La mostra “Impressionisti segreti” sancisce il promettente esordio di un nuovo spazio espositivo a Roma, nel secentesco Palazzo Bonaparte.

C’è ancora tempo tempo, fino all’8 marzo, per ammirare gli “Impressionisti segreti”, ossia i 50 capolavori di Monet, Renoir, Cézanne, Pissarro, Sisley, Caillebotte, Morisot, Gauguin che mai prima d’ora erano state concessi in prestito e che per la prima volta sono esposti al pubblico in un palazzo privato, quello Bonaparte – a piazza Venezia, a Roma – fino a qualche tempo fa non accessibile. Acquistato nel 1819 dal sovrano francese, e dove fino al 1836 abitò la madre, oggi il palazzo appartiene a Generali, e al piano nobile, ospita le opere realizzate nella seconda metà dell’Ottocento da giovani artisti che avevano trovato a Parigi il loro speciale “cantiere culturale”. In quegli anni, infatti, i pittori, discostandosi dalla pittura accademica, crearono un nuovo stile, molto criticato dai contemporanei ma che oggi, invece, affascina un pubblico vasto perché trasferisce un messaggio universale.

Abbandonate le direttive dei committenti che guidavano la mano dei pittori francesi di corte, gli impressionisti diedero sfogo alla loro libera e personale creatività. Oggi alcune di queste opere “libere” e nuove si possono ammirare nel cuore di Roma; tra le altre, “L’isola delle ortiche” di Monet con una rappresentazione della natura “vaporosa e misteriosa” e “Sosta ad Eragny” di Pissarro, dipinto nel quale è ritratta una contadina che si riposa all’ombra di covoni di fieno, con il suo paniere di vimini di vivande poco lontano. Ancora, “La donna velata” di Manet, che ritrae sua cognata Berthe Morisot. E poi “Devant la psyche”, opera non troppo “segreta”, anzi molto conosciuta, che è parte della straordinaria collezione svizzera della Fondation Pierre Gianadda di Martigny; è uno dei tanti dipinti che ritraggono donne alla toilette che la pittrice francese realizzò nel corso della sua carriera. La “psyche” – un grande specchio su due assi che può essere inclinato a piacere – è un mobile iconico della fine del XIX secolo, tanto che ne scrive per esempio anche Zola nel suo romanzo Nanà. L’arredamento della stanza reso con le tipiche pennellate dell’artista è quello dell’appartamento della Morisot stessa, in rue Weber. L’idea era quella di stravolgere tutti i canoni: riprendendo il modello di schiena, rompendo quindi le regole.

La cura della mostra è affidata a due esperte di fama internazionale: Claire Durand-Ruel, discendente di Paul Durand-Ruel, colui che ridefinì il ruolo del mercante d’arte e primo sostenitore degli impressionisti; e Marianne Mathieu, direttrice scientifica del Musée Marmottan Monet di Parigi, sede delle più ricche collezioni al mondo di Claude Monet e Berthe Morisot, già curatrice della mostra al Vittoriano su Monet che totalizzò 460 mila visitatori. La mostra ha il patrocinio dell’Ambasciata di Francia in Italia e della Regione Lazio ed è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia.

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