Una mostra temporanea allestita al Museo della Shoah di Roma. Perché il Giorno della Memoria non è da limitare ad una data unica sul calendario

E’ stata inaugurata a Casina dei Vallati – al Portico d’Ottavia, nel ghetto di Roma – , lo scorso 27 gennaio, Giorno della memoria, la mostra temporanea “Dall’Italia ad Auschwitz”. L’esposizione, curata da Sara Berger e Marcello Pezzetti, ha come obiettivo quello di raccontare al grande pubblico la storia di tutte le persone arrestate tra il 1943 e il 1944 nel territorio italiano e deportate nel complesso concentrazionario di Auschwitz-Birkenau. La deportazione riguarda innanzitutto le persone di origini ebraiche, spesso interi blocchi familiari. Tra questi, gli ebrei stranieri che negli anni precedenti avevano cercato rifugio nella penisola e quelli che risiedevano nelle isole del Dodecaneso.

La deportazione ad Auschwitz tocca inoltre un numero inaspettatamente alto di persone arrestate per motivi “politici”, nella quasi totalità donne residenti nel territorio dell’AdriatischesKüstenland (Litorale Adriatico). Fra i deportati ad Auschwitz c’è infine un piccolo numero di rom, anch’essi arrestati nell’AdriatischesKüstenland.

L’esposizione si apre con un’introduzione sulla storia del complesso di Auschwitz-Birkenau dal 1940 al 1943, ovvero del periodo precedente l’arrivo dei primi prigionieri giunti dall’Italia, per poi proseguire con una sala dedicata ai trasporti in cui appaiono volti e numeri dei deportati di ogni convoglio partito dal territorio italiano.

È messa in luce la specificità della sorte degli ebrei nel complesso, che rappresentarono la parte più consistente delle vittime, dalla “selezione all’arrivo” all’omicidio sistematico di massa. Viene conseguentemente presentato un focus sul meccanismo e sulle strutture di messa a morte, con una particolare attenzione al ruolo del Sonderkommando, ovvero il gruppo di giovani ebrei che dovette lavorare all’interno delle strutture di sterminio e che vide la presenza di cinque italiani.

Si prosegue quindi con il racconto relativo alla sorte dei prigionieri ebrei e “politici” all’interno del complesso concentrazionario, partendo dalle procedure di immatricolazione (in particolare il tatuaggio, metodo utilizzato solo ad Auschwitz), per arrivare al loro inserimento nel sistema del lavoro schiavo, soprattutto nei vari “sottocampi” del complesso dipendenti da Auschwitz III (Monowitz) – punto di vista, questo, del tutto nuovo, frutto di una ricerca effettuata ad hoc –. Ci si sofferma sulle terribili condizioni igienico-sanitarie e, in generale, di vita all’interno del complesso. Uno sguardo particolare viene dato alle “selezioni interne”, procedura omicida a cui furono sottoposti prevalentemente gli ebrei, e alla sperimentazione medica.

Segue, infine, la parte dedicata all’evacuazione del complesso concentrazionario, al trasferimento dei prigionieri ancora in grado di camminare e di lavorare verso i Lager nel Reich e all’abbandono dei cosiddetti “inabili”, in prevalenza ammalati, nelle strutture concentrazionarie locali, dove il 27 gennaio del 1945 giunsero le truppe sovietiche.

La mostra si caratterizza per la presenza di considerevoli novità , storiografiche ed espositive quali la scoperta della rilevante consistenza della deportazione dei non ebrei ad Auschwitz (molto più alta di quello che veniva indicato fino ad ora); le nuove cifre della deportazione ebraica, compresa anche l’individuazione di nuove date di partenza dei trasporti; la notevole consistenza nei vari trasporti di coniugi e figli di matrimoni misti (di questi viene esposta la particolare sorte all’interno del campo); la presenza nei convogli di rom, donne e uomini; l’allestimento di uno spazio dedicato a tutti i trasporti dal territorio italiano, che rappresenterà il cuore della stessa esposizione; l’ampio uso di disegni e dipinti realizzati nel dopoguerra da artisti sopravvissuti alla deportazione ad Auschwitz, che ci permetteranno di comprendere situazioni che non sono documentate da immagini fotografiche; la presenza di nuove mappe assonometriche di Birkenau, di Auschwitz e di Monowitz realizzate in Germania dall’architetto Peter Siebers per un progetto sostenuto da SergeKlarsfeld; la presentazione al pubblico di preziosi documenti originali e oggetti personali; percorsi biografici, nuovi e commoventi, di numerose vittime, sia tra i “sommersi”, sia tra i “salvati”, senza tralasciarne alcuni dei persecutori.

L’ingresso è libero, dalla domenica al giovedì, dalle 10 alle 17, il venerdì dalle 10 alle 13.

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