“LA COMA ARTISTS’ RESIDENCES” A HUESCA. ANTONI GAUDI’: LA VITA E LE OPERE DI UN GENIO.

La piattaforma Buildner Bee Breeders, ha attuato il concorso di idee: “Gaudì La Coma Artists Residences”, invitando gli aderenti alla progettazione di una residenza d’artista a Huesca, ispirata al grande genio spagnolo Antoni Gaudì.

Prendendo come riferimento i principi dei suoi progetti, determinati da sostenibilità e impatto sociale, il “Gaudì La Coma Artists Residences”, il primo di una serie di concorsi di progettazione organizzati in collaborazione con la Gaudì Knowledge Association e Inngenium Lab, richiede ai partecipanti di creare una residenza per artisti e una struttura educativa denominata “La Coma”.

Il complesso sorgerà a Huesca, in Spagna, e dovrà essere caratterizzata da presupposti di sostenibilità, funzionalità, estetica e innovazione, insiti nella progettualità di Gaudì. Saranno premiati progetti rappresentativi e distintivi, pur rimanendo in armonia con la natura limitrofa.

Il concorso è rivolto a tutti. Non è richiesta nessuna qualifica professionale. Le proposte di design possono essere realizzate individualmente o in gruppo, massimo quattro membri nel team.

La corrispondenza con gli organizzatori deve essere in inglese, così come ogni spiegazione inoltrata dai partecipanti.

“La linea retta è la linea degli uomini, quella curva la linea di Dio”.

All’architetto catalano Antoni Gaudì y Cornet, viene attribuito a livello internazionale l’indiscutibile capacità ed estro nella sua materia. Reputato uno dei più grandi rappresentanti del modernismo, manifestò una genialità straordinariamente rivoluzionaria che fu oggetto dell’origine di un linguaggio architettonico personale e ineguagliabile di difficile classificazione.

Antoni Gaudì nasce a Reus, nella Catalogna meridionale, il 25 giugno 1852. Proveniva da una famiglia di calderai, cosa che consentì al giovane architetto di conseguire, nel periodo in cui collaborava con il padre e il nonno nel laboratorio di famiglia, un peculiare talento nella gestione degli spazi e dei volumi. La sua destrezza nell’ideare gli spazi e la trasformazione dei materiali, si manterrà fino alla realizzazione della sua genialità dimostrata nelle successive creazioni in tre dimensioni.

Gaudì fu un bambino dalla salute cagionevole, per cui era costretto a trascorrere lunghi periodi di riposo sulle montagne di Riudoms, dove passava ore nell’osservazione dei segreti della natura, che riteneva essere la sua profonda base di conoscenza, in quanto opera del Creatore. In questo il Maestro, riscoprì l’essenza e il senso dell’architettura attraverso i modelli insiti in essa, seguendo le sue leggi.

Poi, trasferendosi a Barcellona, capitale della regione, nel 1869, entra in contatto con alcuni membri della così chiamata Renaixenca, un movimento culturale e politico incentrato nel recupero della lingua e della cultura catalane e della rivendicazione dell’autonomia regionale del governo castigliano. Aspirazioni proprie anche di Gaudì, che influenzeranno in modo totale alcune delle sue opere più celebri.

Ottenuto il proprio titolo di studi presso la Scuola Superiore di Architettura nel 1878, Antoni Gaudì si reca all’Esposizione Universale di Parigi, dove conosce l’industriale Eusebi Guell, che diverrà il suo principale mecenate. In Francia, per di più, il giovane Gaudì ha la maniera di sperimentare il crescente clima artistico, che di lì a pochi anni, caratterizzerà la nascita dell’Art Nouveau, corrente simile alla sua architettura.

Il Maestro, amava esibirsi e atteggiarsi con modi dandy: bello, aveva occhi azzurri e una chioma bionda e folta, elegante e raffinato nei modi e nell’abbigliamento, frequentò con entusiasmo la scena sociale barcellonese, traendone anche un ben determinato orientamento politico e ideologico.

Insolitamente, la magnificenza dell’architettura gaudiana corrispose ad una scelta personale dell’architetto, cioè quella di abbandonare i modi dandysti precedenti, ritirandosi definitivamente dalla vita pubblica e, sentendosi condizionato da una rigorosa imposizione mistica e spirituale, trascurò il proprio aspetto personale, cibandosi frugalmente e rifuggendo la vita sociale per interessarsi sempre con fervore crescente ad un sentimento mistico e religioso. Aveva infatti una lunga barba e indossava indumenti logori.

Anche il giorno in cui fu investito da un tram sulla Gran Via de les Corts Catalanes. Era il 7 giugno del 1926, poco dopo le 18. L’architetto camminava, come sempre assorto nei suoi pensieri, avviandosi dalla Sagrada Familia verso la chiesa di Sant Felip Neri, in cui ogni giorno andava per pregare e confessarsi con padre Mas. Attraversando la strada, probabilmente senza prestare molta attenzione, fu investito da uno dei primi tram in circolazione che, anche se con una ridotta velocità, travolse lo sfortunato artista. Il conduttore scese immediatamente ma Gaudì, non avendo con sé documenti, fu confuso per un barbone, spostando tristemente il corpo dell’investito da un lato per riprendere la corsa. Alcuni passanti avendo compassione dell’uomo, lo portarono in una clinica locale: l’ospedale di Santa Creu dove fu ricoverato nel reparto dei poveri. L’identità del paziente fu capita soltanto quando alcuni conoscenti, accortisi della mancanza di Gaudì, vennero a conoscenza del terribile episodio. La mattina del 10 giugno, dopo tre giorni di agonia Gaudì si spense.

La morte del geniale architetto, fu considerata dal popolo come una tragica sciagura: numerosissimi furono gli articoli pubblicati al riguardo, e al funerale, la sua salma fu vegliata da innumerevoli ammiratori e insigni autorità di Stato che dettero l’ultimo saluto al Maestro e lo accompagnarono nella cripta della Sagrada Familia, all’interno della quale fu sepolto tramite l’autorizzazione del Governo e del Papa.

Nella sua lapide si legge la seguente iscrizione: “Antoni Gaudì Cornet. Da Reus. All’età di 74 anni, uomo dalla vita esemplare, e straordinario artigiano, autore di quest’opera meravigliosa, la chiesa, perì religiosamente a Barcellona nel decimo giorno del giugno 1926; da questo momento innanzi le ceneri di un così grandioso uomo attendono la resurrezione dei morti. R.I.P.”.

Antoni Gaudì, nei suoi inizi architettonici, si interessò soprattutto del neogotico e degli scritti di Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc, appassionato promotore di tale stile. Pur essendo in modo entusiasta impegnato sul fronte sociale, Gaudì si occupò del lavoro con grande dedizione.

Il suo primo incarico, fu la progettazione di alcuni lampioni per la Placa Reial di Barcellona: tale compito, tra l’altro modesto, fu brillantemente attuato dal giovane artista con delle strutture a sei bracci, determinate dalla moderna unione polimaterica di pietra e ghisa.

Anno molto significativo per l’architetto fu sicuramente il 1878 non solamente per l’ottenimento della laurea, ma anche per l’incontro con l’industriale Eusebi Guell, che conobbe così l’esuberanza creativa di Gaudì, durante l’Exposition Universelle di Parigi del 1878. Persona culturalmente brillante ed economicamente facoltoso, dai vasti panorami liberali e intellettuali, Guell creò un momento determinante nella carriera dell’architetto catalano, mettendosi a lavorare per un mecenate disposto a soddisfare i suoi capricci estetici, nonché a sostenere gli alti prezzi che sarebbero potuti generarsi.

Mediante la sua ricerca spaziale con i suoi mezzi espressivi sinuosi, morbidi, dinamici, quasi coinvolgenti, Gaudì soleva ripetere: “La linea retta è la linea degli uomini, quella curva è la linea di Dio”.

Sono stati molti, ricordiamo, ad ispirarsi al motivo fluttuante e plastico delle curvilinee: ad esempio Francesco Borromini o i più grandi esponenti dell’Art Nouveau. L’architettura di Gaudì si identificava infatti attraverso un tipo di linea curva.

“Continuamente variata nella direzione, forzata da (…) una sorta di carica interna di dinamite pronta a farla esplodere in ogni direzione e a distruggerla come entità a sé stante” che “cresce lottando e contorcendosi come un elemento naturale, ammette sezioni di retta, si spezza, riprende, conquistando e dominando lo spazio di volta in volta, esaltandosi nel suo divenire, contraendosi e sincopandosi”. (Masini)

Gaudì sarà il più famoso esponente in terra spagnola del Modernismo Catalano: l’interesse nell’applicazione e nell’utilizzo dei materiali da costruzione, resi disponibili dalla recente industria, vengono combinati con le istanze secessionistiche catalane, originando uno stile architettonico che, riferendosi al Maestro, ha caratteristiche così particolari da rilevarsi quasi un movimento a sé stante.

“La grandezza di Gaudì come architetto sta nella sua prolifica invenzione di forme. La varietà e l’espressività di quelle forme considerate come scultura basterebbero a fare di lui un notevole artista moderno. Ma esse erano, in effetti, il risultato di insoliti mezzi strutturali, di un fantasioso impiego di materiali e di un senso universale della decorazione, tre attributi tradizionali dell’architetto. Se aggiungiamo a queste la sua abilità nell’ottenere con l’architettura effetti incorporei come spazio, colore, luce, possiamo comprendere perché il mondo dell’architettura ha oggi accentrato l’attenzione sulle relativamente scarse e quasi dimenticate opere di lui”. George Collins

Dal 1888, Gaudì attua un passaggio da un linguaggio determinato da forme naturali, che egli analizzò osservando la struttura delle piante e delle rocce, approfondendo soprattutto la loro geometria. Queste forme, spesso strane e irrazionali, contraddistinguono le opere della sua maturità, realizzate fra il 1890 e il 1914, che ci meraviglia per le soluzioni bizzarre e i colori vivaci: lo stile creato fu personalissimo e unico.

Da grande uomo religioso quale era Gaudì, che sosteneva che l’immaginazione era il regalo che Dio concedeva ad ogni architetto, non esplicandola al massimo livello costitutiva per lui un peccato, un’offesa nei confronti del Signore.

Per tale genialità non si può definire Gaudì solo come “architetto”: la sua opera è un’opera d’arte totale, una perfetta simbiosi di tutte le arti in cui colore e decorazione si identificano con i riti della forma, cercando di diminuire la distanza tra le arti.

Una preziosità, quella decorativa, che raggiunge il suo culmine in progetti posteriori, dalla critica denominato “Naturalismo Espressionista”, ispirata basilarmente al modo animale e alla plasticità dell’oggetto architettonico in tutte le scale, in una esplosiva rivoluzione di gusto quasi barocco.

Gaudì l’architetto, progetta, scolpisce, egli ha infatti progettato personalmente molti dei gruppi scultorei della Sagrada Familia, accrescendoli di un virtuosistico realismo, decora per realizzare il suo ideale di arte, che consiste proprio nella fusione di esse. Gaudì è il genio che riesce a costruire un edificio mediante il medesimo processo con cui uno scultore crea un oggetto: comincia le sue opere senza uno schema fisso, le realizza come se stesse modellando una figura. Tramite questo modo di operare è nato il mito di Gaudì.

L’architetto si è distinto anche come un capace decoratore di interni, ha progettato infatti tutta la mobilia delle case e dei palazzi da lui edificati. Speciale citazione merita l’adattamento ergonomico nei propri mobili, dopo approfonditi studi, rendendoli compatibili con le esigenze dell’anatomia umana.

Gaudì è stato l’artista che ha mutato in realtà un’utopia, liberando l’architettura dal razionalismo, determinando un’arte che è irrazionalità pura. Le opere dell’architetto, sono testimonianza dell’eccezionale contributo creativo riguardo lo sviluppo dell’architettura e della tecnologia edilizia, alla fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Tra le opere principali ricordiamo: Casa Milà (meglio conosciuta con il nome di “La Predera”), Casa Vicens, Casa Batllò, Parc Guell, Palazzo Guell, Colonia Guell, Sagrada Familia.

Tra le altre opere meno conosciute menzioniamo: il Capriccio ( che si trova a Comillas, nel nord della Spagna), Casa Calvet, la Torre di Bellesguard, i lampioni di Piazza Reial.

