“OLTRE UNA SORTE AVVERSA. L’ARTE DI AMATRICE E DI ACCUMOLI DAL TERREMOTO ALLA RINASCITA”.

La mostra: “Oltre una sorte avversa. L’arte di Amatrice e di Accumoli dal terremoto alla rinascita”, è stata inaugurata venerdì 21 maggio e sarà aperta al pubblico sino al 9 gennaio 2022.

L’esposizione allestita a Rieti, a Palazzo Dosi, piazza Vittorio Emanuele II, dopo cinque anni dal terremoto permette di tornare a stupirsi dinnanzi al prezioso patrimonio culturale dei due paesi del centro Italia, ritrovato e collocato nei depositi del MiC di Rieti e Cittaducale e successivamente restaurato. L’evento, a cura di Giuseppe Cassio e Paola Refice, è promosso dalla Fondazione Varrone attraverso la direzione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti, allestito con opere originarie dai luoghi di Accumoli e Amatrice.

La rassegna ha lo scopo di rendere di nuovo godibile ai visitatori una iniziale selezione di 65 opere, danneggiate dal sisma del Centro Italia del 2016, tra dipinti, sculture, arredi sacri, reperti e documenti provenienti dalle rovine del Museo civico, dalle chiese e dai palazzi di questi territori. Considerato l’obiettivo di restituire alla cittadinanza il proprio patrimonio artistico, l’esposizione curata dall’architetto Mauro Trilli è appunto ubicata presso Palazzo Dosi Delfini nel piano nobile, nella piazza principale di Rieti, le opere presenti sono state scelte dalla Soprintendenza,tra le centinaia appunto conservate nel deposito del Ministero della Cultura allestito presso la Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale.

La mostra è derivata da una cooperazione pubblico privata iniziata nel maggio 2019 e organizzata intorno alla firma di Accordo Quadro per la valorizzazione e l’attuazione di una fruibilità ampliata dei beni culturali danneggiati dal terremoto nel territorio reatino, sottoscritto tra Ufficio del Soprintendente Speciale per le aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016.

48 dei 64 manufatti sono stati restaurati dalla Fondazione Varrone, nell’edificio Varrone Lab, un laboratorio per ripristinare a proprie spese parte dei reperti esposti attualmente al pubblico in concorso con il Ministero della Cultura. Termina in questo modo un viaggio intrapreso nel maggio del 2019 dalla Fondazione Varrone, che convogliò energie e risorse sul restauro delle opere d’arte preservate dal terremoto nel duplice intento di tutelare le fonti più autentiche della popolazione del luogo e polarizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla ricostruzione del centro Italia.

L’esposizione di Rieti, caratterizzata da 6 sezioni, offre infatti per la prima volta una selezione di 65 opere di Accumoli e di Amatrice, recuperate nei primi mesi dell’emergenza dalle Unità di crisi del Mibact in virtù dell’intervento di Vigili del Fuoco, Forestali, Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale e Protezione Civile.

Nella prima sezione, comprendente la sala 1, riservata agli elementi lapidei, da ricordare è senza dubbio il modellino ideale di Amatrice che il terremoto ha strappato dalla statua di SantEmidio, rinvenuto nella chiesa del Suffragio. Vi è poi un frammento tardo medioevale di reimpiego, completamente inedito esibito per la prima volta nella rassegna in cui è scolpito a bassorilievo un Angelo adorante recuperato ad Amatrice tra le macerie di via Garibaldi e via dei Tiratori probabilmente parte di una formella votiva di cui purtroppo non si hanno notizie.

La seconda sezione, è dedicata all’iconografia e al culto di SantEmidio usualmente secondo la tradizione invocato dalle popolazioni del centro Italia per la protezione contro i terremoti. Rappresentativa nella sala 2 è una tela settecentesca di carattere devozionale, creata da una mano artistica abituata a ripetere questo tema per le molteplici invocazioni specialmente dopo il terremoto del 1703, situata nella chiesa di Santa Maria della Misericordia nella stessa Accumoli.

La sezione 3, comprendente le sale 3, 4, 5 e 6, è destinata alle pie pratiche religiose delle popolazioni locali come la Via Crucis, una serie di bambinelli, l’ex voto rappresentazione della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Prato (Amatrice) ecc.

La quarta sezione, con le sale 8 e 9, contiene alcuni oggetti sacri provenienti dalle chiese colpite dal sisma del 2016. Tra esse risaltano le opere di Pietro Paolo Vannini, operante fra il 1430 – 1496 circa, eccezionale rappresentante degli anni di cambiamento dallo stile gotico allo stile rinascimentale. La Croce professionale di Preta è testimonianza di tale mutamento. Inizialmente realizzata per la chiesa abbaziale di San Lorenzo a Trione presso Amatrice del 1490 circa, l‘opera è determinata da alcune componenti attardate come la straziante immagine della Vergine dolente, vicino ad elementi di modernità pronunciati da San Giovanni Evangelista. Tutto ciò si rileva anche per la Croce professionale di Pinaco, 1490, riservata alla chiesa di San Fortunato ad Amatrice.

Nella sezione 5, la sala 8 è la sala delle oreficerie. Essa accoglie la famosa tavola d’altare della chiesa di SantAndrea di Configno ad Amatrice, dipinto tardo quattrocentesco che si mostra per la prima volta dopo un articolato ripristino compiuto dai tecnici del laboratorio. Un’opera unica nel suo genere sul territorio per la morfologia, per la tecnica e per la ricchezza dei materiali utilizzati. La raffigurazione è infatti circondata da una preziosa cornice architettonica con una raffinata decorazione in lamine d’oro e d’argento.

La sezione conclusiva la sesta, comprendente le sale 10 e 11, è dedicata ai simulacri. Vi sono infatti una serie di dipinti su tavola del tardo Medioevo e del primo Rinascimento. L’opera più antica è certamente la così chiamata Madonna di Cossito in genere attribuita alla seconda metà del XIII secolo. L’insigne tavola che determinava la parte centrale di un trittico, riproduce la figura centrale della Madonna in maestà, che sorregge il Bambino davanti al busto tenendogli la spalla sinistra e le ginocchia. La rappresentazione di Cossito proviene presumibilmente da un modello pittorico anteriore. Di enorme importanza anche la Madonna Liberatrice di Pinaco Arafranca.

Nel catalogo della mostra , edito da Il Formichiere, ci sono moltissime informazioni del restauro e dello studio che ha anticipato l’esposizione: una pubblicazione ricchissima di contenuti, anch’essa curata da Paola Refice e Giuseppe Cassio. Il catalogo rappresenta un apporto storico e scientifico che sarà vantaggioso per questo periodo in cui il lavoro di ricostruzione e rinascita dei borghi è così operoso e dinamico.

“Ci sono esempi di comunità più volte colpite nella storia dai terremoti e ogni volta hanno ridipinto le proprie immagini sacre. Questo ci dà la misura dell’energia con cui sempre ci si è rimboccati le maniche e si è andati avanti e del ruolo che l’arte sacra ha per le comunità. Il lavoro che abbiamo fatto sulle opere di Amatrice e Accumoli va in questa direzione, grazie alla collaborazione di un privato illuminato come la Fondazione Varrone”.

Paola Refice, soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Frosinone, Latina e Rieti.

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