La prima imprenditrice che ha prodotto champagne

In questa stagione, fra Natale e Capodanno, è stata una delle bevande più apprezzate. Frutto di abitudine, tradizione, consenso sociale.

Certamente, da italiane/i, abbiamo fatto largo uso anche di prosecco e di spumante. Anche lo champagne tuttavia ha accompagnato i pasti, i festeggiamenti, i brindisi di questo scoccare di nuovo anno.

Sapete che è stata un’imprenditrice di successo, ma anche molto determinata e puntigliosa nel mandare avanti la propria fabbrica in tempi (fine ‘700 e inizi ‘800) e in condizioni incerte (Rivoluzione Francese e Guerre Napoleoniche), a promuovere il consumo diffuso di champagne nel mondo? No? Allora vale la pena raccontare la sua storia, quella della Veuve Clicquot, ossia, la Vedova Clicquot.

Nata da una famiglia agiata di imprenditori tessili di Reims, Barbe-Nicole Ponsardin cresce relativamente tranquilla e sicura nella tenuta di famiglia, nonostante i trambusti della Rivoluzione Francese che travolgono in massa la borghesia francese dell’epoca. Il padre, infatti, oltre a essere un ricco commerciante di stoffe, seppe anche muoversi con abilità seguendo l’onda politica dell’epoca e, mentre la monarchia cedeva terreno, si unì per tempo alle forze rivoluzionarie che avanzavano politicamente. La rovina sociale ed economica che colpì molte famiglie nobili e borghesi dell’epoca sfiorò solamente la famiglia Ponserdin. Accanto alla loro tenuta, concorrente rispetto al business del padre, viveva la famiglia Clicquot. Anche loro impegnati nel commercio di stoffe, alla fine del tumultuoso periodo rivoluzionario, decisero di unire le energie e di costituire un unico polo industriale. Per sancire questo accordo fu celebrato il matrimonio fra Barbe-Nicole e il figlio unigenito di Clicquot, Francoise.

L’accordo, benché ben concepito commercialmente, non aveva fatto i conti però con le aspirazioni della giovane coppia. Sia Francoise sia Barbe-Nicole erano più appassionati all’industria enologica che a quella dei tessuti. Francoise, come attività collaterale di famiglia, seguiva già la produzione di vino bianco. Tuttavia, il padre tendeva a scoraggiarne le ambizioni, convinto che il futuro e il successo economico delle famiglie non risiedesse nel vino, quanto nel commercio dei tessuti.

I giovani coniugi seguivano con attenzione la produzione di vino bianco e vi investirono parecchio denaro, convinti che il mercato fosse pronto per accogliere la loro produzione. Invece, l’investimento non ebbe fortuna e la perdita economica fu rilevante. Qualche anno dopo il matrimonio e l’avvio sfortunato dell’imbottigliamento dei vini, il giovane Francoise fu colto da febbre e dopo circa dieci giorni morì. Non si sa bene se fiaccato dalla delusione di un’impresa economica fallita o per qualche infezione o virus.

La giovane Barbe-Nicole non si arrese. Convinta più che mai che il successo economico risiedesse nella produzione vinicola. Si recò dal suocero proponendogli di effettuare un investimento sostanzioso nell’attività: lei avrebbe messo a rischio l’intera dote e chiese a lui di fare un analogo investimento. Il consuocero, uomo di sottile capacità economica accolse il suo invito. Probabilmente colpito dalla determinazione e dallo spirito imprenditoriale della nuora. Nonostante questa iniezione di fiducia, l’attività non riuscì a decollare. Come clausola dell’investimento, il signor Clicquot aveva posto che la nuora imparasse l’arte della viticoltura e della vinificazione da un rinomato esperto dell’epoca, Alexandre Forneaux. Barbe-Nicole seguì diligentemente, per quattro anni, le lezioni e imparò molto. Tuttavia, il commercio non decollò, nonostante ogni tentativo.

Era l’epoca delle guerre napoleoniche e il Paese era condizionato dalle restrizioni belliche. Il mercato non era ampio abbastanza da assorbire una quantità elevata di vino pregiato, soprattutto di champagne (fatto da vino bianco con l’aggiunta di zucchero e di lievito), che era per la maggior parte consumato dall’alta borghesia. È anche vero, tuttavia, che la guerra era agli sgoccioli. Napoleone era impegnato con fatica in Russia e la sua sconfitta era vicina. Il blocco navale che impediva di esportare lo champagne in Russia e di aprire quindi un nuovo mercato era questione di tempo. Poco tempo. Previgente, la Vedova Clicquot spedì un carico ragguardevole di bottiglie in Olanda in attesa che il conflitto avesse fine. Nel frattempo, aveva elaborato anche un sistema di “champagnificazione” originale e innovativo. Un sistema che permetteva di risparmiare sul tempo di produzione e che rendeva la sua fattura più spedita e meno laboriosa. Come detto, lo champagne deriva dal vino bianco con l’aggiunta di zucchero e di lievito. Il lievito “mangia” lo zucchero e produce alcool e anidride carbonica (da qui le bollicine). Il lievito tuttavia lascia un fondo inestetico e rende il liquido opaco. Per ovviare a questo problema, gli imprenditori dell’epoca ricorrevano al travaso del prodotto in altre bottiglie, rendendo il processo più lungo. La Vedova Clicquot, invece, elaborò un sistema diverso: mise le bottiglie a testa in giù, lasciando così che il lievito si depositasse intorno al tappo/collo della bottiglia, facendo muovere giornalmente e delicatamente le bottiglie con piccoli movimenti rotatori per smuovere il lievito residuo e permetterne l’assorbimento. Fu un successo che permise di risparmiare molto tempo. La cosa sorprendente fu anche che, nonostante i molti lavoratori impiegati nella produzione, nessuno rivelò tale accorgimento ai contendenti della Vedova (come per esempio alla famiglia Möet). Segno delle sue alte capacità di imprenditrice.

Dopo un secondo prestito chiesto al suocero, che le fu sorprendentemente concesso, la guerra contro la Russia finì e con essa ebbe fine anche il blocco navale. La Vedova Clicquot riuscì a spedire in Russia lo champagne più velocemente rispetto ai propri concorrenti, visto che previgentemente lo aveva già inviato in Olanda, pronto per l’esportazione. Il suo prodotto raggiunse la Russia e in particolare la corte dello zar Alessandro I con qualche settimana di anticipo rispetto agli altri contendenti e piacque talmente tanto allo zar (forse perché addizionato di un a quantità maggiore di zucchero rispetto agli altri prodotti), che, più o meno testuali parole dello zar, “non avrebbe bevuto altro champagne che questo”.

Fu la svolta tanto ricercata e caparbiamente perseguita dalla Vedova Clicquot!

Grazie all’apprezzamento dello zar, al nuovo sistema di produzione meno time consuming, alla ripresa dei commerci internazionali, lo champagne della Vedova Clicquot si affermo nei mercati mondiali. Soprattutto, ebbe successo non solo presso la nobiltà, ma anche presso le classi sociali immediatamente inferiori, ampliando la platea dei consumatori/delle consumatrici e quindi il mercato stesso.

Una piccola, grande vittoria per una donna convinta del successo della propria scelta, in un’epoca in cui non era facile per una donna avere autonomia economica e gestire una professione come quella di imprenditrice.

Non uscì mai dai confini del suo Paese, la Francia, perché, per la mentalità dell’epoca, era “sconveniente” che una donna viaggiasse da sola.

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