“Inferno 1860 – un noir napoletano” di Marco Lapegna

Cosa hanno in comune due donne morte in un appartamento: una anziana venditrice ambulante e la moglie di un giudice? Sicuramente il fatto che qualcuno/a le volesse tanto male da volerle morte. Su questo caso di omicidio indaga l’ispettore di primo rango della polizia borbonica Gaetano Casagrande.

Ad agitare la cronaca di una Napoli del 1860, però, non è solo l’efferatezza di questo duplice omicidio. C’è anche la lenta agonia del Regno di Napoli, la fine di un’epoca, l’inizio di un’altra età politica, quella della nascita dell’Italia, che dovrebbe portare ordine e ricchezza, ma che stenta ad affermarsi in un tessuto sociale complicato e in un ordine politico che si interroga sulla propria forma, imposta dall’esterno e quindi subita, non scelta.

Nel romanzo di Marco Lapegna, “Inferno 1860”, il noir si affianca alla narrazione di un’epoca e dei sui cambiamenti storici. L’ispettore Casagrande indaga, ipotizza, interroga i protagonisti dei bassi di Napoli per capire chi volesse il male dell’anziana venditrice ambulante e, contemporaneamente, frequenta le classi agiate della borghesia napoletana per capire chi potesse nutrire sentimenti omicidi verso la moglie del giudice. Tutto questo, mentre il Regno borbonico, con le sue contraddizioni, le promesse mancate, le carenze croniche e le tentacolari infiltrazioni della camorra sta per cedere all’avanzare dei Savoia e dell’Unità d’Italia, foriere di migliorie e di speranze.

L’ispettore Casagrande procede con impegno nelle sue indagini, mentre “dall’alto” decidono di integrare gli uomini della camorra nell’apparato dello Stato, mentre finisce un’epoca storica e ne inizia un’altra. Lui procede caparbiamente nella sua indagine, anche se il duplice omicidio si perde in eventi più grandi e più complessi e la sua autorità viene minata e ridotta dai cambiamenti in atto. È come un faro che illumina le onde altissime di un mare in tempesta e che rappresenta un punto fermo, una roccia, in mezzo all’inafferrabile liquidità del mare.

Gli avvenimenti dell’estate del 1860 richiamano, in qualche modo, eventi a noi più vicini. All’epoca si discuteva di aggregazione e unità politica della nostra penisola: federalismo? stato unitario? Monarchia? Di chi? Mentre oggi appassiona l’analisi sull’evoluzione dell’Unione Europea fra allargamento, uscite, rafforzamento. In entrambi i casi, l’entusiasmo, le aspettative e le attese di un cambiamento in meglio sono forti. Eppure, perché ci sia cambiamento vero, non è sufficiente desiderarlo. Il cambiamento implica una modifica dei comportamenti, un’azione positiva, un’attività concreta, non passiva attesa di un “qualcosa” che intervenga.

Oppure, accade che ci sia una terza via, che fra assunzione in prima persona dell’iniziativa e parassitica attesa di un miracoloso intervento, finisca per stabilirsi e nutrirsi di questa incapacità a muoversi quella che Tomasi di Lampedusa nel “Gattopardo” definirebbe una situazione in cui “tutto cambia perché nulla cambi”. Una verità molto italica (purtroppo!) e molto vicina all’esito che conosciamo di quella “rivoluzione napoletana del 1860”. Il Regno d’Italia non ha portato cambiamenti rivoluzionari rispetto alla situazione della Napoli ante 1860. Perché? Di chi è la responsabilità? Della politica? Del popolo? Delle circostanze? Difficile rispondere. In primo luogo, perché un cambiamento ci sia, è necessario non solo desiderarlo, ma mettere in conto che comporterà un “movimento” da una situazione di stasi, quindi, una mutazione di modi di vedere le cose, di abitudini, di impegno, di perdita di ciò che è conosciuto per acquisire delle novità sconosciute (comportamenti, modi di pensare, tensione emotiva etc).

L’ispettore Casagrande vede tutti questi mutamenti storici avanzare e passargli accanto, mentre lui indaga sul duplice omicidio, come se la concretezza del caso e di quei corpi lo aiutasse a rimanere con i piedi a terra, mentre ideologie, aspirazioni, sogni, la Politica agita gli animi e le menti delle persone. Ma concretamente? Cosa accade nella vita delle persone, in quelle che sono vive così come in quello che resta delle vittime di nefaste azioni altrui?

Un noir retrospettivo che indaga oltre il momento in cui ha avuto luogo il delitto delle due donne, per trovare le tracce e le impronte del passaggio del tempo sulla “scena generale del crimine”: l’Italia.

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