La Casa Milà fu commissionata a Gaudì nel 1906, dall’industriale Pere Milà i Camps da cui prende il nome, ma a Barcellona dagli abitanti è chiamata semplicemente, appunto La Predera. Con la edificazione della Predera, l’architetto cambiò tutte le regole architettoniche conosciute e seguite dell’epoca, determinando le critiche dei colleghi, dei proprietari, dei vicini, attuando qualcosa di monumentale, stravagante e completamente futuristico, che venne ricordato come uno degl esempi più rappresentativi del suo periodo naturistico e del modernismo in generale. Una delle particolarità della struttura di casa Milà è che il Maestro, non usò la facciata come muro portante, come era proprio in quell’età, lasciò invece alle colonne il compito di sostenere l’edificio totalmente. Così permise alla facciata di sostenere liberamente l’ornamentazione che l’architetto realizzò. Il diniego di Gaudì per le linee rette è ancora una volta esplicito nella Predera, e si manifesta completamente nell’ondulato prospetto, che in realtà è il risultato dell’unione di due edifici.

La CasaVicens, è la prima opera costruita dal trentunenne Antoni Gaudì, tra il 1883 e il 1885, ed è quella che precede il Modernismo Catalano, movimento che negli anni seguenti cambierà lo scenario politico barcellonese. Il progetto viene richiesto a Gaudì dall’imprenditore Manuel Vicens i Montaner, che lo invita a creare per lui uno chalet estivo nel luogo del quartiere di Gracia e quello di Sant Gervasi, in quegli anni in espansione. Gaudì cerca di rappresentare in maniera personale le immagini e gli stili di vita di moda in quel periodo storico: adoperando come base le tradizioni costruttive catalane: egli immette interpretazioni fino allora sconosciute, inglobando elementi decorativi e simboli che sono la dimostrazione dell’originalità artistica dell’architetto. Ecco creata una costruzione fiabesca, che lascia intuire già la caratteristica di geniale follia di Gaudì, essa ha una maestosa facciata colma di richiami ed elementi naturali, come i garofani dipinti sulle piastrelle, un interno dalle influenze esotiche e policromie ricercate, e un grande giardino. La Casa nel 2005, è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità.

La Casa Battlò, 1905-1907, è un piccolo edificio celebre per il modo di variare colore secondo la luce esterna, il prospetto ondulato è infatti in mosaico di ceramica con sfumature dal verde all’azzurro, creato per contrastare le aperture regolari di finestre e balconi, alcuni di essi sono dotati di parapetti metallici a forma di maschera. La copertura della casa evidenzia sempre la fantasia di Gaudì; è formata da una torretta asimmetrica e da un tetto curvilineo di tegole colorate a forma di squame: somiglia al dorso di un drago. Tutti i particolari della casa, sono stati curati da Gaudì stesso: i corrimano ergonomici, i camini del tetto utilizzati come ornamenti, i pomelli delle porte, le ampie vetrate, addirittura i mobili della casa sono opera della sua genialità. Anch’essa è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità nel 2005.

Nel Parco Guell, 1900-1905, ubicato su una collinetta di Barcellona, il Maestro dimostra al massimo la sua alta capacità nell’architettura paesaggistica: egli impiega le pendenze del terreno per adattarvi i suoi percorsi, determinati da viadotti, portici, grotte e terrazze. Il centro del parco è definito dal piazzale coperto dal tempio dorico: questo stravagante spazio, è rappresentato da 86 colonne doriche che reggono un soffitto a cupolette, alcune delle quali in ceramica e cristalli colorati. Sul teatro si ha la grande terrazza delimitata da un lungo sedile a forma di serpentina, rivestito in tessere di ceramica dai colori squillanti. Il complesso è realizzato nel 1900, su volere del magnate e imprenditore Eusebi Guell, che purtroppo non vide neanche la casa d’esposizione e il progetto si arrestò nel 1914. L’artista andò a vivere in una delle case nel 1906, e lì stette fino alla fine del 1926, parliamo dell’odierna Casa Museo di Gaudì, attuata nel 1936. La superficie, al cui interno si ripercorrono la vita e le opere del grande architetto, fu convertita in giardino municipale nel 1926. Nel 1984, l’Unesco dichiarò Parc Guell Patrimonio dell’Umanità.

Parc Guell è distinto da due parti: la Zona Monumentale e la Zona Forestale Gratuita.

