25 maggio 1961: J. F. Kennedy punta il dito verso la Luna

Nella mattina del 12 aprile del 1961, dalle 9 alle 10:30, il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin era stato il primo essere umano nella storia a viaggiare nello spazio: aveva compiuto un giro attorno alla Terra a bordo della Vostok 1.

Un traguardo fondamentale per l’umanità ma anche, nell’ottica della Guerra Fredda che allora era nel pieno del suo svolgimento, la dimostrazione di un pericoloso primato tecnologico da parte della civiltà sovietica, che a quel punto nella corsa allo spazio sembrava essere in deciso vantaggio rispetto agli Stati Uniti, che avevano collezionato una serie di fallimenti e in generale stavano procedendo con maggiore lentezza – e cautela – rispetto ai rivali: la NASA non era ancora riuscita nemmeno a raggiungere quell’orbita terrestre che Gagarin aveva appena percorso con successo.

Circa un mese dopo il viaggio della Vostok 1, il 25 maggio del ‘61, il presidente J. F. Kennedy, in carica da appena qualche mese, si sente in dovere di rispondere: in palio c’è ben più che l’orgoglio nazionale, USA e URSS si stanno contendendo l’egemonia sul mondo intero, ed è un’egemonia fatta di armi e di mezzi, ma anche di pubblicità.

Quella che Kennedy annuncia al Congresso sembra una follia: entro la fine del decennio gli astronauti statunitensi non raggiungeranno l’orbita terrestre e nemmeno lo spazio attorno alla Terra; punteranno invece direttamente alla Luna. Oltre ad essere ambiziosa, la proposta è anche estremamente costosa; il progetto, però, esisteva già: Eisenhower, predecessore di Kennedy, e la NASA, da lui fondata nel ‘58, stavano già lavorando all’idea dell’allunaggio con le missioni Mercury, già attive, alle quali sarebbero seguite le Gemini e, infine, le Apollo.

Il 12 settembre del ’62 Kennedy parlerà al Rice Stadium di Houston, Texas, e convincerà gli Stati Uniti con un discorso memorabile: “Noi scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio”, dirà, “non perché sia semplice, ma perché è difficile”, “perché quella è una sfida che intendiamo vincere”.

Sappiamo che J. F. Kennedy non riuscirà a vedere l’ultimo atto dell’impresa alla quale lui ha dato rinnovata ed accresciuta energia. Le sue ambiziose parole, però, proprio come la base di lancio che porta il suo nome, hanno dato una spinta decisiva al viaggio dell’Apollo 11, che nel 1969 ha infine portato Neil Armstrong e Buzz Aldrin a muovere i primi passi su un altro pianeta e a contemplare un orizzonte del tutto inedito: per la prima volta la sfera lontana nel cielo non era bianca e silenziosa, ma azzurra e familiare.

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