Una fredda domenica di gennaio

Se una domenica mattina di gennaio siete a Roma, la temperatura è quasi vicina allo zero e il cielo un po’ imbronciato e vi viene la voglia irrefrenabile di trovarvi in mezzo alla natura, se non ce la fate più a stare chiusi in casa a combattere il nemico invisibile, uscite (ben schermati dalla mascherina) a respirare aria di mare. Saltate sull’auto e imboccate via Cristoforo Colombo e prima di arrivare a Ostia, fermatevi e entrate nella pineta di Castel Fusano. Se c’è con voi una buona guida naturalistica e pochi camminatori interessati, il gioco è fatto.

Sarebbe una passeggiata più confortevole in primavera o in autunno ma in questo momento c’è bisogno di aria aperta in un’oasi a due passi da casa e godere del piacere di sgranchire le gambe per una decina di chilometri.

Questa bellezza della natura romana vive da molti secoli e è stata ambita da grandi famiglie. Nel 1600 era di proprietà dei Sacchetti, poi dei Chigi e in seguito i Savoia ne fecero la loro riserva di caccia, infine negli anni ‘30 del sarà patrimonio del Comune di Roma. E’ diventata area protetta dagli anni ’80.

In un dedalo di sentieri, purtroppo poco segnalati o con cartelli deturpati, ci incamminiamo tra i pini domestici e scopriamo che furono importati dalla odierna Turchia dai Romani. E’ spettacolare vedere le chiome a ombrello a difenderci dal vento.

Gli alberi sono una delle testimonianze della storia di Roma. Il pino è legato al periodo fascista, infatti Mussolini nel vano tentativo di emulare le gesta dell’antico impero romano, scelse i pini per costeggiare la via Cristoforo Colombo come “Via dell’Impero”. La strada che da Roma arrivava fino al mare era compresa nel progetto E42 che, con l’esposizione universale, celebrava il 20^ anniversario della marcia su Roma mentre I platani che abbelliscono il lungo Tevere e il quartiere Prati ci ricordano i Savoia gli olmi di Trastevere sono legati a Pio IX, l’ultimo Papa re.

Continuiamo a camminare e la guida ci ricorda l’incendio del 2000 che distrusse una grande parte della vegetazione e come la natura lasciata lavorare spontaneamente ha ripopolato il terreno con le piante pioniere come il Lentisco e l’Asphodelo. Bellissimi i pini di Damasco e che si riproducono dopo gli incendi elevando le chiome in alto.

Siamo difronte alla così detta Villa di Plinio (ma probabilmente dell’oratore Ortenzio) non la visitiamo perché, dato il periodo, è chiusa al pubblico. Si intravedono dalla recinzione i lavori di scavo del cantiere. Era una delle “ville dell’ozio” che solitamente che in campagna non lontano da Roma. Il “tempo dell’ozio” per i Latini era il tempo libero che classe agiata impiegava per coltivare le arti e la cultura, il tempo per edificare sé stessi in opposizione al tempo del “negozio” ovvero degli affari sia pubblici che privati.

Dopo qualche passo, ci viene incontro la via Severiana, la strada litoranea che collegava le ville dell’ozio della costa. I basoli di pietra vulcanica dei Castelli romani lastricano l’ultimo tratto del nostro percorso e seguendo i solchi antichi dei carri, con il respiro più leggero e la mente lontana dalle ansie quotidiane, ritorniamo difronte al mare.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares