LA CHIESA DI SANTA MARIA DELL’ORAZIONE E MORTE IN VIA GIULIA A ROMA

Nel Medioevo via Giulia si chiamava “Magistralis” perché reputata una via maestra, anche se tortuosa e fangosa. Sisto IV della Rovere, nel piano di riorganizzazione della città, nel 1478 ristrutturò questa via denominata “Mercatoria” perché collegava la zona ad alto potenziale finanziario (piazza di ponte S. Angelo) con i mercati di Campo de’ Fiori e di piazza Navona. Ma fu nel 1508 che Papa Giulio II della Rovere progettò con il Bramante la prima e più lunga strada di Roma (1 km) a tracciato rettilineo (tanto che fu chiamata anche via “Recta), denominata “strada Julia”dal nome del pontefice. Lungo questa strada si allinearono i palazzi con i blasoni più potenti dell’epoca, dai Sacchetti ai Ricci ed ai Chigi, a testimonianza della notevole importanza della via. La chiesa di S. Maria dell’Orazione e Morte si trova appunto all’inizio di via Giulia, accanto all’arco Farnese ed al palazzo Falconieri. Il titolo anticipa le particolari caratteristiche dell’edificio, che per gli esperti rappresenta uno dei migliori esempi barocchi di complesso religioso del 700 a Roma. Viene eretta nel 1573 con annesso oratorio, a spese della “Compagnia della Morte”. Istituzione che fin dagli anni trenta del 500 si era distinta nel seppellire vagabondi, pellegrini senza identità. Non essendoci all’epoca servizi cimiteriali pubblici, spesso i cadaveri di persone scomparse, inghiottite dai flutti del Tevere, barboni o mendicanti dimenticati da tutti rimanevano per strada, senza che nessuno si preoccupasse di dare loro giusta sepoltura. Ecco lo scopo della Confraternita: persone coraggiose che si occupavano di raccogliere i cadaveri, soprattutto quelli trasportati dal Tevere (che si trova proprio dietro la chiesa) per dare loro una cristiana e degna sepoltura. Venuto a conoscenza dell’attività benefica della Compagnia, nel 1552 Papa Giulio III ne approva ufficialmente la costituzione, concedendole molti privilegi e chiedendo di aggiungere al titolo “…… e dell’Orazione”. Il 17 novembre 1560 il Papa Pio VI con Bolla “Divina Providente Clementia” eleva la Compagnia ad Arciconfraternita. Nel 1737 chiesa ed oratorio diventano insufficienti, per cui si decide di ampliarli, viene realizzato un vasto cimitero, in parte sotterraneo, in parte sulle rive del Tevere. Cimitero che rimane attivo fino al 1876 quando deve essere distrutto per realizzare i muraglioni del Tevere. Opera resa ormai indispensabile per evitare ulteriori gravi esondazioni del fiume. Parte dei resti dell’antico cimitero sono ancora visibili sotto l’attiguo palazzo Falconieri. La chiesa nel rifacimento barocco settecentesco viene realizzata dal grande artista fiorentino e confratello Ferdinando Fuga. Lo stesso che, nominato nel 1730 Architetto dei Sacri Palazzi da Papa Clemente XII, ha progettato a Roma: il palazzo della Consulta, un’ala del palazzo del Quirinale, la facciata principale di S. Maria Maggiore ed il portico della chiesa di S. Cecilia. La facciata è ricca di colonne e pilastri su due ordini, ognuno rappresentato con timpano curvo: spezzato quello inferiore, che racchiude un secondo triangolo quello superiore. Lesene e macabre decorazioni con teschi alati danno alla visione d’insieme un carattere plastico, ascendente. Sull’ingresso principale una clessidra simboleggia il trascorrere del tempo necessario per raggiungere la morte. L’interno a pianta ovale con colonne e quattro altari ai lati, contiene numerose decorazioni, che richiamano la vita dopo la morte. Tra la prima e seconda cappella a destra, “S. Antonio Abate”e “S. Paolo di Tebe”, opera di Giovanni Lanfranco; nella seconda cappella, con architettura di Paolo Posi, vi è copia del “S. Michele Arcangelo” di Guido Reni (l’originale del grande pittore bolognese è conservato all’interno della chiesa dei Cappuccini in via Veneto a Roma); sull’altare maggiore una “Crocifissione” di Ciro Ferri del XVII sec.; tra la seconda e la prima cappella di sinistra “S. Simeone Stilita”, altro affresco di Giovanni Lanfranco. Le particolari caratteristiche della chiesa si riscontrano nella cripta-ossario sotterranea. Qui si trova ancora una piccola parte dell’antico cimitero dell’Arciconfraternita, in cui dal 1552 al 1876 sono state inumate più di 8000 salme. In questo luogo sono esposte una serie di creazioni artistiche, realizzate con “ materiali “originali. Ossa teschi e scheletri utilizzati per decorazioni, sculture, grandi lampadari, acquasantiere e un crocifisso esprimono tuttavia la rappresentazione di una morte umanizzata, esorcizzata, “viva”. Piccola curiosità finale: in passato a Roma, si usava celebrare il giorno dei Morti anche attraverso rappresentazioni teatrali che avevano come sfondo e scenografia luoghi come ospedali e cimiteri. A rendere più mistico e

verosimile lo spettacolo, si usavano statue in cera (ma anche veri cadaveri) per rappresentare la morte, il Giudizio Universale o tutto ciò che potesse avere a che fare con i defunti. Ed anche questa piccola chiesa dell’Orazione e Morte, con il suo cimitero, divenne uno dei luoghi prediletti per coloro che inscenavano queste tragedie teatrali. La chiesa rappresenta un piccolo gioiello culturale e artistico, poco conosciuto al pubblico, che Roma custodisce gelosamente mantenendolo inalterato nel tempo.

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