Freaks out: Mainetti colpisce ancora

Se avete ancora la bocca spalancata dal 2015, precisamente dai tempi di Lo chiamavano Jeeg Robot, preoccupatevi di tenerla aperta per un altro po’. Come mai così tanto stupore? Forse perché prima dell’avvento di Gabriele Mainetti, si temeva che il grande cinema italiano fosse relegato all’80% nel passato di Fellini e Pasolini, e al 20% nei singoli nomi di registi del nostro tempo acclamati a livello internazionale. Tutto il resto era un misto di “cinepanettoni” e comicità per lo più basata sulle differenze regionali.

Nel 2014 ecco uno spiraglio di cambiamento, o, almeno, un tentativo: Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores ha tentato, con un flop, di dare una cittadinanza italiana alla realtà fantascientifica e super-eroistica statunitense, che all’epoca godeva, a livello cinematografico, del successo dei primi Avengers. E poi, un anno dopo, Lo chiamavano Jeeg Robot: un misto di regionalismo, fanstascienza e matrice fumettistica orientale. Un colpo da maestro. In molti hanno temuto di svegliarsi da un bel sogno, di aver preso solo un abbaglio, che il cinema italiano non avesse davvero partorito con successo qualcosa di così distante dalla propria natura in un momento tanto propizio.

Nel 2021, a distanza di sei anni, giunge la conferma che tutto questo è realtà: Freaks out mescola la storia di Roma e dei romani al tempo del fascismo e del nazismo con lo straordinario magico-fantastico e il mondo circense. Per certi versi, sembra ricordare il film-musical statunitense diretto da Michael Gracey nel 2017: The Greatest Showman, sebbene i presupposti dei due film, a livello di trama, siano molto differenti. Lo straordinario non mitiga le tinte nere di quel particolare periodo storico, e nemmeno la comicità di Castellitto e Santamaria.

Forse, due dei maggiori punti deboli di Freaks out ricadono nella sua lunghezza importante e sul vasto intreccio di trame di più personaggi, forse troppi. Nonostante ciò, sembra quasi un miracolo che un film con gli effetti speciali di Freaks out sia stato veramente prodotto in Italia (sebbene il remake di Pinocchio del 2019 abbia dato un buon assaggio dei passi da gigante compiuti in questo campo). Tutto questo fa ben sperare per il futuro del cinema nostrano per i prossimi anni, pronti ad andare in sala, ancora una volta, a bocca aperta

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