INFINITESIMALE L’“ennesima potenza” nei “minimi termini”

La mostra di Paolo Gobbi, Piccolo infinito quotidiano, a cura di Maurizio Coccia e Loredana Rea, in corso presso la Fondazione Umberto Mastroianni, nel Castello di Ladislao, ad Arpino (FR), è una occasione per vedere l’opera di un artista minimalista, il quale recepisce con segni essenziali tutte le inquietudini della vita, in un tempo che si estende dall’istante all’eterno. Sono opere, quelle di Gobbi, che palesano una maturità e una sicurezza di indirizzo ormai consolidata da decenni di lavoro e di esposizioni, e che sono scaturite anche dal confronto con veri e propri classici della resa scabra e quasi senza aggettivi dell’esistenza di tutti i giorni.

Le Pagine per Montale sono in questo senso un baricentro evidente, che si conferma nelle installazioni dedicate agli Xenia dello stesso autore, per le quali Gobbi ha scelto di sviluppare il suo linguaggio grafico su supporti che vanno dalla classica cartella cartacea, tripartita, da archivio, alla lastra di alluminio percorsa da tracce filiformi, lasciate da un sismografo interiore che è però in sintonia con l’esterno. Questa è infatti la sua piccola magia, capace di evocare per semplici ma meditati accenni, quali riccioli, punte di tentacoli, strutture simili a gabbie di uccelli volati via, una tradizione che, nelle Marche (l’artista, nato a San Severino, si è formato ed è docente all’Accademia di belle arti di Macerata), risale a Bruno da Osimo. 

Si tratta di un simbolismo interdetto, portato a convivere nello spazio anche con strutture architettoniche davvero minimali (le scatole bianche di cartone impilate o sparse al suolo di Senza titolo, del 2006) o sviluppato su piccoli pannelli appesi al muro, in un labirinto leggero, che sosta su una parete ma non vi si fissa del tutto. La capacità di filtrare gli impulsi estetici provenienti dall’esterno trova inoltre un momento di eccezionale e drammatico lirismo nella installazione intitolata Macerie dove, su superfici inquadrate in strutture di metallo simili a letti, si vedono passare i segni lunghissimi e infiltranti del terremoto che ha sconvolto di recente le Marche, e che l’artista ha vissuto e patito, a San Severino, in prima persona. Il Piccolo infinito quotidiano si fa così specchio di fatti privati ma anche di macro eventi collettivi, e li trascrive in un inventario basato sulla continuità di una poetica che non cessa di trovare sempre nuove modalità di attuazione. La mostra, inauguratasi il 28 aprile scorso, resterà aperta fino al 1 luglio 2018.

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