Quando ci si accorge dell’importanza del pollice?

Quando diventa faticoso, o addirittura doloroso, usare le chiavi per aprire la porta di casa oppure svitare il tappo della bottiglia dell’acqua potremmo essere affetti da rizoartrosi.

La rizoartrosi è una patologia degenerativa su base artrosica che interessa l’articolazione trapezio-metacarpale della mano, ossia quell’articolazione che sta alla base del pollice.
L’esordio della degenerazione è con dolore saltuario, alcuni giorni va tutto bene altri invece i movimenti del pollice sono dolorosi, soprattutto se compiuto con sforzo. Gradualmente il problema si cronicizza, così come il dolore che diventa dapprima notturno e poi quasi persistente, con conseguente perdita di forza. Quando il processo artrosico avanza può essere associata una deformazione artrosica dell’articolazione stessa, che tenderà ad ingrossarsi.

Le cause di questa degenerazione sono da ricercare nell’utilizzo gravoso dell’articolazione stessa, il che chiaramente porta ad accelerarne il degrado, ma non solo: infatti una lassità congenita dell’articolazione trapezio-metacarpale, pur non effettuando lavori manuali pesanti, può essere da sola sufficiente per instaurare un quadro artrosico severo. Nella donna la menopausa può giocare un ruolo fondamentale nel far emergere la malattia.


La diagnosi è molto semplice e viene effettuata attraverso una radiografia della mano o eventualmente una risonanza magnetica.
Gli esami diagnostici sono in grado di far valutare al medico specialista e al fisioterapista il grado di artrosi, e quindi di danneggiamento, dell’articolazione. Pertanto in prima battuta si inizia con la messa a riposo dell’articolazione se il quadro infiammatorio è molto importante, attraverso l’uso di un tutore rigido; si procede poi con la terapia conservativa attraverso l’impiego di ultrasuoni, tecarterapia, InterX terapia e delle delicate manipolazioni per aiutare la componente miotendinea. Le terapia conservative hanno un’efficacia più che valida nella gestione del dolore e del quadro infiammatorio.

Tuttavia, nel caso in cui si approcci alla fisioterapia tardivamente e non si ottengano quindi i benefici sperati, si deve passare ad un approccio chirurgico: l’intervento può prevedere, in base alla valutazione del chirurgo, o la sostituzione dell’osso trapezio oppure asportare una piccola porzione della rima articolare e sostituire solamente quella; questa scelta ovviamente è suscettibile della gravità del degrado dell’articolazione.
Successivamente all’intervento l’articolazione viene immobilizzata per circa tre settimane alle quali seguirà la parte riabilitativa. Per il rientro alle normali attività quotidiane ci vogliono circa 40 giorni, fatto salvo che si tratti di un lavoratore manuale pesante: qui il tempo di convalescenza si prolunga fino anche ad 80 giorni.

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