Anna Maria Luisa Medici e il Patto di Famiglia, ovvero perché la collezione medicea si trova ancora a Firenze

Siamo nel 1737 e, alla morte senza eredi di suo fratello Gian Gastone, che era stato Granduca di Toscana, Anna Maria Luisa (o Ludovica) de Medici, a sua volta priva di eredi, si era trovata ad essere l’ultima esponente della sua illustre famiglia, che, risalendo indietro nei secoli, faceva capo a Lorenzo il Magnifico e, prima ancora, a Cosimo il Vecchio. L’immensa collezione d’arte Medici passava dunque nelle sue mani.

Ad acquisire il Granducato di Toscana è Stefano di Lorena, genero dell’imperatore. Il padre di Anna Maria Luisa e Gian Gastone, il Granduca Cosimo III, aveva tentato di convincere i grandi sovrani d’Europa a riconoscere la figlia come erede legittima anche della corona granducale, ma i suoi sforzi furono vani dal momento che nessuno aveva intenzione di mettersi contro gli Asburgo-Lorena interessandosi ai passaggi dinastici del piccolo e tutto sommato poco importante stato toscano.

Come in altre occasioni i nuovi Granduchi fecero razzia dei beni artistici del loro nuovo territorio, particolarmente allettante in questo caso essendo stata la Toscana terra d’incubazione del Rinascimento, e li destinarono all’abbellimento delle loro dimore austriache. E la collezione medicea?

Quella, in quanto proprietà privata, familiare, passò invece, per fortuna della Firenze odierna, nella mani di Anna Maria Luisa de’ Medici, che con grande lungimiranza fece in modo di impedirne il futuro trasferimento a Vienna: in quello stesso 1737, infatti, siglò il cosiddetto Patto di Famiglia, che destinava (dopo la sua morte senza eredi, che avverrà nel 1743) l’intera collezione Medici – quadri, sculture e oggetti antichi contenuti nelle residenze medicee non solo fiorentine ma anche romane e nelle numerose ville al di fuori della città – “allo stato di Toscana per sempre” ma alla precisa condizione che non venissero mai rimosse da Firenze, “per l’utilità del pubblico” e “per attirare la curiosità dei forestieri” ossia dei visitatori stranieri.

A motivare questa sua fondamentale decisone, dunque, fu la profonda consapevolezza del legame culturale tra l’arte medicea e la città del giglio, la volontà che le opere d’arte fossero a disposizione e beneficio del maggior numero possibile di persone e infine – era pur sempre una Medici – la prospettiva di stimolare l’attenzione dei turisti nei confronti della città che Le aveva dato i natali e nella quale, appena aveva potuto – ossia alla morte di suo marito nel 1716 – aveva fatto ritorno.

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