“1932, L’ELEFANTE E IL COLLE PERDUTO”, IN MOSTRA NEI MERCATI DI TRAIANO A ROMA.

A Roma i Mercati di Traiano, dall’8 aprile, ospitano la mostra: “1932, l’elefante e il colle perduto” che descrive la scoperta di 90 anni fa dei resti fossili di un antico elefante in seguito alla realizzazione della via dell’Impero, durante l’epoca del Fascismo, allo scopo di rendere ancora più maestoso l’aspetto della Capitale.

E’ narrata anche la storia della Velia, altura nel cuore della città, nelle sue stratificazioni e nel tempo, sino al suo sbancamento, avutosi nel 1932, appunto in relazione alla riprogettazione urbanistica dell’area per la costruzione della grandiosa via, l’attuale via dei Fori Imperiali.

L’esposizione, è arricchita da moltissimi reperti, quasi un centinaio, progetti grafici ma anche insigni opere d’arte, molte provenienti dalle collezioni dei Musei capitolini, alcune delle quali identificate in occasione di recenti ricerche e mostrate al pubblico per la prima volta.

La rassegna si articola attraverso quattro sezioni, che ripercorrono le fasi dell’intervento di sbancamento, con i progetti di sistemazione architettonica e i metodi di raccolta dei materiali archeologici venuti alla luce.

La prima sezione, commemora l’intervento di scavo della Velia e quanto di rilevante venne ritrovato, evidenziando alcune caratteristiche di quell’enorme cantiere urbano: i ritrovamenti eseguiti in assenza di criteri scientifici, i numerosissimi reperti archeologici e la sistemazione architettonica del taglio della collina in virtù dell’apertura di via dell’Impero.

La strada, lunga 900 metri e larga 30, fu terminata nel tempo sbalorditivo di 16 mesi, dal luglio 1931, annullando le testimonianze medievali (il quartiere Alessandrino), palazzi e giardini storici, molte chiese medievali, rinascimentali e barocche, importanti conventi. Via dell’Impero e lo sventramento della collina Velia, non erano insite nel piano regolatore del 1931, ma era difficile non considerare, per motivi ideologici, politici, di rinnovamento urbanistico, per ragioni di traffico, di creare un collegamento diretto fra il Vittoriano a Piazza Venezia e il Colosseo. Esso, avrebbe infatti determinato l’effetto scenografico e simbolico degno della nuova Roma, contemplata dal capo del Fascismo Benito Mussolini, che avrebbe anche desiderato vedere da Piazza Colonna il Pantheon. Considerato il rilievo che la romanità rivestiva nell’ideologia fascista, l’apertura della strada aveva anche lo scopo di riportare alla luce i resti dei Fori Imperiali che erano presenti ancora sotto ai palazzi del quartiere Alessandrino. Durante gli scavi archeologici, furono infatti rinvenuti i resti monumentali del Foro di Cesare, con il Tempio di Venere Genitrice, e del Foro di Nerva; portati alla luce anche gran parte del Foro di Traiano e del Foro di Augusto, con il Tempio di Marte Ultore. Oltre a ciò, la nuova arteria cittadina, consentì di osservare i Mercati Traianei da debita distanza. Il progetto generale si deve al Soprintendente Antonio Munoz, Direttore della Ripartizione Antichità e Belle Arti del Governatorato romano, con gli arredi mentre lo scavo, la sistemazione delle aree archeologiche e del verde a Corrado Ricci, archeologo e storico dell’arte. La strada fu inaugurata il 28 ottobre 1932, in ricordo del decennale della Marcia su Roma, e proprio la sua realizzazione creò la distruzione della Velia, uno dei colli di Roma, altura ricchissima di testimonianze artistiche e storiche.

La Velia, alta 40 metri, situata fra il Palatino e l’Oppio, una delle propaggini dell’Esquilino, era nell’antichissima lista del Septimontium e insieme al Palatino costituì una delle quattro regioni in cui Servio Tullio aveva diviso la città. In essa, in cui era presente l’abitazione del III re Tullo Ostilio, sulla quale si venerava Roma Aeterna, erano stati edificati i templi del Lari e dei Penati, protettori della stirpe romana e, dal II secolo a.C. raffinate dimore private.

La seconda sezione è dedicata al giardino di Villa Rivaldi, meravigliosa residenza costruita sulla sommità della Velia da monsignor Eurialo Silvestri a partire dal 1542. Si ebbe lo smantellamento pressoché totale del giardino di Villa Rivaldi, sino alle spalle della Basilica di Massenzio, fu intaccata la stratificazione archeologica, che si manifesta piena di testimonianze di età romana, in particolare i resti di una domus, con affreschi ben conservati e tantissime statue. La villa, che si è salvata, è una splendida residenza rinascimentale; nel 1660 fu venduta dal cardinale Carlo Pio di Savoia al Conservatorio delle Zitelle Mendicanti, istituzione per l’accoglienza e l’educazione di bambine abbandonate. Il giardino, che aveva una bellissima parte monumentale, ospitava le serre ,i cui prodotti erano per il sostentamento dell’Istituzione.

Come è stato per gli acquerelli di Ettore Roesler Franz, che rappresentano la “Roma Sparita”, in seguito alle devastazioni determinate dopo il trasferimento della Capitale nell’Urbe, si credeva che la pittura rendesse la visione meglio della fotografia. La testimonianza fotografica fu comunque realizzata, oggi giudicata essenziale procedimento di documentazione, all’epoca non era reputata una forma d’arte ma un semplice metodo meccanico.

Delle spiegazioni abbiamo le dichiarazioni di Antonio Munoz che scrisse: “Ma delle ultime reliquie del passato, destinate al sacrificio, dobbiamo conservare almeno il ricordo, non soltanto nei nostri cuori nostalgici, ma per la gioia dei nostri occhi”.

Una domus di epoca imperiale fu rinvenuta nel corso degli sterri e fu totalmente distrutta, e ad essa è riservata la terza sezione. La domus, era contraddistinta da due livelli, quello inferiore aveva criptoportico con un ninfeo, mentre il piano superiore aveva un cortile porticato a pianta rettangolare. In questa sezione è documentata la decorazione di due distinte fasi pittoriche, una di fine I – inizi II secolo d.C., l’altra di fine II – inizi III secolo d.c., infatti alla vigilia dello sbancamento della Velia, il Governatorato di Roma, dette incarico a Maria Barosso e ad Odoardo Ferretti di dipingere alcune vedute del giardino della villa, che sarebbe stato distrutto.

Per la prima volta, fra l’altro, sono mostrati ai visitatori, quattro frammenti di affreschi, salvati prima della demolizione, che ritraggono personaggi e animali, che decoravano i riquadri che adornavano le pareti nella II fase pittorica.

Fra i numerosissimi danni procurati dalla costruzione della strada, nel maggio del 1932, gli addetti ai lavori scoprirono un elefante. O meglio, i fossili di un elefante, Elephas (Palaeoloxodon) antiquus, ritrovati nello strato geologico a circa 11 metri dalla sommità della collina ed esattamente il cranio e la zanna. Secondo gli esperti e studiosi, il colle Velia era, nella Roma preistorica, una specie di immenso giardino zoologico nel quale proliferavano animali di tutti i tipi. Gli interventi di recupero furono eseguiti con molta fretta, e l’elephas venne trasportato nell’Antiquarium Comunale del Celio, dove fu attuato il restauro che, per i danni avuti durante la movimentazione e per “il troppo disseccamento”, non permise l’integrale ricostruzione del cranio. Dopo la chiusura al pubblico dell’Antiquarium, a 90 anni dal rinvenimento, i resti fossili dell’Elephas antiquus, databili a 200000 anni fa, sono stati restaurati e, dopo esser stati esibiti nell’esposizione “La Scienza a Roma”, nel Palazzo delle Esposizioni, sono ora il pezzo più rappresentativo della rassegna.

In tale narrazione, oltre ai reperti archeologici, ai progetti grafici e agli oggetti d’arte, ai visitatori vengono proposti filmati d’epoca conservati negli archivi dell’Istituto Luce, e un video con immagini degli archivi della Sovrintendenza Capitolina.

La mostra è a cura di Claudio Parisi Presicce, Nicoletta Bernacchio, Isabella Damiani, Stefania Fogagnolo, Massimiliano Munzi, con la collaborazione dell’Archivio Luce, ed è promossa da Roma Culture e Soprintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura.

Non possiamo che invitare il pubblico in questo viaggio nella storia antica, con considerazioni sulle molteplici trasformazioni che hanno riguardato una città stratificata come Roma, una città ricchissima, sotto cui si può addirittura celare un elefante preistorico.

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