“CANOVA. L’ULTIMO PRINCIPE”, ALL’ACCADEMIA NAZIONALE DI SAN LUCA IN ROMA.

Fino al 28 luglio 2023, per commemorare il bicentenario della morte di Antonio Canova,1757-1822, l’Accademia Nazionale di San Luca accoglie la mostra: “Canova. L’ultimo principe”, diretta ad attestare la presenza e la rilevanza dello scultore tramite il suo lungo rapporto con l’Istituto per le celebrazioni dei 200 anni dalla morte dell’illustre artista.

La mostra è dedicata ad Antonio Canova e al legame inscindibile che ebbe con l’Istituto romano, nel quale fu annesso come accademico di merito nel 1800, poi Principe nel 1810, e infine nel 1814 come Principe perpetuo.

L’odierna Accademia Nazionale di San Luca, nasce mediante una serie di passaggi attuati tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Seicento, dall’antica Università delle arti della Pittura di Roma, i cui primi statuti avevano la data 1479 e sul cui frontespizio è rappresentato San Luca nell’azione di ricevere le regole dell’Arte dai membri dell’Università. Al santo evangelista protettore dei Pittori fu destinata la pala d’altare, tradizionalmente attribuita a Raffaello, della piccola chiesa di San Luca sull’Esquilino prima sede dell’Università, poi tramutata nella chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano e infine a Palazzo Carpegna dove è oggi. L’Accademia, è un’associazione di artisti di Roma, fondata nel 1953 da Federico Zuccari che ne fu anche primo direttore, Principe. La suprema carica dell’Accademia, infatti, da sempre conferita a rotazione a un rappresentante delle tre arti: pittura, scultura e architettura fino agli statuti approvati nel 1812, era costituita da un Principe, sostenuto nella sua attività istituzionale da due Consoli. L’ultimo Principe fu appunto lo scultore, titolo che fu abbandonato per impiegare al suo posto la carica di Presidente. Dopo l’Unità d’Italia e l’ammissione di Roma al Regno nel 1870, dal 1872 mutò in Accademia Reale, e con l’istituzione della Repubblica dal 1948, variò di nuovo denominazione diventando “Nazionale. Per la realizzazione di via dell’Impero la storica sede dell’Accademia in via Bonella venne abbattuta, e nel 1934 l’Istituzione si spostò a Palazzo Carpegna. Oggi il Presidente è Paolo Icaro.

Antonio Canova, ha impresso all’Istituzione romana un nuovo indirizzo, che ha riguardato tutti i settori culturali: dalla riforma della didattica artistica, agli scavi, al restauro e tutela del patrimonio monumentale antico, alla promozione dell’arte contemporanea, al riassetto urbano della Capitale.

La rassegna è curata e organizzata da Claudio Strinati, Serenita Papaldo, Francesco Cellini, Laura Bertolaccini, Carolina Brook, Elisa Camboni, Fabrizio Carinci, Giulia De Marchi, Fabio Porzio, e l’Alto Patrocinato del Presidente della Repubblica.

Sculture, dipinti, disegni, documenti dello scultore, romano d’adozione, e degli artisti del suo periodo descrivono le sue relazioni con l’Accademia che ha origine esattamente nel 1593, nonché con l’adorata Urbe.

“L’intento della mostra”, scrive Claudio Strinati nell’introduzione della guida breve della rassegna, “è quello di mettere bene in luce quanto Canova sia stato importante per l’Accademia e quanto il ruolo da lui svolto in questo alto contesto degli artisti sia stato rilevantissimo per la città di Roma, per l’Italia tutta e per la storia della Belle Arti nel mondo intero consacrando al massimo livello l’autorevolezza e la conseguente autorità dell’Accademia stessa. Rifulge il prodigioso lavoro del Canova promotore appassionato delle Belle Arti e insieme conservatore del patrimonio artistico antico e moderno, culminante nell’eroica impresa del recupero dei beni trafugati dalle armate napoleoniche. Vediamo la vicenda dei Concorsi indetti dal Canova rinnovando mirabilmente una felice tradizione. Comprendiamo il ruolo di Bertel Thorvaldsen verso comuni strategie creative. Focalizziamo meglio alcune opere cruciali del Canova medesimo. Emerge dalla mostra la

