L’ISOLA TIBERINA: DA TEMPIO DI ESCULAPIO A MODERNO OSPEDALE

In quel tratto del Tevere che scorre fra le alture del Campidoglio e del Gianicolo, emerge dal fiume l’Isola Tiberina: un lembo della vecchia Roma, che il corso dei secoli è andato via via più o meno rapidamente trasformando ma nel quale ancora restano, vive ed affascinanti, molte memorie del passato. Una leggenda riportata da Livio vuole che l’isola si sia formata dopo l’abbattimento dell’antica monarchia: caduto Tarquinio il Superbo, i romani avrebbero tagliato le messi già mature nei campi dell’odiato tiranno e non volendo servirsene, le avrebbero buttate nel fiume. Il Tevere avrebbe accresciuto coi suoi detriti quel cumulo di spighe, e così l’isola sarebbe nata. Questa è, naturalmente, una favola. In realtà l’Isola Tiberina esisteva fino dagli inizi di Roma, infatti la necessità delle popolazioni delle due sponde di guadare il fiume decretò l’importanza dell’isola. Essa fu una sorta di ponte naturale con i suoi banchi di sabbia affioranti dall’acqua e quindi punto di scambio in corrispondenza del crocevia delle due strade più importanti dal punto di vista commerciale, la via Salaria e la via Campana, si ebbe la nascita di un vero e proprio emporio per la città che si andava costituendo alle sue spalle. L’isola Tiberina assunse successivamente un carattere sacro, infatti sulla sua nascita esiste anche un’altra leggenda, forse anche più famosa della prima: racconta di una nave che, nel 291 a. c. , essendo scoppiata a Roma una grave epidemia di peste, salpò verso Epidauro, città sacra ad Esculapio, il Dio della medicina greca, con una commissione di dotti romani per chiedere al nume il suo soccorso. Ma mentre si svolgevano i riti propiziatori, un serpente enorme uscì dal tempio e andò a rifugiarsi sulla nave romana. Certi che Esculapio si fosse trasformato in serpente, la nave si affrettò a ritornare a Roma. Quando la nave giunse presso l’isola, il serpente scese nel fiume e nuotò fino all’isola Tiberina, dove scomparve, indicando in tal modo la località dove sarebbe dovuto sorgere il tempio. La costruzione, iniziata subito dopo, venne inaugurata nel 289 a. c. e come da leggenda l’epidemia cessò. La posizione del tempio coinciderebbe con la chiesa di San Bartolomeo: il pozzo medioevale, che esiste ancora presso l’altare della chiesa, corrisponderebbe alla fonte di cui il tempio era certamente dotato. Il tempio costituiva un vero e proprio ospedale: sono rimaste, infatti, varie iscrizioni che testimoniano di guarigioni miracolose, ex voto e dediche alla divinità. In ricordo dell’evento miracoloso l’isola prese la forma di Trireme, con tanto di prua, poppa e persino di albero maestro, rappresentato, in origine, da un obelisco e poi da una colonna con la croce; una nave romana con graniti e marmi che sembrava navigare nel Tevere. Della forma della nave, resta ancora visibile la prua, con blocchi di travertino che rivestono l’interno in peperino e decorazioni raffiguranti Esculapio con il suo serpente e una testa di toro per gli ormeggi. L’isola è collegata alla terraferma anche da due antichi ponti romani: sul lato occidentale troviamo il ponte Cestio che congiunge l’isola al rione Trastevere, fu edificato nella prima metà del I sec. a. c. e prese il nome dell’amministratore civico Lucio Sestio. Sul lato orientale dell’isola troviamo invece ponte Fabricio che, edificato nel 62 a. c. possiede il primato di ponte più antico, anche se più volte restaurato, di quelli esistenti tra i confini urbani dopo ponte Milvio a Roma. Ponte Fabricio prende il nome del curator viarum Lucio Fabricio, ma è anche chiamato ponte Quattro Capi per via di due erme e quattro teste presenti sulla spalletta; secondo una leggenda popolare, queste teste sarebbero quelle dei tre architetti fatti decapitare da Papa Sisto V perché incapaci di raggiungere un accordo su come restaurare il ponte. Sopra le rovine del tempio di Esculapio l’Imperatore Ottone III volle costruire nel X sec. una chiesa dedicata ai santi Adalberto, Paolino e Bartolomeo e che dopo il restauro di Papa Alessandro III nel 1180 mantenne la dedica soltanto per l’ultimo santo. La chiesa conserva una bellissima torre campanaria del 1113 con bifore e trifore e all’interno l’antico pozzo miracoloso con un bassorilievo raffigurante i tre santi. La facciata della chiesa è un bell’esempio del Barocco romano, animata da arcate e nicchie, paraste e finestre nella parte superiore e volute che raccordano i due ordini. Martino Longhi il vecchio o suo figlio sono tradizionalmente indicati come suoi autori. Nell’interno della chiesa, nella prima cappella a destra, è conservata l’immagine della Madonna della Lampada, legata all’inondazione del 1557 e alla tradizione del prodigio. L’immagine è una

Madonna con bambino affrescata nella seconda metà del XII secolo. La tradizione dell’isola come luogo di cura non si interrompe con la fine del tempio di Esculapio: nel 500 vi sorge un ospedale gestito dalla Congregazione di S. Giovanni di Dio, i “Fatebenefratelli”, un soprannome derivante dal suo stesso fondatore, S. Giovanni di Dio appunto, un frate portoghese che era solito rivolgere ai passanti un insolito richiamo “fate bene fratelli!” Era un invito a fare la carità, ma anche del bene alla propria anima. La Congregazione aprì anche una farmacia accanto all’ospedale. Nel 700 l’ospedale fu ampliato ad opera di Romano Carapecchia e poi nel 900 completamente ricostruito dall’architetto Cesare Bazzani: l’aspetto settecentesco rimase soltanto sul lato della chiesa di S. Bartolomeo, dove tutt’ora è in funzione l’antica farmacia, con la collezione dei bellissimi vasi delle più rare sostanze medicinali. Oltre al già citato Fatebenefratelli, sull’isola Tiberina è presente anche una delle tre sedi romane dell’ospedale Israelitico a fianco della basilica di S. Bartolomeo. Non si può concludere il nostro viaggio sulle rive del Tevere senza fare accenno agli eventi culturali ospitati oggi in questo affascinante scenario; stiamo parlando della manifestazione “Isola del Cinema”, in questa occasione l’isola Tiberina si trasforma nel salotto tradizionale del cinema ospitando attori e registi italiani e internazionali e proiettando alcuni tra i più bei film di qualità e dell’ultima stagione, anteprime e pellicole prestigiose. In questo viaggio tra passato e presente ciò che emerge è il profilo definito di uno scorcio di Roma, quello dell’isola Tiberina, unito ma allo stesso tempo separato dal contesto urbano; un luogo sospeso da mito e misticismo che si fondano ammagliando l’isola di un alone di spiritualità; un rifugio dove ritrovare la leggerezza delle acque e la solidità del patrimonio culturale di Roma. L’isola Tiberina come parte di città diversa, come momento complessivo, elemento eccezionale, contenitore di monumenti rivela nella sua completezza di relazioni, piccola città della storia “città nella città”, un luogo apparente saturo di materie e di significati.

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