LE CASE DEI DITTATORI

Ho sempre sostenuto che le case in cui viviamo altro non siano che una estensione delle nostre personalità.

Luoghi dell’intimità nei quali siamo davvero noi stessi, nei quali raccontiamo molto delle nostre nature attraverso l’esposizione di oggetti, colori e arredo.

E così qualche anno fa, tra gli scaffali della libreria dell’aeroporto londinese di Heathrow in attesa del volo che di lì a poco mi avrebbe riportato in Italia, mi imbattei in un libro dal titolo: “Dictators’ Homes”, “Le case dei dittatori”, di tal Peter York, giornalista e scrittore britannico.

Lo acquistai immediatamente incuriosito dall’argomento e, in effetti, mai fiducia fu meglio riposta: indagare attraverso delle foto negli spazi in cui hanno vissuto i più sanguinari tiranni del “secolo breve”, per dirla alla Hobsbawn, nei luoghi in cui questi hanno abitato, allevato i propri figli, ricevuto altissime personalità, dove magari hanno deciso dei peggiori crimini, fu lettura davvero interessante.

Adolf Hitler, Francisco Franco, Josip Tito, Slobodan Milosevic Saddam Hussein, Nicolae Ceausescu e Benito Mussolini: sono solo alcuni dei personaggi presi in esame da York attraverso lo studio dettagliato delle lussuose abitazioni in cui vissero.

Nomi che evocano guerre, sangue, distruzione; uomini senza scrupoli, assetati di potere e per questo inclini a disporre delle vite altrui fino a calpestare ogni più elementare diritto umano.

Esplorare gli spazi in cui si muovevano, osservarne gli oggetti appartenuti, individuare i riferimenti culturali ma anche i colori, il rapporto con la luce, la sovraesposizione di una ricchezza della quale nessuno di loro, a ben vedere, aveva mai goduto prima dell’ascesa al potere, la magniloquenza e i messaggi più o meno diretti che l’ambiente aveva il compito di veicolare, rappresenta quindi la possibilità di definire dei tratti comuni delle loro indoli.

Ciò che emerge da questa analisi è riassumibile in alcuni punti: esibizione continua del proprio ritratto, amore per gli stili del passato (magari di fattura francese), uso smodato del marmo, candelabri, specchi; ma anche predilezione per il lusso dei migliori brand, con oggetti dal valore ben conosciuto, una passione per tutto ciò che è oro (con rubinetti in metallo prezioso praticamente ovunque) e una spiccata attitudine ad ingigantire qualsiasi cosa.

La lettura di questo libro, peraltro mai pubblicato in lingua italiana, ha prodotto delle conseguenze: ogni volta che capita di entrare nell’abitazione di qualche persona, cerco meticolosamente tracce di questi elementi appena elencati.

Magari sono amico di qualche potenziale dittatore e non lo so.

 

 

 

 

 

 

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