peculiarità precipua del Canova accademico di San Luca, quella di imprescindibile punto di riferimento per la politica culturale, dalla creazione del nuovo alla tutela dell’antico senza una vera cesura o discontinuità tra l’uno e l’altro ambito di azione. Un ideale ed una prassi che hanno ancora molto da insegnare anche alle attuali generazioni”.

L’esposizione è composta da otto sezioni che riattraversano gli anni canoviani, dall’entrata in Accademia nel 1800 al suo decesso nel 1822.

La prima sezione: “Canova in Accademia”, racconta l’ingresso di Antonio Canova all’interno dell’Istituzione. Infatti, su proposta degli scultori Agostino Penna, Giovanni Pierantoni e Camillo Pacetti, l’artista diventò accademico di merito il 5 gennaio del 1800. Successivamente lo scultore dette trenta scudi al Camerlengo e come regalo di ingresso, voluto dalle prescrizioni statuarie, fece avere il bassorilievo in gesso da lui creato “Socrate che difende Alcibiade alla Battaglia di Potidea”. Esso raffigura una vicenda della battaglia di Potidea combattuta nel 432 a.C. fra gli ateniesi e le armate alleate di Corinto, Potidea era una colonia di tale città. La scena viene descritta dal Simposio di Platone, celebre dialogo del IV secolo a.C. secondo cui nella menzionata battaglia Alcibiade, dopo esser stato ferito, viene difeso e liberato dal suo Maestro Socrate. Nel suo bassorilievo è infatti riprodotto il filosofo greco, uomo anziano e barbuto che con lo scudo si protrae in avanti per difendere il compagno ferito, ormai a terra, mentre di fronte a lui vi sono due combattenti, uno nell’atto di attaccarlo e ucciderlo.

La seconda sezione si chiama: “I concorsi Canova: pittura e scultura. Dal XVII secolo l’Accademia di San Luca aveva costituito alcuni concorsi nelle tre materie della pittura, scultura, e architettura, attraverso cui erano esaminati i traguardi degli studenti praticanti delle scuole accademiche e analizzati gli orientamenti trasmessi dai docenti. Lo scultore, nel corso del soggiorno in Francia nella corte imperiale nel 1810, conseguì da Napoleone una riforma generale dell’Accademia e un forte appoggio per gli artisti. Nella mente di Antonio Canova l’Istituzione romana doveva essere il primario riferimento per tutte le attività culturali, dalla produzione e promozione dell’arte contemporanea, agli scavi, al restauro dei monumenti antichi, al riassetto urbano. Ma fu con la realizzazione di due significativi concorsi, finanziati dallo stesso Canova, che l’Accademia potè donare al pubblico e alla critica alcuni effetti più manifesti di riforma in atto, come si può vedere nella serie dei grandi nudi dipinti di Francesco Hayez, Francesco Podesti, Domenico Pellegrini, Victor Schnetz, e scultori come Rinaldo Rinaldi.

La III sezione: “Canova e Thorvaldsen”, nella galleria ospita molteplici gessi dell’artista, presenti nella collezione dell’Accademia: l’Autoritratto, la testa colossale di Clemente XIII, e il Ritratto di Napoleone. Essi vengono messi in relazione con quelli dello scultore Bretel Thorvaldsen, che più giovane e richiesto nel corpo accademico da Canova, diverrà coprotagonista del patrimonio artistico romano.

