La comunicazione è una parola declinata al femminile solo in italiano?

Titola così la notizia “La Repubblica “ del 30 novembre 2020 “Stati Uniti, la scelta di Biden: la comunicazione affidata a un team di sole donne”. È la prima volta nella storia del Paese: sette donne chiamate, a diverso titolo (portavoce e vice portavoce di Biden, portavoce e vice portavoce di Harris, portavoce della consorte del Presidente, Direttrice della comunicazione), a occuparsi della “comunicazione” e, in sostanza, fare da collegamento fra il Capo dello Stato e il Paese. Ma è davvero una scelta “peculiare”?

La notizia stupisce perché, secoli di presenza maschile nei ruoli chiave delle istituzioni, hanno reso difficile la partecipazione delle donne alle più alte cariche istituzionali, ai livelli apicali della macchina burocratica, a rappresentare le funzioni dello Stato e a dare il proprio volto alle campagne politiche o informative.

Una questione di contesto culturale, eppure, proprio il “contesto”, racconta un’altra storia.

Le neuroscienze hanno, da tempo, sottolineato la plasticità delle cellule neurali, ossia, la capacità dei neuroni di generarsi (neurogenesi) e rigenerarsi (tracce neurali), rinvigorendo quelli preesistenti, quando l’ambiente e la necessità ci portano a imparare cose nuove e ad acquisire nuovi strumenti di sopravvivenza o di adattamento.

L’evoluzione, dai tempi della preistoria, ha lasciato tracce nella nostra struttura cerebrale. Così, scopriamo che abbiamo 3 cervelli, non uno: quello rettiliano (legato alla autopreservazione e agli istinti), il più antico; quello legato al sistema limbico (riferito alle emozioni e alle relazioni) e la neocorteccia che, come dice il nome stesso, è il più “giovane” ed è collegato al ragionamento, alla parte cognitiva. In realtà, il cervello (chiamiamolo per comodità al singolare!) mantiene traccia del processo evolutivo e del modo in cui gli esseri umani si sono adattati, organizzati, sono sopravvissuti a epoche in cui i predatori erano infinitamente più grandi di loro e l’ambiente era un intero mondo da scoprire. Pericoli inclusi.

Nella preistoria, narrano i pittogrammi nelle caverne e le ricostruzioni dei paleoantropologi attraverso gli utensili ritrovati, l’uomo era dedito alla caccia e la donna alla raccolta di bacche e arbusti commestibili. Queste reciproche “specializzazioni” hanno portato a una specializzazione anche dei due emisferi del cervello. Quello sinistro (dominante nel sesso maschile) è deputato all’azione (razionale, pratico, lineare etc), mentre l’emisfero destro, predominante nel sesso femminile, è portato alla collaborazione, alla parola (emotivo, creativo, intuitivo, allargato…per questo, le donne riescono a fare più cose contemporaneamente!). E non è solo una questione di aree deputate a diverse funzioni: nel cervello femminile vi è una crescita di circa l’11% dell’area comunicativa rispetto a quello maschile. Si vede, cioè, un ingrossamento dell’ippocampo (la regione dell’apprendimento e della memoria) e dei neuroni specchio (che facilitano l’empatia). Insomma, nell’antichità, le donne, che come abbiamo visto si occupavano dei raccolti, avevano maggiore bisogno di cooperare e di scambiarsi notizie sui luoghi più fruttiferi, di trasmettere informazioni sulle caratteristiche dei raccolti. E questa “traccia” è ancora visibile nella conformazione del cervello. I maschi, al contrario, hanno maggiormente sviluppata l’area dell’amigdala, la regione deputata alla gestione delle emozioni e soprattutto della paura. Logico no? Davanti a un Tirannosaurs Rex o a un Velociraptor la scelta per la salvezza era “attacco o fuga” e il “no panic” era d’obbligo per salvaguardare la propria pelle! È quindi comprensibile perché gli uomini abbiano sviluppato la tendenza a rimanere focalizzati su una cosa alla volta: davanti al pericolo era necessario essere totalmente concentrati, senza distrazioni.

Infatti, nelle femmine, il corpo calloso, ovvero, il fascio di fibre che permette ai due emisferi del cervello di relazionarsi, presenta il 40% di innervamento e il 10% di spessore in più rispetto ai maschi. Questo significa che nelle femmine le “comunicazioni” sono maggiori fra i due emisferi, mentre nei maschi è più sviluppato il collegamento all’interno dei singoli emisferi. Insomma: multitasking vs monotasking e attenzione diffusa vs attenzione focalizzata!

Altro contributo differenziante viene dagli ormoni: la prevalenza di testosterone nei maschi determina minori connessioni nei centri della comunicazione e orienta al “fare”, all’”azione”; mentre nelle femmine, gli estrogeni determinano una maggiore connessione nei centri delle emozioni e della comunicazione e quindi orienta all’armonia e alla relazione.

A parte le differenze fisiologiche, che pure sono importanti, come possono dei comportamenti appresi per esigenza ormai passate essere ancora così presenti oggi?

Possono eccome! Le neuroscienze ci dicono che occorrono 21 giorni per cambiare la traccia neurale ossia il comportamento umano. Una volta appresa una nuova conoscenza o se si vuole cambiare una vecchia abitudine, dobbiamo lavorarci su, tutti i giorni, anche per pochi minuti al giorno, in modo continuativo. Altrimenti non funziona. Servono impegno ed esercizio alias ginnastica per mantenere allenata la neuroplasticità.

Va bene che noi, esseri umani, siamo pieni/e di euristiche, scorciatoie cognitive, bias cognitivi, convinzioni limitanti, comfort zone etc per cui solo una parte delle nostre azioni sono il risultato di un iter decisionale effettivo; per la maggior parte, abbiamo dei “piloti automatici” che ci guidano e ci fanno risparmiare tempo ed energie mentali. Anzi, abbiamo anche dei “buttafuori”, come il sistema reticolato, che filtra le informazioni in entrata e scarta quelle non utili. E fa anche di più. Il nostro cervello usa dei “modellatori universali” che servono per “compattare” le informazioni e ricordarle meglio, ma anche ricordarle “come le abbiamo vissute noi”! Quindi, seleziona, cancella, generalizza e distorce.

Per evitare pertanto che il cervello si racconti (e “ci racconti”!) tutta un’altra storia, perché si è distratto, perché ha perso il filo del discorso, perché ha seguito un’associazione di idee, perché la conversazione è troppo lunga o chissà per quale “perché”, un consiglio semplice: 14 parole e 4 frasi massimo per trasmetter e un’informazione. Insieme con concretezza e dati. Stop.

Ma dove eravamo rimaste/i?

Ecco! Vedete come è semplice perdere il filo?

Potenza di una lunga (ma necessaria) premessa scientifica.

Avevamo iniziato parlando della scelta del Presidente nominato Biden di designare un team esperto di sole donne. Un team incaricato della comunicazione istituzionale della Casa Bianca: il team “dell’emisfero destro”, basato sulla relazione e la comunicazione empatica.

Perché il cervello maschile e il cervello femminile funzionano diversamente. Diversamente, non meglio o peggio.

Come disse A. Einstein “Le donne si preoccupano sempre delle cose che gli uomini dimenticano. Gli uomini si preoccupano sempre delle cose che le donne ricordano”

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