Per la Giornata della Memoria, L’amico ritrovato in scena al Cometa Off

Per la Giornata della Memoria, L’amico ritrovato in scena al Cometa Off

Per la settimana in cui cade la Giornata della Memoria, il regista Alessandro Sena porta in scena un testo che ruota intorno al periodo delle deportazioni, tratto dall’omonimo libro L’amico ritrovato dello scrittore tedesco Fred Uhlman.

Il romanzo, racconta l’amicizia impossibile, nella Germania nazista, tra Hans Schwartz, un bambino ebreo di buona famiglia, e Konradin von Hohenfels, di nobile famiglia tedesca. A sedici anni Hans incontra Konradin, frequenta con lui il Karl Alexander Gymnasium di Stoccarda. Un’amicizia improbabile che però riesce a instaurarsi grazie alla passione che lega Hans e Konradin per la numismatica. Ma numerosi sono gli argomenti che nel tempo legano i due ragazzi, un rapporto però che si interromperà quando in Germania si affaccia l’antisemitismo; Hans viene allontanato e mandato dai nonni a New York mentre Konradin si avvicina sempre più alla figura di Hitler. Dopo alcuni anni, Hans riceve un invito a donare dei fondi per la costruzione di un monumento in memoria degli ex alunni del suo vecchio Gymnasium e scoprirà così la sorte toccata a Konradin.

L’adattamento scenico si articola in due piani paralleli: da una parte, siamo negli anni 70 e troviamo Hans cede i suoi ricordi alla penna di una giornalista, curiosa di conoscere i retroscena di un’amicizia nata tra un ebreo e un tedesco cattolico. Dall’altra, siamo negli anni 30 e abbiamo Konradin che racconta la sua amicizia con Hans e gli ostacoli che hanno portato all’allontanamento dell’amico.

Il testo, adattato per il teatro da Sena in collaborazione con Marco Tassotti, rimane di estremo valore e nulla toglie al senso originale dell’autore. Ne è anzi valorizzato da una messa in scena semplice ma estremamente efficace. Sena ha ‘diviso’ i ricordi di Hans da quelli di Konradin con un traliccio di filo spinato, ricostruendo gli ambienti dei racconti paralleli così personali e profondi ma idealmente non resistenti agli eventi e alle differenze culturali e sociali. Per quanto Hans e Konradin fossero legati, il regista attraverso la costruzione dei personaggi ha evidenziato, in maniera netta, l’impossibilità di una amicizia duratura nel tempo. Gli orrori del nazismo, passano attraverso il sentimento d’amore che non è potuto rimanere tale piuttosto che dal racconto di una deportazione o di violenza.

I personaggi sono freddi e quasi meccanici, privi di sentimentalismo tranne Konradin che paradossalmente, esprime la sua sensibilità con l’incomprensione di alcune scelte sociali. Anche quando si avvicina alla figura di Hitler, ne rimane affascinato dagli alti valore morali di cui secondo lui, Hitler è portatore. Si scontrerà in seguito con l’espressione dell’esatto opposto.

Hans (Michele Albini) e la giornalista (Maria Marra) si palleggiano in una conversazione imbarazzata, a tratti scomoda per lo spettatore perché è scevra da qualsiasi forma di emozione. Il racconto di un’amicizia diventa un mero articolo da scrivere più per la morbosità dei lettori che per la necessità di raccontare un momento buio della storia tinto per un attimo di speranza. Due ruoli che nell’immaginario della platea dovrebbero essere totalmente differenti ma che, se pensati al periodo di rivoluzione culturale degli anni 70 a New York, periodo in cui si svolge idealmente l’incontro, sottolineano effettivamente la voglia di far si che non si ripresenti più una situazione così devastante, lasciando le testimonianze sempre più lontane dalla memoria personale e più presenti in quella collettiva. Sorte diversa tocca alle figure di Konradin (Alessio Chiodini) e sua madre (Vittoria Rossi). I sentimenti di amore e odio sono espressi in modo netto, accorato, estremamente umano. Particolarmente intensa è l’interpretazione di Alessio Chiodini, ha dato vita a un personaggio che si evolve nel tempo e nello spazio scenico: i cambi emotivi, le modifiche fisiche espresse dalla postura e dai gesti, hanno restituito al racconto il sentimento di forte amicizia che il regista voleva trasmettere con questa piéce, amicizia che facesse rimanere in bilico il dubbio sull’effettiva natura del rapporto. Commovente la scena in cui Konradin stringe una pistola fra le mani e lascia lo spettatore appeso a quello che potrebbe essere l’epilogo della sua vita.

Un lavoro curato in ogni dettaglio, da segnalare sicuramente i costumi della Sartoria Tarantino e le musiche suggestive scelte da Peste. Uno spettacolo che mette sotto la lente d’ingrandimento la storia e le sue implicazioni emotive e psicologiche dal punto di vista dell’amore; per questo motivo L’amico ritrovato di Alessandro Sena almeno una volta, va visto.

 

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