IL CASTELLO DI GIULIO II AD OSTIA ANTICA

Prospiciente l’ingresso agli scavi, nel suburbio di Ostia Antica, si estende un’area caratterizzata da testimonianze culturali che dal periodo classico giungono fino all’epoca moderna ed in cui si inseriscono il borgo e la rocca. Ai primi secoli dell’impero sono riconducibili una serie di materiali (epigrafi, sarcofagi, tombe a fossa) e monumenti che indicano l’uso sepolcrale dell’area nella quale prosegue la necropoli di Porta Romana, sorta lungo l’antica via Ostiense, più volte individuata in coincidenza dell’attuale via dei Romagnoli. Continuità nell’uso sepolcrale è accertata per i secoli IV e V, quando alla martire Sant’Aurea fu dedicata una basilica cimiteriale, parzialmente conservata al di sotto dell’attuale chiesa rinascimentale. Ripetutamente restaurata nell’alto Medioevo la basilica divenne, nel IX sec., il nucleo intorno a cui Papa Gregorio IV (827-844) raccolse l’esigua popolazione ostiense, minacciata dalle scorrerie saracene. Il nuovo centro, denominato Gregoriopoli, era difeso da mura e munito di fossato. Il borgo, quindi, assunta fisionomia urbana divenne centro fortificato in funzione delle vicine saline e del tangente corso navigabile del fiume Tevere. Agli inizi del 400 Papa Martino V (1417-1431) nell’ambito di una politica volta a rafforzare le difese territoriali, fece costruire a guardia del Tevere una torre rotonda, circondata da un fossato. Il sito infatti rivestiva un ruolo di primaria importanza per il controllo dei traffici doganali e per la presenza delle saline il cui monopolio spettava alla Curia. Tra il 1483 e il 1487 durante il pontificato di Sisto V, il Cardinale Giulio Della Rovere (futuro Papa Giulio II) sovvenzionò la costruzione della chiesa di Sant’Aurea e del castello affidando i lavori al fiorentino Baccio Pontelli, come si legge sull’iscrizione nell’architrave del portale che precede l’atrio. Questa imponente opera posta a guardia del Tevere doveva costituire l’espressione della potenza dei Della Rovere. Baccio Pontelli mise mano al progetto recuperando il vecchio torrione di Martino V, quale maschio, al quale addossò due altre torri così da creare un unico corpo di fabbrica, dalla forma triangolare e distribuito intorno ad un cortile trapezoidale. Il castello venne separato dall’abitato per mezzo di un ampio fossato circolare raggiungibile tramite un ponte che arrivava al rivellino e da qui un secondo ponte che portava al castello. Il complesso architettonico costituito da un sistema continuo di aperture, le case matte (camere da sparo), che si sviluppavano sulle mura realizzate in laterizio con base perimetrale a scarpa erano interrotte dalla porta di accesso. Le case matte collegavano i tre torrioni attraverso un lungo e basso corridoio perimetrale che dava accesso a tutte le varie postazioni. Il castello roverasco si configurò come una struttura militare all’avanguardia per innovazioni tecniche, ed essenziale per la locazione strategica. Giulio II però coniugò anche alla rocca militare la sua residenza rinascimentale raffinata e solenne. Egli fece infatti realizzare sul lato occidentale del cortile l’appartamento papale; i tre piani dell’edificio vennero collegati da uno scalone monumentale le cui pareti, secondo recenti studi, furono affrescate da Baldassarre Peruzzi. Negli ambienti appunto dello scalone, fra finte architetture e false cornici eclettiche in stucco, si susseguono grottesche, gruppi di figure ed alcune scene delle Fatiche di Ercole. Il richiamo all’eroe mitologico non può apparire casuale, bensì inserirsi in quello che potrebbe essere ritenuto un richiamo simbolico alle imprese condotte dal “Papa guerriero”, in un parallelismo metaforico tra personaggio storico e figura leggendaria. Con l’avvento al potere di Papa Alessandro VI Borgia il castello fu subito sottratto ai Della Rovere anche per la personale avversione per questa famiglia. Dopo i vari passaggi fra i Borgia, i Colonna e gli stessi Della Rovere il castello finì definitivamente nelle mani della Camera Apostolica. La fortezza diventò la sede della Dogana Pontificia dove venivano pagate le gabelle sulle merci che arrivavano da Roma via mare; la Dogana venne poi trasferita a Tor San Michele nel 1557 dopo una devastante piena che spostò l’alveo del Tevere sull’attuale tracciato; nel XVIII sec. il castello venne utilizzato prima come fienile e poi nel secolo successivo come prigione per i forzati utilizzati nello scavo di Ostia Antica. Solo a partire dal 1859 iniziarono le prime campagne di recupero e ristrutturazioni del castello che si ripeterono durante il XX secolo per giungere agli ultimi restauri realizzati fra il 2003-2008. Nell’attuale allestimento museale della rocca nelle tre sale degli appartamenti papali, sono raccolti esemplari di ceramica rinvenuti in loco e databili tra il Medioevo e il Rinascimento con l’illustrazione delle proprie vicende storiche architettoniche. Il castello ed il borgo di Ostia esercitano un fascino innegabile su chi le visita, dalle sue torri lo sguardo spazia verso Roma, in un continuo dialogo che non cesserà mai.

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