C’è un sito archeologico nascosto sotto Porta di Roma?

Un’ipotesi che, se verificata, sarebbe triste quanto terribile: ma, si tiene a sottolinearlo fin da principio, è proprio di conferme che ora necessita la tesi avanzata da un anonimo ingegnere, in un’intervista rilasciata a Riccardo Corsetto di L’Unico, testata indipendente romana. Stando alle dichiarazioni fornite, l’uomo avrebbe lavorato al progetto per lo sviluppo urbanistico relativo al centro commerciale “Porta di Roma”, aperto nel 2007 nella zona nord della Capitale e caratterizzato da una estesa attività di edificazione della zona circostante.

Il sedicente ingegnere dichiara che, al di sotto dell’immenso centro commerciale, si troverebbe un parco archeologico le cui dimensioni sarebbero pari a «sei volte quelle di Pompei». Una scoperta di proporzioni storiche, quindi, che sarebbe stata insabbiata onde non rallentare o bloccare i lavori – eventualità spesso comune a Roma, i cui cantieri per le recenti linee metropolitane B1 e C sono stati un’epopea durata anni e anni.

L’intervistato afferma che ci fossero «delle mappe. Io le vidi al tempo dei sondaggi», tanto che «l’accordo di programma prevedeva non a caso un parco archeologico», nella realtà dei fatti mai completato. Sarebbe quindi prevalso un interesse di tipo economico nell’insabbiare – in tutti i sensi – i resti rinvenuti, dei quali un esempio sarebbe costituito «[dal] mosaico che è stato conservato al primo piano del centro commerciale, buttato lì senza nemmeno una scheda storica».

Il sito sarebbe consistente, in base al luogo di presunto rinvenimento, con i resti dell’antica Fidenae, florida città del Latium vetus pre-romano: un insabbiamento davvero grande sei volte Pompei? Risulterebbe difficile da credere, dal momento che la zona commerciale di “Porta di Roma” non è così estesa. L’anonimo ingegnere risponde a tale obiezione sottolineando come «l’area commerciale copr[a] 150.000 mq, ma con albergo, uffici e parcheggi arriviamo ad una superficie di 250.000. I sondaggi dimostrarono che tutta la zona è interessata da reperti.»

Al di là di questi dati spaziali, che meriterebbero dovuta verifica, ci si potrebbe chiedere quale ruolo abbia – o non abbia – svolto in merito la Soprintendenza: lo stesso ingegnere pensava che questa avrebbe predisposto ulteriori sondaggi archeologici, ma «la conseguenza sarebbe stato il blocco del progetto edile. Sia della galleria che dell’area residenziale. […] [U]n archeologo non ha il potere di competere contro un cartello che detiene il novanta per cento del mercato edile della Capitale.»

Quale che sia la verità, quella lanciata su L’Unico è un’ipotesi molto grave e che merita – nei limiti della possibilità materiale – ogni tipo di accertamento di sorta: dalla verifica delle carte dell’epoca dei lavori, all’eventualità di sondaggi archeologici nell’area.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares