Una festa inattesa In occasione dell’anniversario della morte di J.R.R.Tolkien (2 settembre 1973)

Perché piace Tolkien? Perché il suo capolavoro “Il signore degli anelli” è, secondo alcune statistiche, il libro più letto al mondo, dopo la Bibbia?

Viene da chiederselo oggi, a quarantacinque anni dalla morte dello schivo scrittore inglese scomparso il 2 settembre del 1973 all’età di 81 anni. Proprio quest’anno una mostra celebra il “creatore della Terra di Mezzo” nella sua Oxford, presso l’università che lo vide insegnare.

Sempre quest’anno, il 24 Ottobre, si aspetta l’uscita del “suo” libro La caduta di Gondolin, in realtà una rielaborazione di vecchi scritti ad opera del figlio, Christopher.

Quando muore Tolkien ha già avuto modo di notare l’incredibile fenomeno che si è scatenato attorno ai suoi libri (essenzialmente due: Lo Hobbit e Il signore degli anelli, mentre Il Silmarillion fu rielaborato dal figlio e pubblicato postumo). Un “deplorevole culto”: così lo scrittore definì la “Tolkien-mania” scoppiata un po’ dovunque nel mondo, e soprattutto negli USA, dalla prima edizione inglese del 1955.

Tolkien stesso non si spiegava il suo successo. Quello che per lui era stato per moltissimi anni un “vizio segreto”, cioè la creazione di mondi paralleli con i loro linguaggi, genealogie, geografie e cronologie, era diventato non solo di dominio pubblico ma anche di altissimo gradimento pubblico.

Il suo secondo figlio, Michael, ci ha lasciato una dichiarazione che forse serve a spiegare il successo di quelle strane storie inventate dal pigro e riservato professore di filologia: “Almeno per me non c’è nulla di misterioso nell’entità del successo toccato a mio padre, il cui genio non ha fatto che rispondere all’invocazione di persone di ogni età e carattere, stanche e nauseate dalla bruttezza, dall’instabilità, dai valori d’accatto, dalle filosofie spicciole che sono stati spacciati loro come tristi sostituti della bellezza, del senso del mistero, dell’esaltazione, dell’avventura, dell’eroismo e della gioia, cose senza le quali l’anima stessa dell’uomo inaridisce e muore dentro di lui”.

L’epica, il primo genere della letteratura, sembrava scomparsa. Il ‘900 di Proust e Joyce non aveva più un suo epos, una “parola” che affondasse alle radici più profonde dell’umanità. Su questa “terra desolata” l’avvento del Signore degli anelli è stato come una cascata d’acqua nel deserto, un’improvvisa festosa esplosione di vita, una inaspettata piccola grande rivoluzione

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