La IV sezione: “La Religione”, è rivolta al gesso della Religione dell’insigne scultore. La prima statua della Religione, all’esordio della sua carriera, faceva parte del Monumento funebre di Clemente VIII Rezzonico in Vaticano: una matrona romana con la croce, che diventò simbolo citato e ripetuto per decenni come archi di trionfo o colonne celebrative. La seconda realizzazione era una statua colossale in marmo e l’artista aveva deciso, nel 1813, di donarla alla Basilica di San Pietro a Roma. Antonio Canova cominciò a creare la scultura definitiva che doveva essere alta 8 metri, ma i canonici di San Pietro si opposero alla sistemazione della statua all’interno della basilica vaticana poiché avevano paura che la pesantezza del marmo avrebbe potuto danneggiare la statica della struttura. Non si trovò una soluzione, così Canova rinunciò al progetto e devolse il denaro alla edificazione di una nuova chiesa a Possagno, il Tempio. Il modello in gesso, regalato all’Accademia dal fratellastro Giovanni Battista Sartori nel 1830, fu inizialmente ubicato nella galleria e

dopo posto nella chiesa dei S.S. Luca e Martina al Foro Romano, in cui nel 1926, a causa di alcuni lavori di restauro, fu ridotto in pezzi. La scultura mostrata è ciò che resta della composizione.

Si arriva poi alla V sezione: “L’Accademia al tempo di Canova”, in cui vi sono i ritratti dei moltissimi esponenti che vollero la sua designazione a Principe nell’Accademia, come Vincenzo Pacetti, Agostino Penna, Pietro Camporese, e dipinti e sculture di Pietro Benvenuti, Vincenzo Camuccini, Filippo Albacini, Agostino Tofanelli e Andrea Pozzi. Ancora esposte opere che attestano l’attività attuata dallo scultore in Accademia come la vicenda del Concorso Balestra del 1801. La sezione termina con due casi studio: La Maddalena penitente, e il modello di Arco trionfale, dedicato a Francesco II d’Asburgo Lorena.

Nella VI sezione: “De’ Monumenti Antichi”, al primo piano attraverso la rampa elicoidale di Francesco Borromini, le composizione si rivolgono al ruolo dello scultore garante degli interventi di restauro sui monumenti antichi della Capitale. Infatti, è da sottolineare la fondamentale funzione assunta nel 1815 per il ritorno nella nostra penisola delle opere prelevate dai francesi, concernenti alla tutela e alla conservazione del patrimonio culturale.

La VII sezione si intitola:”I concorsi Canova: architettura”. Nel 1817 viene bandita la prima edizione del Concorso Canova anche per i giovani architetti, di essa vi saranno due edizioni, nel 1817 e nel 1820. E’ importante ricordare tutte e due le prove di ammissione al pensionato, l’argomento per la classe di architettura si rivolge alla progettazione di un edificio per “una accademia di Belle Arti a vantaggio della pubblica istruzione”, 1817, e di una “Fabbrica da potersi adattare in locale opportuno all’Accademia di San Luca”, 1820.

Infine l’VIII e ultima sezione: “La Scuola del Nudo capitolina, fondata da Benedetto XIV nel 1754, è diretta dall’Accademia. Il Principe dell’Accademia selezionava annualmente gli accademici pittori e scultori, per dirigere lo studio alternandosi ogni mese con sospensioni ogni mese e nel mese del carnevale. Nell’Urbe, il tirocinio degli artisti era effettuato negli studi privati e la Scuola del Nudo dava la prestigiosa opportunità di avvalersi degli insegnamenti di molteplici Maestri e di creare nuovi contatti. Era una scuola maschile pubblica e gratuita, aperta ogni giorno a studenti di tutte le nazionalità e religioni. I concorsi di disegno e di scultura, su tavolette in creta, erano indetti a marzo per il nudo e a settembre per il panneggio, le prove venivano valutate da una commissione composta anche da direttori degli altri mesi. In Accademia sono custoditi soltanto i disegni.

Antonio Canova nasce a Possagno, Treviso, a circa 80 chilometri da Venezia, l’1 novembre 1757. A quattro anni muore il padre Pietro; la madre, Angela Zardo, si risposa subito dopo con Francesco Sartori. Fin da giovanissimo, espresse una naturale predisposizione alla scultura: realizzava infatti composizioni con l’argilla di Possagno. Nel 1768, Antonio Canova inizia a lavorare nello studio di scultura dei Torretti a Pagnano d’Asolo, vicino Possagno: tale luogo fu per Antonio, una reale scuola artistica. Sono stati i Torretti ad inserirlo nel mondo veneziano, pieno di molti fermenti culturali e artistici. A Venezia, lo scultore seguì la scuola di nudo all’Accademia e studiò disegno traendo spunto dai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti. Dopo esser andato via dallo studio dei Torretti, dette vita ad una sua bottega: compì le prime composizioni che lo resero noto a Venezia e nel Veneto: Orfeo ed Euridice, 1776 e Dedalo e Icaro, 1779. Nel 1779, Antonio Canova effettuò il suo primo viaggio a Roma, in cui creerà le sue opere più eccelse, dalle Grazie ad Amore e Psiche, dai Monumenti funebri dei Papi Clemente XIII e XIV a Maria Cristina d’Austria, ai tanti soggetti mitologici, come Venere e Marte, Perseo vincitore della Medusa, Ettore e Aiace, ed eserciterà per sovrani, principi, papi ed imperatori di tutto il mondo. L’ambasciatore veneto, Gerolamo Zulian, commissionò allo scultore i primi lavori a Roma, facendogli eseguire Teseo sul Minotauro, 1781, e Psiche, 1793. Intanto la sua notorietà aumentava in Italia e si estendeva all’estero in tutta Europa. La sua arte era

strutturata secondo la tecnica degli antichi greci, dal disegno all’argilla, dal gesso al marmo, avvicinandosi sempre più profondamente ai contenuti della mitologia classica. Quando i francesi occuparono la Capitale nel 1798, egli decise di allontanarsi da Roma e tornare a Possagno, luogo in cui esercitò la pittura: in due anni dipinse numerose tele e quasi tutte le tempere che al momento sono all’interno della sua casa di tale paese. Nel 1804, con l’inizio del periodo napoleonico Canova diviene ritrattista ufficiale dell’imperatore, per lui crea tante composizioni come il Napoleone ubicato presso Apsley House, rappresentato come personificazione di Marte Pacificatore, i busti dei Napoleonici, il marmo di Letizia Ramolino e il famosissimo ritratto di Paolina Bonaparte, raffigurata come Venere vincitrice. Nel 1802 ottiene anche il ruolo di Ispettore Generale delle Antichità e delle Arti dello Stato della Chiesa, oltre a quello della tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, incarico datogli in virtù di Principe dell’Accademia di San Luca. Nel 1815 è a Parigi in cui, grazie a un’abile operazione diplomatica, riesce a recuperare numerosi e preziosi capolavori trafugati da Napoleone nella nostra Nazione e a ricondurre essi in patria. Nel medesimo anno il governo inglese gli chiede la sua opinione sull’autenticità dei marmi del Partenone. Pio VII, riconoscendo la sua rilevante azione nella difesa dell’arte italiana, gli concede il titolo di Marchese d’Ischia, con anche un vitalizio di tremila scudi che l’artista decide di devolvere al sostentamento delle accademie d’arte. Nel luglio del 1819 è a Possagno per la posa della prima pietra della Chiesa Parrocchiale la Santissima Trinità che ha progettato per la sua comunità. Il grandioso edificio, celebre anche come Tempio Canoviano, che oggi contiene la sua salma, sarà concluso però solo dopo dieci anni dopo la sua scomparsa, che si verifica il 13 ottobre 1822 a Venezia.

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