L’edificazione del Palazzo Guell, fu uno dei primi incarichi importanti del giovane Gaudì. Fu sempre Eusebi Guell, a commissionare all’architetto la costruzione di un particolarissimo edificio urbano con lo scopo di ingrandire la casa di famiglia della Rambla. Ne risultò una struttura totalmente innovativa per spazi e forme, caratterizzata da materiali nobili, pietra, legno, vetro, ferro battuto, e che si evidenzia immediatamente riguardo il panorama architettonico internazionale per essere uno dei primi modelli di Art Nouveau e di modernismo, riferito all’architettura domestica. Il palazzo nacque tra il 1886 e il 1890, ma pur essendo una creazione giovanile, ha già molti degli elementi che si avranno in sue ulteriori composizioni posteriori. Il Palau fu adibito a residenza di Eusebi Guell, di sua moglie Isabel e dei loro dieci figli, prima che si trasferissero per sempre al Parc Guell. Anche tale struttura, viene dichiarata monumento storico e Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 1984.

La Cripta della Colonia Guell è un capolavoro modernista edificata da Gaudì, il quale cominciò a sperimentare quella che poi sarebbe stata la composizione della Sagrada Fanilia, la sua migliore opera d’arte. Celata dai pini, questa chiesa insolita, venne iniziata dall’architetto nel 1908 e non fu mai terminata. Nel progetto originale, realizzato dall’architetto, dovevano esserci infatti le costruzioni di numerose torri alte 40 metri con vari piani, però dopo aver edificato il portico e la navata, Gaudì abbandonò in modo misterioso i lavori nel 1914.

La Colonia Guell, è un villaggio operaio richiesto sempre dall’imprenditore Eusebi Guell, e realizzato nel 1890 per i lavoratori delle sue fabbriche tessili, e le loro famiglie. La Colonia è situata a Santa Coloma de Cervellò, un comune a nord di Barcellona, preferito poiché Eusebi Guell desiderava che i suoi operai stessero in un luogo privo di conflitti sociali e tranquillo, antitetico al centro della città in cui, alla fine del XIX secolo, si ebbero continue ribellioni. La Colonia, attualmente, completamente inserita nel comune di Santa Coloma, è in parte abitata, aveva molti servizi, anche spazi culturali e religiosi. La rimanente Colonia, è dotata di due zone principali, quella industriale e quella residenziale, tutte e due a forma di L, sono delimitate da due edifici di enorme rilevanza simbolica, come appunto la cripta e la scuola.

La struttura è poi caratterizzata da altre strutture moderniste: le cantine, il convento, le case popolari e la chiesa. Le residenze della maestranze, le abitazioni degli operai, gli edifici collettivi come le scuole o la locanda, sono stati realizzati da famosissimi architetti catalani: Joan Rubiò i Bellver, Francesc Berenguer i Mestres, Josep Canaleta, sotto il controllo attento del Maestro. I materiali utilizzati sono in maggioranza mattoni e ferro, secondo la tradizione catalana. Alcune delle strutture più importanti sono: Ca l’Ordal, in cui abitavano gli agricoltori, Ca l’Espinal, l’abitazione più significativa della Colonia, in cui alloggiava il suo amministratore, la scuola, il teatro, la casa del medico, la cooperativa, il centro parrocchiale e il convento.

In tale percorso progettuale, la parte fondamentale è però del complesso, immenso e articolato cantiere della Sagrada Familia, a cui si dedica dall’età di 31 anni, cioè dal 1881 fino alla sua morte. Per la nuova cattedrale di Barcellona, l’architetto cambia completamente l’originario progetto di Villar, spentosi dopo poco la fine dei lavori, disegnando un maestoso complesso formato da volumi indipendenti. La prima cappella della cripta, è quella centrale all’abside, intitolata a San Giuseppe; nel 1983, la totale sala ipogea è finita e si passa alla costruzione di muri e delle guglie dell’abside superiore e della facciata nord-est.

Nel 1914, I lavori si fermano per la mancanza di finanziamenti, e Antoni Gaudì si occupa della revisione regolare dell’intero progetto, e dei numerosi plastici, creati per provare le capacità di resistenza della struttura che si va edificando. Riaperto il cantiere, potè purtroppo vedere conclusa solo la costruzione di uno dei campanili, dedicato a San Barnaba.

Il progetto del Maestro si ispirava alle cattedrali gotiche e simbolicamente si riferiva alla vita di Gesù: le tre facciate dovevano infatti identificarsi con la Natività, la Passione e la Gloria. Di esse è sorta soltanto quella della Natività, in cui è presente ancora il naturalismo nelle quattro torri traforate a forma di fuso, coronate da cuspidi colorate.

