La Bayadère all’Opera di Roma: cenni su un balletto tragico velato di fiaba

Messa in scena per la prima volta al Teatro Mariinskij nel 1877, La Bayadère è un’opera tragica nella sua veste più crudele: i personaggi soffrono e sono destinati a soffrire, gli eventi li trascinano verso un’unica direzione, sempre più nera, e l’unica flebile speranza che lo spettatore si ritrova a nutrire, insieme alla bayadera Nikia, si spegne in un soffio rivelandosi nient’altro che un inganno, una trappola verso la più amara e inappellabile delle condizioni.

Quando Ludwig Minkus creò la musica e Marius Petipa ideò la coreografia (e si occupò anche, insieme a Chudekov, del libretto) di quello che sarebbe diventato uno dei capisaldi del balletto classico, La Bayadère rispecchiava ed assecondava alla perfezione quelle che erano le tendenze dominanti nei gusti e nelle aspettative del pubblico, a partire proprio dal soggetto. L’ambientazione esotica, soluzione che Petipa sperimentò sia nella variante spagnola (si pensi al Don Chisciotte del 1869) che in quella orientale, si traduce in un generico Oriente di fatto inesistente, vagheggiato dalla mentalità ottocentesca affamata di intrattenimento e curiosa dell’altrove, non necessariamente per conoscere a fondo storie e usanze diverse dalle proprie: nella maggior parte dei casi era sufficiente alla loro fantasia qualche dettaglio diverso, bizzarro o per loro inusuale sul quale potevano far correre la fantasia nel costruire storie dal sapore remoto e dall’estetica accattivante e sfarzosa.

Il conflitto amoroso tra l’amata ballerina e la fanciulla alla quale il giovane in questione è promesso – un topos tra i più apprezzati nel XIX secolo, vale la pena citare il Notre-Dame de Paris di Victor Hugo – trova il suo posto anche in questa fiaba dalle tinte crude, con il guerriero Solor che nel Tempio giura amore eterno alla bayadera Nikia, ma poi viene promesso a Gamzatti, l’affascinante figlia del rajah. La figura sinistra (per certi versi assimilabile proprio al Claude Frollo di Hugo) del bramino, geloso di Nikia, informa il padre di Gamzatti della relazione di Solor con la bayadera, innescando la catena di eventi che porterà all’uccisione di Nikia da parte di Gamzatti, che durante la festa per il suo fidanzamento con Solor farà recapitare a Nikia un cesto di fiori che lei, credendolo da parte di Solor, stringerà a sé; danzerà entusiasta finché dal cesto non fuoriuscirà un serpente velenoso che la morderà e lei, credendo di aver perso Solor e rifiutando di cedere al ricatto del bramino, si lascerà morire.

Nel secondo atto un addolorato Solor fumando oppio sogna di trovarsi nel Regno delle ombre, un lungo corteo di ballerine vestite di bianco che fanno il loro ingresso scendendo lente e luminose, lievi come le ombre che rappresentano. Questo ballet blanc (atto bianco), le cui variazioni sono tra le più tramandate ed ammirate del repertorio classico, è considerato il capolavoro assoluto di Petipa: una composizione serafica e struggente che gli permette di plasmare un aldilà soprannaturale che prende vita dall’immaginazione di Solor, prima incedendo lentamente e poi coinvolgendolo del tutto, in un crescendo che somiglia al nostro sognare notturno.

Dal 25 febbraio al 2 marzo 2023 La Bayadère sarà in scena al Teatro dell’Opera di Roma, con coreografia di Benjamin Pech (da Marius Petipa)

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