblicato in Italia da Marsilio Editori.

L’evento, idea originale del progetto della curatrice con un intervento di Johan Popelard del Musée National Picasso-Paris, è visitabile dal 27 febbraio al 29 giugno 2025.

La retrospettiva è attuata in virtù della collaborazione con il Musée national Picasso-Paris (MNPP), principale prestatore, il Palais de la Porte Dorée, il Museu Picasso Barcellona, il Musée Picasso di Antibes, il Musée Magnelli-Musée de la céramique di Vallauris e rilevanti e storiche raccolte private europee.

Essa presenta più suoi lavori, oltre a documenti, fotografie, lettere e video: un progetto che si impreziosisce, per la terza tappa italiana dopo Palazzo Reale di Milano e Palazzo Te a Mantova di un nucleo di composizioni inedite scelte da Annie Cohen-Solal unicamente per l’itinerario di Palazzo Cipolla.

E’ stato realizzato un catalogo pubblicato da Marsilio Arte che inizia con una sezione introduttiva che riunisce interventi istituzionali, un testo della curatrice su Picasso e Roma nella primavera del 1917.

Poi un approfondimento originale sul pittore e la ceramica come sfida e arte riattraversando quindi l’itinerario cronologico delle sezioni della esposizione, dal suo ritratto da giovane tra il 1895 e il 1900 fino al suo decesso nel sud della Francia nel 1973.

Il percorso della mostra è formato da capolavori di livello altissimo, alcuni raramente dati in prestito, che narrano i mutamenti del genio il quale, pur legato alle tradizioni europee seppe rinnovarsi sempre mantenendo vivo il suo spirito indipendente.

E’ il lavoro “L’Adolescente” a portare nella Capitale il messaggio di “Picasso lo straniero” che con gli occhi neri i quali congelano lo sguardo, la corona di alloro che gli cinge la fronte, l’eleganza dell’ovale del viso, le labbra ben disegnate, l’ampio collare arricciato, sembra uscito da una immagine di una tela di Velazquez.

Le mani e i piedi molto grandi, il naso deforme, gli occhi asimmetrici, i capelli corvini, ispidi, ribelli i colori molto vivi, sono propri del periodo del cubismo (1907-1914) di Picasso. Il dipinto è stato creato il 2 agosto 1969 nel sud della Francia dal Maestro, all’età di 88 anni, quattro anni prima della sua morte.

Nella tela “Gruppo di Catalani a Montmartre” (1900), il giovane artista si manifesta un valente politico, conscio che, come asserirà il filosofo Jean Paul Sartre: “Lo sguardo dell’altro mi trasforma in un oggetto dandomi un’identità che non è più la mia”.

Il pittore, il secondo da destra nel gruppo dei Catalani, capisce infatti come lo sguardo della polizia possa renderli sospetti e, per allontanarsi da tale circostanza utilizza il trucco della sciarpa per coprirsi il volto e sottrarsi al loro controllo.

Invitato dal mercante catalano Pere Manah, che allestisce un’esposizione alla galleria Ambroise Vollard, Picasso ritorna a Parigi il 2 maggio 1901. L’artista completerà 6-4 tele in sette settimane, esse sono affollate da personaggi stranulati, prodotti con colori violenti.

Ricordiamo tra i dipinti: “Donna seduta”, “Uomo seduto con bastone e maschera”.

Nel 1902 Pablo Picasso si allontana dalla comunità catalana, nel 1904 si stabilisce al 13 di rue ravignan, al Bateau Lavoir, un lavatoio galleggiante, idioma della vita bohemien della collina di Montmartre. Con la nuova compagna, la modella francese Fernande Olivier, che lo aiuterà molto per il suo totale inserimento, il genio spagnolo vive e lavora al Bateau Lavoir per i seguenti cinque anni.

“Fu come la prima scintilla di un fuoco d’artificio. (….) La luce viva di una stella del genere si incontra di rado e sono tra i predestinati. (….) Talento per tutte le arti”. Max Jacob

A Montmartre la cerchia dei poeti accoglie il giovane Picasso e Max Jacob, che gli insegnò la lingua francese attraverso le poesie di Verlaine e Rimbaud. Mostrate poi: “Studio di chiromanzia di Picasso con testo di Max Jacob” e “Ritratto di Max Jacob e studio di chiromanzia”.