La Sagrada Familia, rappresenta la devozione che dalla città va verso Dio, ed è ideata per non essere mai finita, ogni generazione manderà avanti la costruzione cominciata dall’architetto: pietra dopo pietra. La Sagrada Familia è mutata in una preghiera corale, che la popolazione catalana innalza al Signore. Tale cattedrale unica al mondo, è oggi l’idioma della città di Barcellona.

Nel Tempio della Sagrada Familia, si possono notare ed analizzare molteplici simboli rivolti al mistero.

Iniziamo con la Porta della Passione, piena di metafore e in particolar modo dal quadrato del Sator, che rappresenta un quadrato comprendente una tavola di 5×5 in cui è scritto:

“SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS”. La peculiarità di questa frase è quella delle lettere che possono essere lette indipendentemente da sinistra a destra o viceversa, o dal basso verso l’alto o viceversa, e per tale causa è denominata Palindromo. Nella Cabala, che è pratica esoterica ebraica, avutasi dal XII secolo, è presente una equivalenza fra numeri, lettere o parole o frasi. Ed è in virtù di questa equivalenza, di questo interscambio tra parole e numeri, che si arrivava sempre a conferire una spiegazione del creato o di un mistero riferito a Dio. In rapporto alla tavola magica, che si trova sulla facciata della Passione della Sagrada Familia, l’architetto al posto delle lettere ha incluso dei numeri. Se sommiamo una delle qualsiasi combinazioni, si finisce sempre al 33, che si identifica con l’età della morte di Gesù e che Gaudì voleva sicuramente mettere in risalto, ma che casualmente costituisce anche il massimo grado della massoneria, il 33° grado del Rito scozzese, che sottolinea come l’artista conoscesse le teorie cabalistiche.

Il Pellicano nella Porta della Nascita, posto alla base del cipresso, idioma della vita eterna, esprime l’Eucarestia secondo la simbologia dell’epoca paleocristiana, ma anche il 18° grado della scala massonica. Sempre nella Porta della Nascita, abbiamo l’occhio della divina provvidenza e la piramide. La piramide si compone dalle canne al cui interno c’è la Madonna ed una fontana. Il triangolo, semplificazione della piramide, è anche una metafora massonica. L’occhio rappresenta Dio.

Parlando ancora della cattedrale, sempre sul prospetto della Nascita, alla sommità del cipresso, è stata posizionata una croce del Tau. Il segno del Tau ha origine antichissima, risalente alla Bibbia, è infatti nel libro della Genesi, in Giobbe e in Ezechiele che enuncia:

“Il Signore disse: Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un Tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono”.

Gaudì, studiò in modo molto approfondito le molteplici religioni e soprattutto i simboli ad esse associate.

Subito dopo la sua morte, l’architetto fu violentemente contrastato dalla critica di quel periodo, che non sopportava una personalità così brillante e fantasiosa, alcuni lo definirono addirittura barocco: tale decadenza del resto, era in sintonia con il generale declino del modernismo in favore dell’antitetico Noucentisme. Come negativo simbolo di questa effettiva indifferenza nei riguardi di Gaudì, vi è la tragicamente famosa ribellione del 1936, anno in cui, gruppi anticlericali operanti all’interno della guerra civile spagnola, incendiarono la cripta della Sagrada Familia, al cui interno era ubicato il laboratorio dell’architetto, creando la distruzione della maggior parte dei suoi schizzi, mappe, appunti e modelli in scala.

Il suo culto ebbe di nuovo inizio dagli anni Cinquanta del XX secolo, sempre in virtù dell’interessamento di personaggi illustri, come ad esempio l’artista surrealista Salvador Dalì e l’architetto Josep Llouis Sert. Oggi il Maestro beneficia di una eccezionale popolarità. Anche insigni architetti sono arrivati ad esternare la più completa stima per il Maestro: come Santiago Calatrava e Norman Foster, che mostrano chiari riferimenti verso l’architetto catalano, fino a Le Corbusier, per il quale Antoni era: “colui che possedeva la maggior forza architettonica tra gli uomini della sua generazione”, o a Louis Sullivan che presentò la Sagrada Familia come: “il maggior prezzo di creazione architettonica degli ultimi venticinque anni”.

Quando visitiamo gli edifici dell’artista, la vista si perde nell’esplorazione degli spazi, luoghi della vita di Cristo; egli ci lascia un patrimonio inestimabile, e le sue opere sono il prodotto di una delle più straordinarie architetture di ogni tempo.

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