Durante la prima guerra mondiale, pur essendo un cittadino di un paese naturale, l’artista diviene una vittima collaterale della crescente germanofobia, 700 sue opere spariscono per dieci anni.

Gli anni del conflitto annientano anche la rete dei contatti e amicizie che aveva in parte creato. Egli vive la requisizione delle sue rappresentazioni cubiste come una vera e propria mutilazione.

L’incontro con il poeta Jean Cocteau gli darà l’opportunità di lavorare nel mondo teatrale aiutandolo ad uscire da tale periodo infausto. Fra il 1917 e il 1919, Picasso collabora in veste di scenografo con i Balletti Russi di Sergej de Djagilev.

Successivamente tra scenografia teatrale, scultura, disegno, incisione, poesia, vignettismo politico, la creatività picassiana non conosce limiti.

Bisognava convertire Djagilev alla pittura moderna e i pittori moderni soprattutto Picasso, all’estetica sontuosa e decorativa del balletto, e ancora si doveva far uscire i cubisti dall’isolamento e dal folclore ermetico di Montmartre.

La soluzione intermedia: questa è stata la storia di Parade. Parade è la narrazione di un balletto eseguito anche per il Teatro dell’Opera di Roma che ospitò la tournée romana dei Balletti Russi. Tra i costumi disegnati dal Maestro in esposizione vi è il Costume del Cavallo Rosa appunto del Teatro dell’Opera di Roma mentre per il balletto è presente un video.

Nella rassegna vi è pertanto una significativa sezione rivolta alla primavera romana del 1917 trascorsa da Pablo Picasso con Jean Cocteau, Erik Satie, Sergej Djaghilev e Leonid Massine.

Tra le opere di gran pregio in apertura di una sezione espositiva prospettica di venti metri, evidenziamo un disegno preparatorio del 1942 per la scultura “L’uomo con la pecora”, ritraente il corpo di un uomo umile e fragile che, come offerta sacrificale, porta sulle spalle una pecorella smarrita.

La tela è una replica dei nudi maestosi di Arno Breker, artista tedesco che nella retrospettiva del 42 al Museo dell’Orangerie annunciò l’avvento dell’uomo nuovo nella dinamica del nazismo, e lega il tema pagano dell’Ermete crioforo a quello cristiano del buon pastore proponendo il legame tra antiche culture e contemporaneo.

Sono presenti alcuni inediti assoluti fra cui “Bosco su versante montano”, un olio su tela montata su tavola dipinto nel 1899 e proveniente dal Museo Picasso di Barcellona e “Al Ristorante” del 1900, da una collezione privata: due opere che illustrano in maniera evidente la diversa prospettiva del giovane Picasso quando abbandona Barcellona per Parigi.

Ad esse si aggiungono disegni come: “Il doppio ritratto Cocteau/Picasso” del 1962 che si collega alla collaborazione tra i due artisti per il Balletto di Parade.

Ancora numerosi disegni preparatori che attestano la capacità del tratto fin dai primi studi anatomici. Esempi di bozzetti per composizioni monumentali come alcuni studi su “Guernica” sottolineano il profondo lavoro di progettazione dietro l’opera pur non esponendo il capolavoro definitivo.

Nell’itinerario vi sono anche sculture inedite, il prodotto di ricerche sperimentali realizzate tra gli anni Trenta e Quaranta, fase in cui Picasso usa nuovi materiali e tecniche.

Parliamo di rappresentazioni che manifestano la grande curiosità del Maestro nell’assemblare oggetti di utilizzo quotidiano, mutandoli in sculture colme di forza espressiva. Simbolici sono i ritratti di amici e conoscenti, spesso destrutturati in una pluralità di piani prospettici.

L’evento invita lo spettatore ad ammirare l’itinerario del pittore che rivoluzionò la propria tecnica emozionandosi nei confronti della vita. Tale coerenza fra sperimentazione e profondità di visione è senz’altro l’eredità innegabile di Pablo Picasso verso il contesto artistico contemporaneo.

Il percorso della retrospettiva sarà pertanto un modo per analizzare come il genio spagnolo, maestro dell’arte del Novecento, si sia affermato straniero in Francia e abbia dettato le sue rivoluzioni estetiche.

“Picasso è l’unico autentico genio del nostro tempo, un artista come non ce ne sono stati mai, eccetto forse nell’Antichità”. André Breton

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